Al Cambio a Bologna e la certezza della gioia

Ristorante Al Cambio Bologna
Via Stalingrado 150
Tel. 051 328118
Aperto a pranzo e a cena, chiuso il sabato a pranzo e la domenica

di Giulia Gavagnin

De “Al Cambio” di Bologna s’è parlato e si parla ancora così tanto, anche in queste pagine, che non intendo tediare l’uditorio con inutili ripetizioni.

Locale fuori dal centro cittadino di stampo classico di proprietà di uno dei cuochi più sottovalutati della sua generazione, Massimiliano “Max” Poggi, da meno d’una decina d’anni è stato affidato in gestione all’istrionico Piero Pompili, già mattatore nelle pagine web del “Papero Giallo” di Stefano Bonilli (così, tanto per capire l’humus culturale e lo spessore del personaggio) e maitre d’avanguardia nella ormai mitica Osteria n. 7 di Rastignano di Pianoro, rilevata con il compianto Arnaldo Laghi.

Nel giro di pochi anni, Pompili ha trasformato un solido ristorante di periferia in un punto di riferimento per la cucina schiettamente bolognese, vestendola in abito da sera.

Ha applicato la sua stessa eleganza di sala, il suo portamento da maitre quasi transalpino vestito di abiti sartoriali e cravatte di Hermes, a una tradizione perlopiù considerata da trattoria da tovaglia a quadretti e mezzo litro di pignoletto sfuso.

Sebbene dalla sua fondazione ricopra stabilmente i primi posti di “50 Top” tra le trattorie/osterie, Al Cambio è a tutti gli effetti un ristorante. Conviviale ma attovagliato, di ricette della Bologna grassa ma servite sui piatti di Ginori.

Certo, al Cambio è un ristorante maitre-centrico, un po’ come Pipero a Roma e il-fu Pont de Ferr a Milano di Maida Mercuri.

Cioè, la sua immagine è indiscutibilmente legata a Piero, e al ristorante si va per lui.

Tuttavia, da pochi mesi vi è stato un importante innesto ai fornelli. Matteo Poggi, figlio di Max, con esperienza alla corte di Massimo Bottura nella Francescana Family. Quindi, la pecorella è tornata all’ovile sotto la supervisione di Pompili, e la curiosità di capire cosa avrebbe apportato alla cucina iperbolognese del Cambio era parecchia.

Infatti, se in un ristorante di “fine-dining” i margini di cambiamento sono apertissimi, oseremmo dire “in re ipsa”; dove si esercita una cucina regionale tradizionale, gli spazi di manovra sono molto più ristretti, e dove già si aveva la percezione di mangiare bene talvolta non si vede la necessità di cambiare la formula (”squadra che vince non si cambia”).

Con l’innesto di Matteo Poggi la cucina del Cambio, da iperbolognese diventa ultrabolognese.

I piatti per i quali questo ristorante è così tanto amato ci sono tutti: la tagliatella grondante di ragù, la lasagna verde multistrato con ragù e besciamella, i tortellini in brodo, la mitica, temutissima (per il colesterolo) cotoletta di vitello alla bolognese con l’osso, la crostatina alle cipolle, il “latteinpiedi”.

 

Il menu del ristorante Al Cambio di Bologna

Tuttavia, abbiamo avuto l’impressione che questa versione della tradizione sia la loro migliore di sempre: il ragù era sinuoso, avvolgente, senza tracce di untuosità. La cotoletta era perfettamente integra, dove spesso gli ingredienti (carne panata, prosciutto crudo, parmigiano, legati al forno dal brodo) si separano.

Inoltre, sono stati aggiunti alcuni piatti nuovi.

Una verza con fonduta di parmigiano e concentrato di pomodoro a dare acidità: un’entrèe semplice ma efficace.

I tagliolini verdi con un ragù ottenuto dalle croste di parmigiano, ripescato dagli antichi ricettari cittadini.

Una lingua di vitello con salsa verde, notevolissima.

Infine, alcuni piatti sono stati migliorati e corretti: la battuta di fassona si abbina a una maionese di barbabietola impossibile da lasciare sul piatto.

Pompili ci dà uno spoiler: il prossimo piatto autoctono a entrare in menu sarà lo scrigno di Venere, una ricetta più vintage che tradizionale, che fece la fortuna di alcuni locali a Bologna nei ruggenti anni Settanta. Un guscio di pasta brisè ripieno di tortellini, besciamella e ragù (alcune varianti ne prevedono il tartufo ma non è una ricetta codificata).

Piero Pompili, un passo alla volta, sta rendendo irrinunciabile una cucina che era già golosa, entrando nel cuore anche di una Bologna meno conosciuta, più borghese e persino nobile, che ben si attaglia al suo concept di ristorazione.

Al Cambio si avvia a diventare un luogo mitologico come l’Antica Osteria del Mirasole. Il centro della città ha solo da imparare.

