Ristorante Consorzio a Torino, la recensione di un grande classico moderno ma non contemporaneo

Ristorante Consorzio a Torino
Via Monte di Pietà, 23
Tel. 011 2767661
Sempre aperto a pranzo e cena
Chiuso domenica e lunedì
Banco a via Botero 10

Ristorante Consorzio, il logo

Siamo in uno dei locali dai quali non si può prescindere quando siete a Torino, soprattutto se vi occupate di gastronomia perchè ha creato un “genere”, la trattoria moderna (molti usano il termine bistronomia) che non ha radici familiari e che si nutre del recupero del passato più che della sua difesa. Dove ai fornelli c’è un cuoco professionale (in questo caso la siciliana Valentina Chiaramonte), ambienti studiati, collegamento con i presidi di Slow Food, quel giusto tocco di innovazione in cui si possono riconoscere tutti, leggi i mitici ravioli di finanziera, carta dei vini che pur non disdegnando i classici, si allarga sulla Savoia e sopratutto sui vini naturali.
Per me, boomer cresciuto a cervello, fegato, trippa, interiora di capretto con annessa testina perché ” carne costa troppo”, è una sorta di Mecca, una San Pietro per i cattolici o il bullioneire per i nuovi ricchi che si strafanno a coca e Krug. E’ lì il vero sapore dell’animale.

Ma il tema gastronomico sta nell’interrogativo fondante: sono in un Museo o in qualcosa di assolutamente moderno? La risposta è: moderno ma non contemporaneo. Sono altre ormai le sensibilità gastronomiche diffuse, a cominciare dal rigetto per la carne ormai considerata (quasi sempre a ragione, qualche volta a torto) junk food per poveracci, l’ossessione contro l’eccesso di grassi e la nuova centralità dell’olio d’oliva se non proprio la loro assenza e radicale diminuzione, l’importanza del vegetale.
Il grande merito di Consorzio a Torino è stato quello di rimanere sostanzialmente uguale a se stesso, osannato unanimemente dalla critica che spazia dalla Michelin a Osterie Slow Food a cui resta agganciata grazie al menu degustazione sotto i 40 euro anche se la spesa media, vini esclusi, oscilla fra i 60 e i 70. Non lontano c’è Banco, dove spiluccare qualcosa e attingere alla cantina, ben pensata per tutte le tasche e tutti i gusti.
Il servizio è attento ai dettagli ed empatico con il cliente, l’ambiente caldo e accogliente. I piatti che abbiamo provato molto buoni anche se alcuni manifestavano un inutile eccesso di burro. La contemporaneità l’abbiamo trovata in quello che sulla carta poteva sembrare il più hard, ossia la testina in brodo. Un brodo leggero, ben filtrato, con un tocco leggero di agrumato che ha valorizzato la carne e le foglie di scarola cruda rilasciando alla fine una piacevole sensazione di freschezza mentre l’eccesso di grasso lo abbiamo rilevato nei tajerin di trippa di agnello, una idea molto carina che probabilmente può essere giocata meglio proprio in direzione di un alleggerimento e una nota di acidità per evitare al palato di stancarsi.
Memorabili le tagliatelle al ragù di cuore il cui ricordo mi fa salivare mentre scrivo anche se siamo di prima mattina.
In conclusione, la visita in questo posto resta indispensabile quando siete in città e il rapporto con il prezzo (anche nella carta dei vini) è decisamente equilibrato. Spostare l’asse verso un po’ di acidità, come è stato fatto con il piatto del midollo ad esempio, gli impedirà di diventare un museo fra qualche anno e di restare ancora moderno come lo è stato in questo quasi ventennio di storia gastronomica.

Cosa si mangia al Ristorante Consorzio di Torino


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