Ristorante Indaco del Regina Isabella
Piazza S. Restituta 1
Lacco Ameno d’Ischia
Telefono: 081 994322
Pasquale Palamaro è uno chef felice, molto felice: fa un lavoro che gli piace in una struttura storica fantastica in un’Isola fantastica che è la sua Isola. Questa felicità è maturità composta, mancanza di ansia di prestazione, padronanza tecnica, conoscenza di prodotti ed esperienza.
Tutte queste cose le trovate nei piatti dell’Indaco, in una cornice di personale molto motivato, appassionato e appassionante, in uno scenario spettacolare, soprattutto se accettate l’invito di fare l’aperitivo pmentre il mare e il cielo si fndono nel color indaco, appunto, che da il nome al ristorante stellato dal 2013.
Intanto vi faccio ripetere l’esperienza che ho fatto fra le 20 e le 20,30.
Ci sediamo poi al tavolo e iniziamo uno dei due percorsi di nove portate proposti dallo chef a 170 euro vini esclusi. Non senza aver apprezzato prima l’aperitivo con uno splendido vino ischitano di Mazzella che sta macinando risultati incredibili negli ultimi anni sul fronte di bianchi. Tre, quattro cosette, giusto il tempo di diventare anche noi indaco.
Arriva a questo punto una batteria di piatti che da soli valgono il viaggio. Siamo in presenza di una cucina mediterranea in cui mare, frutta, erbe del monte Epomeo, verdure, fiori, ortaggi si fondono di continuo in sapori che in parte giocano a nascondino con la tradizione partenopea, in parte regalano nuove emozioni, sempre all’insegna della freschezza che mantiene il palato tonico e piacevole come questi calamari spillo mentre a tavola ci portano una maionese di uova di tonno al posto del burro e dell’olio.
Arriva poi un piatto iconico di Pasquale, talmente bello da vedere da far sembrare una necessità la nascita di Instragram per poterlo condividere.
Queste palline sono presentate in un vaso e servono per pescare una portata successiva nei pizzini che si intravedono. Un modo divertente per coinvolgere il cliente nelle scelte, sdrammatizzare i riti a cui si sono adeguati tanti stellati: alla fine si mangia in un posto con i piedi nell’acqua di una piscina marina naturale dove abbiamo piacevolmente sguazzato tutto il pomeriggio.
L’ostrica è il primo richiamo ai viaggi e alla esperienza francese di Pasquale: un boccone incredibile di iodio e freschezza.
Poi il piatto dei tubettini con i totani e le lenticchie da noi molto apprezzato per l’abbinamento assolutamente centratao
Incrocio fra mare e monte Epomeo con il gambero e la quaglia nel piatto.
Ancora uno spunto francese, con questa meravigliosa spigola a cui è stato reso omaggio in puro stile d’Oltralpe.
Ancora pesce, stavolta un morone che ci ricorda come del mare bisogna mangiare proprio tutto.
Il piatto di riso e cannolocchi lo viviamo quasi come un predessert: cottura perfetta, coinvolgente al palato, lungo, grasso e fresco allo stesso momento
CONCLUSIONI
Non puoi dire di essere stato all’Indaco seza essere passato da qui. Pasquale Palamaro riesce a dare una lettura del suo mare in modo decisamente caratterizzato e convincente, una delle più belle espressioni della cucina mediterranea fatta appunto di orto e di pesca, zappa e cianciola. La lettura è però moderna, chi è del posto ritrova antichi sapori, uno straniero resta stupito dalla qualità del prodotto. Gli abbinamenti del buon Armando che pesca in una carta immensa, colta e curiosa, confermano una delle chiavi di successo di un ristorante a questi livelli: la perfetta intesa fra sala e cucina. Finita la cena quasi dispiace alzarsi e lasciare questo luogo di godimento puro. Non resta che tornare, anche perchè Pasquale non si ferma mai: da una vecchia tonnara adiacente alla sala ristorante punta a fare una cantina esperienziale mentre non ha perso l’abitudine di aggiornarsi in giro pr il mondo in inverno. Esperto e appassionato di vini, sta lavorando solo anche sulle frollature del pesce senza però rimanerne prigioniero nella proposta del menu. E questa csa a noi è piaciuta moltissimo.
Un luogo per innamorati e per appassionati di cibo e di vino: sono loro che possono godere della felicità di Pasquale nel piatto.
Scheda del 31 agosto 2022
di Carmen Autuori
Quella di Pasquale Palamaro, executive chef 1 stella Michelin, del ristorante Indaco del magnifico Albergo Regina Isabella a Lacco Ameno di Ischia, non è una cucina in cerca di facile consenso. E’, piuttosto, un viaggio introspettivo che riporta alle origini della vita, all’acqua. Anzi ai fondali marini. E’ da essi che Palamaro, trova ispirazione e nei suoi piatti, che spesso sono il frutto delle avventure con i pescatori e con il mare stesso (non è raro vederlo all’alba su qualche piccolo gozzo), ne riporta l’essenza. “A chi sceglie di venire a cena ad Indaco, vorrei far provare l’emozione di fare un tuffo in mare senza bagnarsi!” ama ripetere lo chef.