 

Scheda del 12 gennaio 2024

di Bruno Sodano

Il ristorante Al Cambio di Bologna sta vivendo un periodo di grandi cambiamenti, con un nuovo chef in cucina. Piero Pompili, timoniere impeccabile del ristorante, lo troviamo sempre in grandissima forma. Il giovane chef Matteo Poggi, proveniente come ultima esperienza dalla Francescana di Massimo Bottura, ha una formazione autorevole e chiara visione. In una conversazione dopo cena, ha delineato la sua idea di non destrutturare l’anima del Cambio, ma di orientarlo verso una nuova era, dove ai classici tortellini si affiancheranno altri piatti tradizionali, realizzati con grande cura e attenzione alla tecnica di cottura.

La sala, sempre un gioiello, ha avuto lavori di restyling, con Piero Pompili che brilla di luce propria in compagnia dello storico Domenico De Nicco: un servizio impeccabile in un’atmosfera informale. Il menù parla da sé, con piatti che fanno venire l’acquolina in bocca solo a guardarlo.

La carta dei vini, di grande importanza e attenta alle eccellenze regionali, offre sempre bei piaceri.

La profumata mortadella apre le danze, seguita dai grandi classici della tradizione bolognese: taglieri di salumi, sformatino di patate e mortadella, crostatina di cipolle caramellata su caldo freddo di parmigiano reggiano e pannacotta squaquerone e pere.

Solo per citarne alcuni. I tortellini rimangono una scelta vincente, con un doppio brodo che garantisce limpidezza e gusto autentico. Le tagliatelle, più raffinate e digeribili, rimangono appaganti al palato.

Da provare assolutamente la cotoletta alla bolognese, un piatto gustoso con 3 centimetri di altezza. Altrettanto deliziosa e dalla cottura fenomenale è la guancia brasata, servita con purè di ispirazione Rebouchon. Matteo, senza cercare di emulare l’iconico piatto francese, ha creato una struttura più rustica, ma in bocca si avverte il burro, regalando un gusto unico.

Con l’arrivo di Matteo, Al Cambio ha acquisito una ventata di freschezza giovanile, elevando ancora di più l’alto standard di qualità che lo contraddistingue da sempre nel centro bolognese.

 

di Fabiola Quaranta

Quanta consolazione in un piatto di lasagne! Le classiche, tradizionalissime, opulente lasagne verdi, strapiene di saporito ragù e besciamella, condite con la giusta generosità, quella che merita un piatto da annoverare tra i simboli di questa nostra maltrattata Italia, di Bologna la grassa, meravigliosa città d’arte e di giovani studenti in cerca di sogni da acchiappare.

Cosa aspettate? Partite alla volta della città di Lucio Dalla e recatevi Al Cambio, trattoria aperta nel 1990 e rilevata nel 1991 da Massimilano Poggi che tuttora ne è il proprietario.

Lì dove nel 1800 sorgeva una stazione di cambio dei cavalli con annessa locanda, sulla ferrarese, unica via di collegamento tra Ferrara e Bologna, oggi regna un ottimo ristorante di cucina tradizionale, affidato alla gestione di Piero Pompili, personaggio di spicco dell’accoglienza bolognese. Non siamo in centro città ma in una zona più defilata, tranquilla e fuori dai circuiti turistici, eppure la clientela arriva qui da tutta Italia per rendere onore alla cucina dei classici bolognesi.  Lasciate a casa pensieri negativi e preoccupazioni per caro bollette, guerra e improbabili governi da costruire, per dare spazio alla felicità, alla rassicurante certezza che in fondo la “nonna” non ci ha lasciati per sempre, è lì, accanto al focolare a dispensare calorie e calore per alimentare la nostra gioia.

Al Cambio ogni pasto è celebrazione della cucina di casa, un inno al cibo come atto di amore, la magia della festa intorno alla tavola imbandita, dove ogni cosa ricorda la famiglia e ne ripercorre ritualità e tradizione.

Allora ecco il tripudio delle tagliatelle al ragù, ricche, colorate e profumate, ogni forchettata invita a prenderne ancora ed ancora…

Irrinunciabili i tortellini in brodo, classici, preziosi e saporiti.

La cotoletta alla bolognese non lesina in generosità: alta e con l’osso, fritta nel burro, arricchita di prosciutto e formaggio e poi cotta nel brodo, protagonista indiscusso di questa cucina voluttuosa ed epicurea.

Ragazzi, non so spiegarvi la felicità, sì, proprio come quella dei bambini beccati a rubare la marmellata in piedi sulla sedia, dalla credenza della nonna, la mia amica Erica ed io affondiamo la forchetta nel piatto ed infine il cucchiaio nel latte in piedi, una sorta di creme caramel fatto con latte condensato, tante uova e caramello, che, se fatto ad opera d’arte resta nel cucchiaio seppur capovolto. Ben studiata la carta dei vini ed il Lambrusco che beviamo lo conferma.

