di Michele Polignieri
La storia sembrerebbe dalla sua parte anche se figlio d’arte non lo è , ma a respirare l’aria dei ristoranti ci è stato abituato da piccolo.
Un nonno ingombrante, maitre dell’indimenticabile Ristorante “U Cicatidde” di Altamura, ed uno zio che lavora in vari locali della Toscana, gli avranno sicuramente trasferito immagini ed imprinting che nessuna eredità potrà mai garantire ad alcun cuoco.
Se a ciò aggiungiamo una sconfinata passione per la ricerca del nuovo ed un innegabile talento, ecco che abbiamo confezionato il profilo di Jakopo Simone, che considero ancora un emergente solo in rapporto alla giovane età del locale, ma che per concorsi sostenuti e credito conquistato tra i suoi numerosi maestri, miglia aeree attraversate per conoscenze ed esperienze in cucine europee, direi di poterlo considerare un predestinato.
Il locale è sobrio, colori tenui e rilassanti, con una bella vetrata che divide gli spazi dell’accoglienza da quelli di lavoro, demarcati da un banco di appoggio per un pasto meno impegnativo, per un aperitivo o per un semplice dessert.
Nei piatti che abbiamo provato, si trova una concezione quasi “immateriale” del gusto, quella cioè fatta di percezioni olfattive ben definite in cui riesce facile ritrovare l’impronta della materia prima impiegata, armonie, evanescenze create, tutte allestite in un elegante costrutto senza cadere in esasperati estetismi di richiamo, propria della smania giovanile della rincorsa agli effetti speciali, impostazione voluta evidentemente per affermare il ruolo centrale del piacere dei sensi e del gusto , in primis, e dello stare al mondo con tutti i suoi desiderata….La gioia, appunto; nomen omen.
Indiscusse e centrali sono la presenza sia di una buona rappresentanza di olii extravergini disponibili per la più naturale delle aperture con pane e sfoglie, quanto di piatti semplici pur se rivisitati, che piacciono ancora, ma che dovranno essere opportunamente richiesti per non sconvolgere i piani della brigata in cucina che, per quanto ben assestata su 5 teste e 10 mani, faticherebbe a garantire la perfezione dei piatti del menu’.
Qualche esempio dei fuori quota?…..Il pollo fritto intero, il ragu’ di pescato fresco/crostacei in ricette popolari e la “cialledda” fredda di pane raffermo, riassemblata in versione 3.0, che nella città del pane è sempre un dovere preparare per non lasciarsi trovare sprovvisti da richieste frequenti di visitatori forestieri.
Oltre agli olii di Puglia rappresentati da alcune bottiglie contenenti monovarietali di cultivar coratina, peranzana, leccino ed una stratosferica cima di Bitonto, il locale presenta una cantina con proposte per ogni preferenza e tipologia di territori nazionali.
Le porzioni consentono di raggiungere adeguatamente il dessert attraverso i passaggi comandati, ma non necessariamente se pensiamo alle variate ritualità di molti locali che, come anche questo, inducono a soffermarsi, di volta in volta, sui numerosi richiami che i menu’ offrono, con primi e secondi che esprimono il maggior “indice di ingombro”, suggerendo cioè passaggi ripetuti; un prezzo congruo per un pasto completo, bevande escluse, lo si chiude adeguatamente pagando 35,00/45,00 euro, ma le opzioni sono davvero tante.
Questo primo incontro va in archivio con un punteggio ben favorevole, ma tocca sicuramente ai visitatori che torneranno per il nuovo menu’ annunciato, un approfondimento non fosse altro per assecondare un desiderio che non si ferma al primo passaggio.
Ristorante Gioja ad Altamura
Via Orazio Persio, 9/11, 70022 Altamura BA
Telefono 080 3031336
Chiuso la Domenica (estate), Domenica sera e lunedi (inverno)
Aperto tutto l’anno
Dai un'occhiata anche a:
- Ristorante Quattro passi a Nerano la cucina di Fabrizio e la sala di Raffaele Mellino
- Line – San Cristoforo a Ercolano
- Tutto su “Abbruzzino Oltre”. Dall’apertura a Lamezia Terme alla Stella Michelin
- Gala Maris a Praiano in Costa d’Amalfi aperto anche in inverno
- Trattoria 32 Posti a San Giorgio del Sannio (BN)
- Tenuta Lagala, Venosa, due cuori e un vigneto
- Tribus Restaurant a Pozzuoli: una cucina e tre chef
- Da Gennaro Esposito alla Torre del Saracino il vero lusso: concentrazione dei sapori senza barocchismi