di Ugo Marchionne
Capri è un luogo magico, incantato, i suoi molti pregi e difetti si fondono e si perdono nelle sue mille sfumature di blu che ti riempiono gli occhi ed il cuore con la loro struggente bellezza. Proprio a pochi passi dalla chiesa della piazzetta, ha recentemente aperto un ristorante gourmet che a mio avviso ha decisamente arricchito il panorama gastronomico caprese, portando una ventata di freschezza e gioventù: il Ristorante Gennaro Amitrano.
Il portoncino in legno, intagliato con le iniziali dello chef é il gate, il portale di accesso al ristorante, intimo ed elegante di chef Amitrano. Formazione con il maestro Ducasse e poi per tanti anni fido secondo di Gianfranco Vissani in quel di Baschi in Umbria, dove io lo avevo visto anni addietro nel corso dei programmi televisivi che il maestro Vissani conduceva sul canale La7.
Locale intimo e curato, sobrio e ben elegante nel suo voler richiamare nel decoro marino e nei dettagli dell’ ambiance quelle mille sfumature delicate di blu caprese. Forse la scelta di un ristorante con soli sei tavoli però potrebbe non allinearsi con quella che è la tradizione gastronomica dell’ Isola, caratterizzata da ristoranti con decisamente più tavoli. Quello che più colpisce è l’ elemento scenico distintivo, un’ onda illuminata di pesci azzurri che dominano la sala.
Levati gli ormeggi si salpa per un viaggio gastronomico decisamente unico e diverso per gli standard della cucina gourmet isolana. L’ Amouse-Bouche varia quotidianamente in almeno due delle sue componenti, a seconda della materia prima disponibile sull’ isola. Quello a me servito si componeva di un tricolon di assaggi di mare: Un mini panino con alice di Cetara, burro bianco di bufala, pesto di basilico fatto in casa, julienne di carote e misticanza; una julienne di calamaro e chiffonade di basilico e un crudo di spigola, uva bianca, sale e pepe. Il panino sicuramente risulta vincente, i sapori interagiscono bene fra di loro e l’ elemento “alice-burro-pesto” all’assaggio risulta un armonioso unicum. Gli altri due sono semplicemente un richiamo alla freschezza del mare e nulla più, delicati, forse un pò troppo.
Primo degli antipasti un Tataki di ventresca di tonno rosso, patate mantecate, polvere di noci, riduzione di nocillo, misticanza, lattuga romana, maggiorana, timo e finocchietto. Al palato si verifica una transustanziazione del tonno, assume quasi la consistenza di un carpaccio di carne per via della nota terrosa della polvere di noci e della riduzione di nocillo. La percezione del piatto però muta a seconda dell’ erba fine che finisce nel bite. La maggiorana risulta spingere un po’ troppo oltre il sapore con una lieve nota amara. Tecnicamente nell’esecuzione del tataki alla giapponese, nulla da eccepire, anzi.
Calamaretti, battuto di gambero rosso imperiale, gazpacho, pesca e basilico. Intrigante il gioco di consistenze e temperature fra il calamaro cotto e il battuto fresco all’interno. Si arriva a percepire perfino il limone ed i fiocchi di fior di sale nel battuto, l’elemento della frutta nei piatti di mare di ispirazione vissaniana funziona in modo eccellente. Il gazpacho un po’ finisce per perdersi nell’ insieme e per percepirlo distintamente bisognerebbe isolarlo. Anche se scenicamente risultava più scenica la versione con il calamaro più grande, ingentilito così é un antipasto di mare molto elegante e raffinato.
Primo dei primi, lo spaghetto “Cav. Cocco”, aglio, olio, peperoncino, riccio di mare e cacao Domori Sambirano 72%. I giapponesi definirebbero il sapore di questo piatto come “Umami di Mare”. Pasta cotta benissimo, cremosita giusta e perfetta amalgama tra il riccio di mare e l’acqua di cottura. Il cacao non risulta essere una nota dominante, anzi, la sua elevata qualitá risulta essere completamente asservita allo scopo di smorzare il gusto forte del riccio di mare, bilanciandolo ed equilibrandone. Le nouances gustative da spaghetto di mare si sentono tutte. Presentazione di sostanza ma puntualmente sobria. Rivedrei l’olio extravergine di oliva a crudo, caratteristica decisamente vissaniana in questo piatto, risulta essere un quid non sgradevole né però necessario.
