di Ugo Marchionne
Nella Capri del 2021 non si può parlare di cucina locale senza parlare di tradizioni, senza parlare di radici, senza parlare di terra e di mare che coesistono e coabitano insieme. Nella Capri del 2021 non si può non parlare di suggestioni, di colori, di sapori, di spezie che strizzano l’occhio ad una cucina cosmopolita. Nella Capri del 2021 non si può non parlare di modernità gastronomica all’italiana. Nella Capri del 2021 non si può non tornare a Via Dentecala, alla corte della famiglia Aprea, sedotti da un vino proposto da Gennaro e da un piatto servito da Salvatore. Nella Capri del 2021 non potevamo non tornare al Ristorante Da Tonino.
La cucina del Ristorante Da Tonino nel 2021, come ampiamente rappresentato già qualche anno fa dal maestro Luciano Pignataro e da Guido Barendson, pur mantenendo le sue radici territoriali, appare diversa dagli inizi, ben matura, solida nelle sue linee conduttrici ma con tanta voglia di fare di più e di mostrare se stessa in diversi caratteri. I prodotti dell’orto di famiglia come sempre accompagnano la creazione dei menù e tutto viene preparato in casa dal pane alle paste fino ad arrivare ai dolci con abbinamenti d’impatto che incuriosiscono gli avventori che ritornano come noi del resto, anno dopo anno, a scoprirne le novità. Una cifra gastronomica rinnovata nello spirito, nei sentimenti, nelle tecniche e nella voglia di stupire quella messa in campo da Salvatore Aprea, a nostro avviso pienamente maturo per una consacrazione in carta oltre che in pectore.
Elegante il Polpo con fagiolini, mandorle e menta. Come di sovente con lo stile Aprea, la componente marina fa da nerbo del piatto, sospinta da una componente vegetale variegata, diffusa e declinata in diverse forme.
Altrettanto centrata la Capasanta. Espressione di un rapporto diretto ed unico con il mare, che quest’ultima portata – insieme al riso che seguirà – rappresenta un legame particolare che Salvatore Aprea ha con il “blu”, di rilettura e reinterpretazione critica che (per fortuna) non scade mai in una sua facile trasposizione in tavola (come si è soliti veder fare, sic!).
Si parte con la sequenza dei primi. Anche questi sospesi ma ben distinti tra mare e terra – summa esemplificativa delle passate esperienze di Salvatore Aprea reinterpretate in chiave completamente personale. Il Riso “Buono” sotto la schiuma del mare è un boccone elegante di iodio. Concentrazione marina pura, dalla finissima farina di alga spirulina all’estrazione materica dei crostacei e della materia prima. Un’idea estetica tradotta in pratica in maniera veramente saputa in un accordo di tecnica, gusto e presentazione veramente centrato. Pienezza, robustezza e golosità nei fusilli lunghi con noci, cacao e melanzane (probabilmente uno dei tre piatti migliori per impatto e complessità di tutta la carriera di Salvatore) e nei Raviolotti di coniglio alla cacciatora, Cardoncelli e olive, omaggi ad una matrice sicuramente più rurale in cui si legge a chiare lettere l’influsso “Marcattili” che in parallelo trasmette in quel del San Domenico di Imola da Max Mascia.
Raffinati e precisi i secondi, di mare come di terra. Spigola, indivia, pesca e zenzero. Manzo, lattuga romana, cipolla e vino rosso. L’anatra con carote brasate e cavoli di Bruxelles. La mano di Salvatore sui secondi è sempre precisa come non mai, sempre attenta alla speziatura ed al numero di componenti (mai più di quattro/cinque, mai coprenti, sempre comprimarie). I primi due piatti ci parlano tanto anche di Heinz Beck. I sapori di ogni piatto sono precisi, il mare regala freschezza, le carni sono appaganti e i vegetali stimolano l’intelletto ed il palato con la loro croccantezza, acidità e dolcezza.
Summer Vibes pure, sensazioni estive con il Lemon Tree. L’agrume principe dell’isola viene riprodotto nella sua forma e nella sua sostanza con vari giochi sul lemon curd, sulla lemon merangue e affini. Una conversazione quantomeno doverosa quella sul limone che non può mancare a Capri.
CONCLUSIONI
Una cucina davvero matura quella espressa dal Ristorante Da Tonino quest’anno, sospinta dal servizio dei Massa (papà e figlia) colonne portanti del ristorante stesso e coronata come sempre dalla miglior cantina dell’isola per profondità e varietà, curata come sempre da Gennaro Aprea, unico vero signore di quel filone nella discussione “vino”. Una proposta che rimane sempre accessibile – probabilmente il miglior rapporto qualità/prezzo dell’intera Capri – che insieme ad altri pochissimi esempi (i.e. Lionetti; Migliaccio tra tutti) ha riportato la tradizione al centro del villaggio, sapendola rielaborare in chiave personale ed originale. Tratto inconfondibile di questa contemporaneità gastronomica all’italiana espressa da Salvatore Aprea è il continuo rimando – diretto o indiretto – alle sue esperienze formative, alle suggestioni che lo ispirano e ad un sotto testo filofrancese di fondi, estrazioni, cotture, salse e tecnica che soprattutto sui secondi appare chiaramente riconoscibile a chi presta l’attenzione del palato. Un racconto di un menù a cui questo archivio vuole non solo riservare le lodi o i meri complimenti, seppur meritatissimi ma che merita a pieno titolo di essere indagato e compreso. Una Capri diversa quella che Salvatore e Gennaro Aprea esprimono a “Piano delle Noci”. Una Capri diversa, signora delle rocce come la definiva Pablo Neruda, fatta di piccole cose, di scorci inaspettati, di profumi e colori diversi, alieni rispetto alle solite rotte isolane. A buon modo di vedere dovere di chiunque scriva anche due parole in questo settore è riconoscere l’ovvio. Dunque pare quantomeno doveroso sottolineare il fatto che in questo 2021 Salvatore Aprea, incassato un grande successo di pubblico, abbia anche lui preso atto di una raggiunta maturità espressiva alla quale auguriamo di potersi evolvere nell’immediato futuro, tendendo magari ad un recupero totale (in un singolo percorso) di un menù “caprese” in ogni sua più nascosta e poco conosciuta materia prima. Una missione sicuramente possibile per uno come lui.
Consigliatissimo.
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