La location è magnifica, il ristorante è collocato nella parte più estrema del Regina Isabella una piccola baia di fianco alla Spiaggia delle Monache, che bagna i piedi ai bianchi roccioni scoscesi, punteggiati da una vegetazione spontanea che solo l’Isola Verde sa dare perché “ questo deve essere un ristorante di destinazione e non di transito”. Al crepuscolo l’indaco, il colore del mare che incontra quello del cielo, buca gli occhi. Il nome, dunque, una conseguenza naturale. Già questo predispone l’animo all’appagamento di tutti i sensi, compreso quello del gusto.
A fare da sfondo l’albergo, fondato da Angelo Rizzoli, che ha visto passare i più importanti personaggi politici e del jet set internazionale, dalla Callas a Liz Taylor, Richard Burton e Clark Gable, per citarne alcuni. Qui ancora si respira una signorile ospitalità tutta italiana perché gli alberghi, come le persone, non sono quello che sembrano nella brochure, ma l’importanza che danno anche alle cose, a cominciare dagli arredi che parlano di storia e di storie.
La collaborazione con la famiglia Carriero, proprietaria della struttura, inizia nel 2001 in sostituzione di uno chef siciliano e, fino al 2009, anno di fondazione di Indaco, Palamaro viaggia, studia, fa esperienza presso le più importanti cucine d’Italia: Alfonso Iaccarino, Emanuele Scarello, Aimo e Nadia e, ancora oggi, da Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi e da Anthony Genovese de Il Pagliaccio a Roma. L’anno decisivo fu, come detto sopra, il 2009 quando Palamaro trova la sua identità: “Per circa dieci anni io ho cucinato di tutto, e parlo soprattutto delle carni – racconta -, ma proprio in questo anno ho ricevuto un regalo, ho capito chi volevo essere, un cuoco di mare”.
I primi anni sono stati difficili, poi nel 2013 arriva la Stella Michelin, “io e l’ingegnere Carriero ci siamo abbracciati senza dire una parola”.
Palamaro va oltre il concetto di cuoco di mare, lui il mare lo capovolge. E non parliamo solo dei salumi di pesce da lui magistralmente eseguiti, ma anche dei piatti iconici. Pensiamo alla cernia cucinata come il coniglio all’ischitana. L’idea nasce dal fatto che questo tipo di pesce ha un comportamento simile al coniglio, entrambi vivono attraversando cunicoli per sfuggire ai predatori, siano essi di terra o di mare. In sostanza l’anima terragna di Ischia affiora comunque nella cucina dello chef che, sebbene attratto dal canto delle sirene, è nato e cresciuto all’ombra del monte Epomeo.
Ama stupire, Palamaro, e lo fa già con gli aperitivi serviti a due passi dal mare, dove protagonisti sono il sole al tramonto e il tonno trattato e tagliato come un prosciutto.
In accompagnamento ai cocktail di benvenuto (ricca anche la carta di quelli analcolici) la creme brulee di riccio ingentilita da fiori eduli e foglie di erbe spontanee e gli arrosticini di pesce, un pezzo di Abruzzo in riva al mare.
Cosa si mangia all’Indaco del Regina Isabella: il menu di Pasquale Palamaro
Gli arredi dell’elegante sala ristorante mantengono lo stile dell’albergo, nessuna concessione al design. Protagoniste sono le vetrate che cancellano gli spazi e permettono allo sguardo di perdersi nel magnifico panorama della baia illuminata. L’attenzione è subito catturata dal centrotavola: una posidonia in ceramica ischitana da cui sbucano i grissini colorati dall’alga.
Il pane è di farina di castagne, il frutto autunnale di cui l’isola è particolarmente ricca, ci riferiscono, accompagnato da un panino napoletano di mare soffice come una nuvola.
Il forte legame dello chef emerge già dagli antipasti: il gobbo e la lattuga è un felice connubio di scarola riccia e gambero gobbetto pescato nel mare di fronte.
E poi c’e l’altro suo piatto signature, lo Scampo a colazione, che è la trasposizione culinaria frutto dell’incontro con un pescatore di crostacei e nello stesso tempo un monito a non avere pregiudizi, soprattutto a tavola. “Una mattina, come mio solito, mi ero recato ad aspettare le barche che tornavano dalla pesca – racconta lo chef – . Avevo appena bevuto il mio primo caffè e fui invogliato ad assaggiare uno squisito scampo crudo. L’incontro dei sapori fu l’incipit di questo piatto”. Lo scampo è servito con una tazzina di latte e caffè, dove al posto del cacao c’è il carapace tostato e polverizzato accompagnato da una mini brioche farcita con la tartare di scampo.
