Ristorante Il Principe a Pompei
Via San Bartolomeo, 4
Telefono 081- 8505566
di Simona Mariarosaria Quirino
Il Principe di Pompei è una vera sorpresa. È la riproduzione di una cucina autoctona per ricette e materia prima, ma è anche una rivisitazione dei dettagli grazie alla fantasia e alle esperienze in giro per il mondo dello chefGian Marco Carli, soprattutto in America Latina. Entriamo nel suo locale, in piena città, tra Scavi e Santuario, ma ben lontani nello stile e nell’approccio da quel target un po’ turistico del posto.
Tutto è curato, ogni oggetto è un ricordo, una scelta, una storia. L’interno è elegante e accogliente, l’esterno un cortile grazioso di casa.
“Perché il nostro obiettivo è accogliere il cliente in uno spazio familiare” dice Claudia Langella, maitre e compagna di vita dello chef.
La nostra cena comincia con un aperitivo di benvenuto che è una sorta di piccola pasticceria salata: una graffa di genovese, un cannolo con ricotta di pecora e caviale, una tartelletta di pasta frolla salata e, infine, burro francese. Da gustare rigorosamente senza mani. L’unica mano è quella scaramantica su cui sono poggiati i grissini di loro produzione, insieme al pane.
Il tutto accompagnato dal 1930, il Greco di Tufo spumantizzato dell’azienda Di Marzo, perfetta bolla dalla nota finale leggermente acida che sgrassa e che ben prelude a una cena di carattere. Gli antipasti sono un vero spettacolo, a cominciare dai nomi che gli sono stati dati nel menù. “Le cose migliori accadono di notte” è una tartare di tonno rosso balfego’, midollo di vitello, porro, limone ed erbe mediterranee. “Evocazione#1” è, invece, un carciofo in tre cotture, vellutata di patate affumicata, olio al prezzemolo e cenere.
Quella cenere che un po’ ricorda Pompei e la sua storia e un po’ la cotturatradizionale alla brace a cui Gian Marco è affezionato. Il “Polpo allo spiedo” è un gioco di parole e di sapori, ovvero uno spiedino di polpo allo spiedo e patate novelle, fagiolini, chimichurri mediterraneo ed emulsione allo zafferano. I piatti sono accompagnati da uno speciale Viognier dell’azienda Omina Romana: un vino bianco che sosta vari mesi in legno, dalla nota piacevolmente ossidata e robusto al punto giusto da poter reggere qualunque confronto a tavola.
I primi sono tutta pasta di Gragnano come i fusillonimantecati con burro aromatizzato alle foglie di fico, salsa di melanzane e pomodoro, pesce spada marinato alla menta, datterini confit e basilico o come gli spaghetti al pomodoro San Marzano, con una conserva specialefatta esclusivamente da loro. Il secondo è un fuori menù di cui siamo onorati dell’esclusiva: bietole, uova di riccio imperiale, fasolare e seppia scottata.
Un piatto tutto di mare, sapido e sapientemente accostato a un rosso morbido come il Lagrein dell’azienda Franz Haas.
I dolci nel menù variano dai formaggi, passione dello chef, al “pane burro e marmellata” e cioè un gelato al pane, burro e marmellata, brioches scottata, marmellata e albicocca alla brace.
Nella piccola pasticceria ricompare di nuovo la graffa che abbiamo provato all’inizio, ovviamente versione dolce. Quasi a voler iniziare e finire allo stesso modo, avvolgendo il cliente in un unico filo conduttore che è insieme tradizione, contaminazione, mare e terra, salato e dolce, ma soprattutto amore. Amore per la cucina, amore per la conoscenza, amore per i sapori, per la materia prima, per i viaggi e soprattutto per chi si siede ai tavoli del Principe di Pompei.