I risotti, sono senza ombra di dubbio il punto più sublime dell’intero menù. Tributo ed ispirazione al suo maestro francese Alain Ducasse, per stessa ammissione dello staff e pienamente condivisa, i risotti sono il punto di forza dello chef Gennaro Amitrano. E si sente. Il primo che è stato presentato é stato un risotto con lo scorfano e polvere di finocchietto. Il calore ha lasciato che i profumi si sprigionassero potenti, la maillard sulla pelle del pesce, il finocchietto. Un risotto in cui si vive un vero e proprio transfert temporale, sembra di tornar bambini ed assaporare il gusto di pesce alla mugnaia. L’elemento granoso del riso, il pesce e il burro in mantecatura sono le componenti di un gusto unico, familiare e sofisticato nell’ insieme da fattore sorpresa.
Secondo dei risotti, un carnaroli con calamaro e polvere di arachidi tostati. Grande ancora una volta e qui la nota dell’olio di oliva in finitura reagisce splendidamente con il resto delle componenti. Qui Gianfranco Vissani ha avuto ragione in pieno. Burro e olio a crudo è un matrimonio d’amore e si ha da fare.
Primo dei secondi, spigola, finocchio e carota. Piatto complicato da descrivere, cotta benissimo la spigola, ottima esecuzione. Peccato per le verdure, troppo poco cotte, al di lá del croccante, difficilmente tagliabili, soprattutto il finocchio. Peccato, davvero un grande peccato.
Secondo dei secondi, scusate la ripetizione dovuta è stata un filetto di chianina 100% Monte San Savino, Patate Chadeau, zucchine, tartufo nero e salsa olandese. Gran carne, gran salsa, gran tartufo. Elemento migliore del piatto, la zucchina, la verdura toglie, la verdura dá. Stavolta da brividi. Si scioglie letteralmente in bocca, dall’interno verso l’esterno. Provare per credere. Gran sostanza. Punto.
Dolce conclusione, un cannolo di ricotta con limone e basilico e raviolo con crema al limone e cialda al cacao su salsa ai frutti rossi. Omaggio a Capri doveroso di Gennaro Amitrano. E il cerchio si chiude in dolcezza. Dimenticavo la nota più alta del piatto? Le salse ovviamente!
Servizio puntualissimo e nota dolente al contempo. Il responsabile di sala e maître del ristorante é davvero troppo solo, se non avesse avuto una tenacia da stacanovista ed una velocità nel portare i piatti da superuomo senza però minimamente far sentire solo il cliente, sarebbe stata un’esperienza diversa. Un plauso enorme a lui e allo staff di cucina.
In sintesi, un nuovo hot spot della scena gastronomica caprese. Provare per credere. Stelle? Vedremo, il futuro c’è lo dirá, lo scopriremo solo vivendo come diceva Battisti.
Ristorante Gennaro Amitrano
Via L’Abate, 3 – Capri (NA)
Tel. 081 8378380
Dai un'occhiata anche a:
- Monopoli, Masseria Spina e le sue cucine, un gioiello rurale
- Locanda Scialapopolo a Benevento, “la vera cucina povera…quella del popolo”
- La bodeguita del lago a Lesina
- A casa d’ ‘e Femminielli, la casa di tutti, dove mangiare bene nei Quartieri Spagnoli
- Vale la pena cenare in un ristorante stellato? L’Esperienza unica all’Antica Osteria Nonna Rosa di Peppe Guida
- Rear Restaurant. La cucina di Salvatore Iazzetta
- La trattoria sta scomparendo ma ve ne consiglio due: Trattoria Da Annarella e Ristorante Scacco Matto
- Zest Restaurant a La Favorita a Sorrento e la cucina di Domenico Iavarone