Piero Pompili in soli sei anni, di cui due di pandemia, con al suo fianco Armando Martini, Jose Calandra e come secondo in sala il simpaticissimo Domenico De Nicco, è al timone di una nave con il vento sempre in poppa.

Guarda al futuro e vede solo cose belle, mi dice, col progetto ambizioso di aprire un altro ristorante a Milano (magari!!) o in pieno centro a Bologna una gastronomia con gli stessi piatti proposti al ristorante, con vendita sul posto o online.

Intanto è quasi pronto un restyling della sala da pranzo, tornerò per ammirarla ma principalmente per degustare i “vecchi” piatti, quelli che hanno fatto grandi gli osti di Bologna che tanto amiamo e che hanno reso celebre cucina ed accoglienza tipicamente emiliane.

Solo pochi giorni addietro Al Cambio è stato inserito al 5° posto della prestigiosa guida 50 top Italy, meritatissimo senza dubbio alcuno.

3 settembre 2021

Ristorante Al Cambio Bologna
Via Stalingrado 150
Tel. 051 328118
Aperto a pranzo e a cena, chiuso il sabato a pranzo e la domenica

Luciano Pignataro

Per raggiungere il ristorante Al Cambio devi dire al taxista “Via Stalingrado” e già questa cosa mi predispone benissimo, il ricordo degli studi storici sull’epica battaglia che dall’estate 1942 all’inverno 1943 si concluse con la completa disfatta degli invasori nazisti capovolgendo le sorti della guerra e della storia europea.
Battute a parte, siamo in uno degli indirizzi sicuri di una Bologna che sta mostrando segnali di ripresa gastronomica sempre più interessanti, la città dei racconti di Bonilli negli anni ’60, grassa e opulenta, laboriosa ma anche attraversata dal piacere di vivere, la sintesi perfetta di quello che dovrebbe essere l’Italia da Nord a Sud.
Adoro la cucina di tutte le regioni italiane, ma questa emiliano-romagnola, scusate se le accomuno per comodità, mi mette allegria estrema, è la cucina della felicità, della spudoratezza, dell’eccesso, della voglia di piacere senza andare tanto per il sottile e, per dirla tutta, come cadi cadi da queste parti cadi bene.

Era tanto che desideravo provare questo locale e rivedere Piero Pompili, un gastronomo della generazione di mezzo, formatosi sui testi sacri del cartaceo ma anche primo innovatore sul web con le risse sul Forum del Gambero Rosso e il blog Muccapazza. Li nasce anche il suo rapporto con Bonilli e coltiva una formazione umanistica indispensabile per cogliere la gastronomia come scienza e come sapere e non solo come analisi del piatto e del prodotto.
Una generazione dunque dotata di quel senso della misura e della distanza che invece i social sembrano aver annullato dando a ciascuno la sensazione di poter dire con autorevolezza la propria su qualsiasi argomento senza aver prima approfondito. Un po’ come avveniva, e avviene, con le chiacchiere da bar dove si succedono allenatori della Nazionale, presidenti del Consiglio e, ultimamente, virologi.
L’ho trovato tonico, il giusto desencanto che ti regala l’esperienza che però non scivola nel cinismo e, peggio, nell’abbattimento pessimistico. Quel desencanto che ti regala la misura delle cose e inquadra il tuo lavoro sul piano professionale.

Cosa si mangia al Ristorante al Cambio

Detto questo troviamo il locale pieno, i bolognesi lo hanno adottato e la città sta riprendendo il ruolo di cerniera che ammaglia il Nord e il Centro, il Tirreno e l’Adriatico, le Alpi e il Rubicone. Delisiosa la trippa in umido al pomodoro, un vero piatto nazionale italiano, guizzo gourmet con lo squacquerone e le pere fettate sottili come il prosciutto o la crostata di cipolle caramellate.
Impossibile non fare il pieno di tortellini in brodo, lasagna verde, tagliatelle e passatelli rinunciando all’ironico spaghetti all Bolognese, il piatto che non esiste in Italia se non nei menu per turisti nel centro di Roma.Implacabile la cotoletta, ricoperta di formaggio e fritta come si deve nel burro.
Buonissimi i due classici, la zuppa inglese e il late in piedi, una sorta di creme caramel che se fatta bene, sta attaccata al cucchiaio rovesciato.
Ottima la lista dei vini, come ci si aspettava, piena di Emilia e di Romagna e, come si diceva un tempo, commovente il prezzo del menu con un minimo (in milanese entry level) di 35 euro vino a parte in un locale dove difficilmente si può spendere più di 50 euro.
Ci piace la cura dell’hotellerie, bellissimi i piatti di servizi, curati da Piero, grande maestro di sala: sorriso e attenzione per tutti.

CONCLUSIONE

Un posto da non perdere quando siete a Bologna, aperto anche a pranzo. Un ristorante di servizio ma anche per godere della grande tradizione gastronomica eseguita a puntino e con competenza in cucina.
Ale!

Al Cambio” di Bologna


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