Scheda del 21 luglio 2022
Torniamo in questo locale e ne usciamo decisamente convinti. La cucina di Gianmarco Carli si muove a tutto campo: acido e dolce, morbidezza e sapidità, momenti golosi e piatti cerebrali. Per il cliente è una vera delizia perchè ciascuno riesce a trovare la sua risposta. In questi locale che ricorda vagamente lo Chateubriand a Parigi, si sta davvero bene e non possiamo che confermare quanto scritto nelle precedenti visite che, come vedete, sono fatte a più mani.
Commentiamo allora quello che abbiano mangiato.
Si comincia con un po’ di acidità dopo gli appetizer che ci ricordano che siamo in Campania. Boccone veloce e gradecole. 7
Fuori programma questi polipetti alla luciana con il loro quinto quarto. Oltre alla materia prima eccezionale, straordinaria capacità di estrazione del sapore. 8
Il plin è un boccone goloso, in bocca c’è tutta la Penisola Sorrentina. Avrei fatto la pasta un po’ più sottile per dargli eleganza, ma il sapore complessivo è tanta roba.
Ancora un piatto di gusto napoletano, intenso, straordinario, pulito. 9
Uovo al massimo della golosità, un classico delle cene napoletane di un tempo. 9
Secondo me l’unico piatto sbagliato: la cottura è perfetta, ma c’è troppa roba diversa dentro e il piatto non prende una direzione, alla fine resta la sapidità. Eccessivo il pane tostato in un gioco di consistenza che non serve nulla. 6
Grande piatto di scuola che rivela tutte le potenzialità tecniche del cuoco. Dal sapore della carne ai contrasti acido e dolce si ricava un boccone esaltante. 9
Il mio piatto preferito, di scuola francese ma in salsa, è il caso di dirlo, vesuviana. La costina diventa squisita, non annozza, le papata gli regala òa giusta consistenza senza essere preponderante. 9
CONCLUSIONI
Dal Principe a Pompei si sta davvero bene. Una solida cucina di territorio dotata di buona tecnica e ottime idee regalano piatti da bistronomie maturi, golosi e talvolta esaltanti. Il servizio è attento, non ingessato, la carta dei vini ampia. Logisticamente non è lontano dalla stazione e comunque non è un problema parcheggiare l’auto. Al centro della Campania, il ristorante perfetto in una città che si sta rilanciando e che vede più protagonisti impegnati sulla qualità
2 maggio 2022
di Antonella Amodio
Gian Marco Carli, chef e patron del ristorante Il Principe, ha fatto il giro del mondo diverse volte per lavoro, maturando esperienze internazionali.
Eppure non si direbbe guardando la sua giovane età. Oggi è Gian Marco lavora in un locale moderno, a pochi passi dal Santuario, in pieno centro.
Un ristorante dove si va con molto piacere e dove si ritorna con entusiasmo, perché la cucina di Il Principe non stanca, non annoia, non ci sono le solite “contaminazioni”, ma rimane ancorata alla Campania con un tocco “magico” dato dalla reinterpretazione, dalla creatività, fatta di tecnica e conoscenza delle materie prime.
Ci si siede per compiere un vero e proprio viaggio gastronomico, nel quale i produttori locali accompagnano i piatti di Gian Marco, messaggero delle migliori materie prime che seguono il ritmo della stagionalità, trasformate in preparazioni fresche dal tocco leggero.
Una cucina elegante e raffinata, mai pretenziosa ma libera e creativa. Sedetevi dunque e lasciatevi coccolare dal maitre sommelier Massimo De Simone e da Claudia, compagna dello chef, che per amore e con amore segue il ristorante dedicandosi all’accoglienza.
Scegliete il menù degustazione Radici da 4 portate (60,00 €), oppure il Giamma’ fai tu, da 6 portate (75,00 €) o, in alternativa, pescate dalla carta, dove non mancano portate di pesce freschissimo e una ricca selezione di formaggi. Si inizia con l’aperitivo da mangiare con le mani: Olive e Noccioline, ovvero finta oliva con origano, finocchietto e peperoncino accompagnata da gelè di oliva; finta arachide con noccioline salate; bombetta di genovese, crackers di grano arso servito con stracotto di maiale nero e ricotta di pecora affumicata; salsa barbecue al pomodoro San Marzano da mangiare con il pane ( merita l’assaggio ).
