La vera forza dello stile Iaccarino è la cultura dell’accoglienza maturata in quattro generazioni, informale ma attenta, che ti prende all’ingresso e ti accompagna per tutta la giornata sino ai saluti finali. Ecco perché la visita al ristorante coglie solo un aspetto del genius loci familiare, sicuramente il più importante, ma comunque parziale.
Il distacco inizia quando si supera Sorrento o, dal versante opposto, Positano. Questo scorcio di Costa con Capri di fronte ricorda le piste di lancio da sci olimpionico, un lungo salto verso lo spazio indefinito e il tempo fermo: nessuno scenario naturale riesce a imporre questa sensazione così struggente che avvolse per sempre quel vecchio sporcaccione di Norman Douglas.
E’ uno stile, dunque. Quando penso che dai Roca siamo stati quindici minuti come in una sala da dentista senza che nessuno venisse ad offrirti un poco d’acqua per poi essere chiamati all’apertura del ristorante, o al vutta vutta da assalto al tram da Inaki, ti rendi conti che certe distanze si possono misurare solo in anni luce. Non è questione di piatti o di costi, ma di cultura, quella che non scannerizza il cibo in proteine, carboidrati e calorie.
Siamo qui per provare i nuovi piatti della stagione, l’ultima volta due anni fa con Enzo Vizzari poco dopo l’intervento di Livia Iaccarino su Striscia La Notizia. Un errore, ci teniamo a ribadirlo, nei modi e nei contenuti, una deviazione dallo stile di cui abbiamo parlato prima che ha consentito anche a piccoli personaggi di “azzuppare” e fare millantanto credito.
Per fortuna la concentrazione della famiglia è progressivamente tornata sul lavoro e con le nuove sfide, da Macao a Marrakesh.
Se i magistrati parlano con le sentenze i ristoratori devono replicare con i piatti mentre i critici subiscono la verifica del pubblico.
Il cambio generazionale sta andando avanti, Alfonso è impegnato a viaggiare e a fare bilanci: becco Licia Granello di Repubblica che sta preparando l’introduzione di un nuovo libro di Gribaudo che ambisce a bissarre il successo di quello pubblicato da Biblioteca Culinaria. La sala ormai si chiama Mario.
Dalla terra alla tavola. Si spiluccano piatti classici di stagione: come fave e piselli, un po’ di bieta
Con nostro grande piacere incrociamo sei giovani venuti da Roma profittando dell’intesa tra Slow Food e alcuni ristoranti italiani.
Si parte con un’ostrica di benvenuto
seguita dal soufflé di mozzarella che, se mischiato agli altri ingredienti, riporta alla pizzaiola.
Passiamo alle due novità 2011 degli antipasti
La ricciola è molto ben affumicata, la materia prima è davvero notevole, presentata in modo naturale con la maionese bella fresca
Evocate atmosfere dell’aia. Il gelato di coniglio è molto divertente, anche se ci rendiamo conto che urte alcune sensibilità. Il freddo, la sapidità del caviale, l’amarognolo degli asparagi e la croccantezza della pasta fillo ne fa un piatto di entrata leggero e interessante grazie al fatto che la carne è stata prima di tutto arrostita.
Interessanti i due primi di pasta. Il basolo (nome della pietra vesuviana utilizzata per le strade) è molto moderno, dinamico e citrico al palato, ha un ottimo allungo che fa ben salivare. Si gioca di consistente e di contrasti. Le spezie non sono invasive e non coprono il tonno, ma lo esaltano.
Questo piatto ha un gusto più napoletano, è rotondo e saporito grazie al baccalà e alla salsa di pesce azzuro (in questo caso sarde), poi giochi di consistenza. A nostro avviso la bufala non mette e non toglie.
Il risotto è stato il piatto che meno ci è piaciuto. Buono, intendiamoci. Ma appare un filo sotto la linea delle altre novità.
Il piatto che ci è piaciuto di più. Dello scorso anno ma rivisitato: sapore didattico della triglia, buonissima la polvere dei capperi, intensa la sabbia ottenuta dalla testa e dalle lische disidratate e poi tritate. Magnifique.
Ed ecco alcuni dolci
Prima di lasciarvi, torniamo al discorso del particolare. Per esempio i bagni del ristorante, per me importanti quanto se non più della hotellerie.
E poi, vivaddio, un garage che non ricorda una scena del crimine.
Il Don Alfonso è resort, sala di conversazione, scuola di cucina e tanto altro. Per Alfonso è soprattutto le Peracciole, l’azienda di 11 ettari a Punta Campanella. Ma questa è un’altra storia.
Corso Sant’Agata, 11-13
Tel.081.8780026
www.donalfonso.com
sempre aperto. Chiuso lunedì e martedì da giugno a settembre. Lunedì e martedì a pranzo.
Ferie da novembre a metà marzo.
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