Un piatto che non si dimentica facilmente, non solo per l’originalità ma anche per il grande equilibrio. A seguire Mare d’amare la sua denuncia contro l’inquinamento marino. In questo caso lo sgombro, contornato da spuntoni di pesto procidano, è avvolto da una sorta di fazzoletto realizzato con la polpa delle zucchine che ricorda un guanto di plastica gettato in mare.
Tutta l’irrequietezza creativa emerge invece nei primi. Il risotto megamare con ragù di totano, nero di seppia e frutti di mare è accompagnato dalla spuma di citronella, un’ erba aromatica quasi spontanea che rappresenta il salto nell’orto dello chef e che, allo stesso tempo, restituisce freschezza al palato.
Da manuale “Il giallo e nero”, tortelli al nero di seppia e polpa di cozze trattata come un tartufo, a fette.
Per i secondi Palamaro si affida ancora una volta ai fondali marini con il manzo pescato, il morone detto anche ricciola di fondale che, per la morbidezza delle sue carni, ricorda un boccone di tenerissimo manzo grigliato.
L’Occhio di Santa Lucia, l’opercolo calcareo dell’astrea rugosa, è uno degli amuleti ritenuto più valido contro il “malocchio” dai pescatori e ad esso lo chef dedica la capasanta al frutto della passione, un ulteriore omaggio alla cultura ischitana più autentica.
I dessert rappresentano l’altra faccia di Palamaro, quella ludica.
Il menù diventa il gioco delle tre carte, ognuno corrisponde ad una carta napoletana, così la scelta è affidata alla sorte: nel nostro caso la coppa di Nestore, la Risacca e le Alici affogate, dove il pesce azzurro è realizzato con cremoso al caffè, chips di banana e succo di banana fermentato.
Non vi aspettate la piccola pasticceria. Palamaro preferisce omaggiarvi con un cadeau: una deliziosa tortina, magari da gustare il giorno dopo a colazione. Sarà il ricordo, tangibile, di un’esperienza quasi surreale tra cielo e mare color indaco.
Ristorante Indaco
Piazza S. Restituta 1
Lacco Ameno d’Ischia
Telefono: 081 994322
scheda del 5 giugno 2016
Indaco Regina Isabella, Lacco Ameno a Ischia
Piazza Santa Restituta, 1
Tel.081.994322
www.reginaisabella.it
Da tempo si respira aria nuova nelle cucine d’hotel in Campania. L’Indaco dove si esprime Pasquale Palamaro nell’albergo fondato da Angelo Rizzoli negli anni ’50, frequentato, tra gli altri, da Richard Burton, Liz Taylor, Charlie Chaplin, Clark Gable, Maria Callas, che aprì la straordinaria stagione del turismo, è un riferimento preciso di questa tendenza.
Un turismo che purtroppo con il passare del tempo è scivolato solo sull’abbassamento dell’offerta e che per questo è andato in crisi. Certo, le guerre e il terrorismo negli ultimi due anni hanno rilanciato l’Italia come meta sicura. Ma il futuro è tutto in sforzi come questo, ossia la nascita di un ristorante di qualità che aperto i battenti in piena crisi, nel 2009.
Pasquale Palamaro ha premuto per avviare questa esperienza, iniziando con quattro tavoli quasi sempre vuoti nella prima stagione. Poi con il passare del tempo è arrivato il successo che però è stata una ulteriore molla per viaggi e aggiornamenti.
In una sala molto motivata, la cucina si esprime con tanta modernità aprendosi alle influenze sudamericane e spagnole senza però esserne colonizzata.
Prevale sempre la materia e la spesa al mercato.
Il pasto è dunque un crescendo di sensazioni in cui si combinano freschezza, consistenza, spinte iodate. Nessun piatto è seduto o proposto alla ricerca del facile consenso.
I due primi escono dagli stereotipi e rivelano tecnica e passione.
Poi c’è la proposta ghiotta e divertita.
La sequenza è ben studiata, non ci sono appesantimenti e anche i piatti di carne sono presentati in forma lieve.
Pasticceria dolce ma non stucchevole.
CONCLUSIONI
La cucina di Pasquale Palamaro è in forte crescita e siamo sicuri che riserverà molto sorprese perché è attenta alla leggerezza complessiva del percorso proposto, lontana da ogni grevità e facilitazione palatale. Una cucina che sa perfettamente quello che sta succedendo nel mondo e che ha già disegnato la rotta lungo la quale la materia prima di questa straordinaria isola intercetta il bisogno di alleggerimento e di essenzialità sempre più diffuso. Se c’è una personalità su cui puntare in Campania nei prossimi anni, è quella di Pasquale Palamaro. Capace di fare una cucina gourmet d’albergo lontana da ogni noia.
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