L’antipasto di Carciofo alla griglia, al forno e cotto poi a bassa temperatura, servito con la sua cenere sul letto di vellutata di patate affumicata, davvero gustoso.
Tra i primi i Cappellacci alla Genovese, le sue verdure disidratate, salsa al pecorino, caffè e ristretto di manzo alla cipolla; Ravioli di pasta all’uovo, ricotta di capra ed erbe amare, brodo di cipolla caramellata e verdure primaverili; nei secondi c’è “O puorco dint’ e mele”, vale a dire Pancia di maialino in lenta cottura, chutney di mela, tartare di mela verde marinata zenzero e cannella, croccante di mela red e jus alle mele annurche.
Anche i dessert prendono spunti dai classici della pasticceria napoletana: il Babà, in questo caso è bagnato al whisky torbato, accompagnata da chantilly montata agli agrumi e albicocca in confettura.
Insomma, Il Principe di Pompei è un locale di grande valore territoriale, ci piace per i piatti che coniugano profumi, colori, sapori ed ingredienti freschi e di qualità, per l’accoglienza e per quell’atmosfera familiare e intima davvero speciale.
Ristorante Il Principe
Via San Bartolomeo, 4
Tel. +390818505566
Settembre 2020
Ristorante Il Principe di Pompei
Settembre 2020
Il Ristorante Il Principe di Pompei ha scritto la storia della gastronomia campana di qualità, per anni è stato, insieme al Don Alfonso, leader indiscusso in regione.
La vita di ognuno è un punto di sintesi tra tre direttrici temporali, passato, presente e futuro. Piani che spesso si incontrano ma altrettanto spesso divergono per comporre la propria storia, assolutamente personale, diversa da quella di qualsiasi altro, incedibile.
Gian Marco Carli cresce nella cucina del ristorante di famiglia che si è fregiato dell’ambita stella Michelin per ben 18 anni, dal 1996 al 2014, ed è da qui che entra presto in contatto con grandi professionisti, comincia ad accumulare desideri, ricordi che poi fanno nascere in lui la voglia di far parte di questo mondo e di far crescere le sue attitudini.
Diverse le esperienze fuori confine prima di creare questo posto suo a Pompei a pochi passi dal visitatissimo e celebre Santuario che durante tutto l’anno è meta di pellegrinaggio di fedeli provenienti da ogni parte del mondo.
Importante il periodo londinese dove, in un ristorante libanese, apprende nozioni sull’organizzazione di cucina; da qui poi a Miami e in Guatemala e Messico dove viene a conoscenza della cucina povera con fuoco diretto e della cottura sotto la cenere.
Illuminante l’esperienza per tre stagioni da Don Alfonso 1890 a Sant’Agata sui Due Golfi dove acquisisce alcuni capisaldi come il concetto del rispetto della materia prima, della biodiversità e della sostenibilità alimentare, seguita da un periodo di lavoro al ristorante Quattro Passi a Nerano.
Pian piano, quindi, si viene formando la sua cucina come il risultato di elementi tradizionali contaminati dal nuovo e di un bel concentrato di memoria e viaggi fatti intorno al mondo; la territorialità, pur presente e valorizzata, non è vista e interpretata come un limite ma come un punto di partenza per creare piatti che abbiano una identità ben precisa.
Il menu, che cambia cinque volte all’anno, segue la stagionalità dei prodotti e include piatti preparati con ortaggi per la maggior parte di produzione propria.
Bella la selezione di salumi e formaggi che include anche alcune chicche cilentane come la soppressata di Gioi e la cacioricotta di capra.
Due i menu degustazione proposti, Libertà di 5 portate a 60 euro e Giammà fai tu di 7 portate a 70 euro con possibilità di abbinamento vini (3 calici 23 euro, 5 calici 38 euro).
Nella sala, che comprende 32 posti interni e 8 esterni, si muove con garbo la compagna di Gian Marco, Claudia Langella, a cui mancano pochi esami per conseguire la laurea in Farmacia ma che nel frattempo è stata rapita dal fascino di questo lavoro.
L’ambiente ha l’impatto e il comfort di un elegante salotto di casa dove ogni particolare richiama alla mente momenti di infanzia ed esperienze di vita fatte in vari posti nel mondo. Questo, in sintesi, Il Ristorante Il Principe di Pompei
A pezzi vintage si affiancano tante bottiglie di vino, suppellettili orientali, premi e riconoscimenti, un mix di elementi che conserva una armonia di fondo muovendosi sempre lungo la direttrice di uno stile che ha l’impronta della personalità di chi lo ha concepito.
Cosa si mangia al ristorante Il Principe di Pompei
Si comincia con l’aperitivo di benvenuto campano costituito da chutney di San Marzano, zeppolina salata ripiena di genovese, cracker di grano arso, ricotta di pecora bagnolese affumicata, stracotto di maialino nero, soia e tartufo, spugna al pomodoro, fiordilatte e basilico e burro mantecato con alici di Cetara.
Spiccata acidità e freschezza nel primo antipasto, ceviche di tonno rosso, mela verde al cetriolo, cetriolo alla mela verde e peperoncino.
L’altro antipasto assaggiato è la Melanzana alla parmigiana, una creazione che conserva perfettamente l’autenticità della tradizione pur rendendo l’ortaggio protagonista assoluto. Qui la melanzana è tagliata e farcita con un ripieno di parmigiana di melanzana, poi riassemblata e ricoperta di pane panko e della buccia disidratata e ridotta in polvere.
A seguire il piatto che più di tutti ha convinto, il vero e proprio “hombre del partido”, il Pelusiello di Giovanni Assante con colatura di alici di Cetara, salsa di friggitelli, pomodorini canditi e pane aromatico al timo limone: dolce, amaro, sapido, acido, fresco, puro “umami” campano.
E’ poi la volta di un primo che rende lo chef una sorta di archeologo del gusto: dalla ricerca e dallo studio dei piatti dell’antica Pompei, infatti, nascono le lagane di farro con hummus di ceci, stoccafisso all’insalata, limone fermentato al sale e ortiche.
Più ostico e per un palato più gourmet l’ultimo primo, tubettini in ragù di canocchie in cui una spiccata tendenza dolce lo rende di lettura più complessa.
E’ la volta poi della portata che maggiormente parla di territorio, la succulenta e tenera pancia di maialino in lenta cottura, albicocca pellecchiella e scarola ripassata.
Un richiamo pulsante ai sentori della terra con il pre-dessert composto da un ricciolo di ricotta di pecora di Bagnoli Irpino a latte crudo, leggermente affumicata, e caprino erborinato servito con una buccetta di limone Costa di Amalfi candita che conferisce una bella freschezza.
Dopo il macaron al cioccolato due i dessert assaggiati, uno fresco e vellutato a base di limone e un super goloso lingotto di cioccolato amaro con frutto della passione, fava di cacao pralinata e caramello.
Soffici e fragranti le zeppoline che chiudono il pranzo.
Ben assortita la carta dei vini che include etichette non banali, sia nazionali che estere, che consentono interessanti abbinamenti con i piatti proposti dallo chef.
Il grande Luciano De Crescenzo diceva che “il guaio è che gli uomini studiano come allungare la vita, quando invece bisognerebbe allargarla”. L’esperienza alla tavola di Gian Marco Carli va proprio in questa direzione, consente di “allargare” il tempo, vivendolo non nel classico modo lineare ma nella maniera forse più appagante, cioè punteggiandolo di emozioni.
Ristorante Il Principe a Pompei
Via Colle S. Bartolomeo, 4
Pompei
Tel.: 081/8505556
www.ilprincipe.com
Chiuso il mercoledì
Ferie a Gennaio
Foto di Novella Talamo
Il Ristorante Il Principe di Pompei
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