di Virginia Di Falco
Achilli al Parlamento a Roma è una storica enoteca con ristorante, a due passi da Montecitorio, che da un paio d’anni ospita lo chef ligure Massimo Viglietti.
Il locale è praticamente diviso in due: all’ingresso il tempio della famiglia Achilli, con la ricca galleria di bottiglie e i tavolini per gli stuzzichini o i lunch veloci.
In fondo, il ristorante, con una sala elegante come può esserlo una signora con un cappello d’antan: boiserie, vaso di fiori centrale, tovagliato in lino bianco, dall’orlo con il punto a giorno.
Servizio tanto cortese quanto discreto; il pane, accompagnato da croissant, brioche, focaccia e e grissini oltre che per la bontà, colpisce per varietà e garbo nella presentazione. La carta dei vini … non c’è, nel senso che – accompagnati (e consigliati) dalla sommelier – si sceglie direttamente nell’enoteca.
Il menu propone due percorsi degustazione ciascuno di sette portate: uno delle creazioni ‘libere’ dello chef (130 euro) e l’altro ispirato alla cucina di Roma (120 euro). Per entrambi è possibile scegliere il formato ridotto di quattro portate.
Non conoscendo la cucina di Massimo Viglietti ad Achilli al Parlamento il dilemma della scelta tra i due menu è davvero difficile. Alla fine optiamo per la sua interpretazione di Roma.
L’apertura è complessa, elegante e senza colpi di scena, di grande immediatezza. Gelatina di Campari con tapenade di olive nere, stacco col raviolo di trippa fritto e stacco, ancora, di consistenza, con la crema liquida di asparagi. Amaro: da ovunque si decida di partire, amaro. Nessuna strizzatina d’occhio di benvenuto, dunque.
Ed eccola Roma, col primo antipasto dedicato alle puntarelle. Insieme alla cicoria, di cui è la parte più acerba e tenera, il verde più amato della campagna romana. Qui sono marinate e accompagnate da polvere di pistacchio, pinoli e mozzarella di bufala. Ciò che dà carattere al piatto è però la sostituzione della classica acciuga con la neonata di lattarini: un mare più gentile per un risultato finale elegante ed efficace.
Siamo a Roma? E carbonara sia! Forse il piatto più difficile da re-interpretare e dunque raccontare, ci dirà alla fine lo chef, soprattutto per via dell’uovo e della sua facilità a rapprendersi, con l’effetto del calore. Allora, la soluzione è stato ‘strapazzarlo’ intenzionalmente e farne un antipasto: con briciole di guanciale croccante, crema di parmigiano e pecorino con dentro, nascosto, un piccolo disco di pane disidratato, unica concessione ai carboidrati. I sapori ci sono tutti, così come gli ingredienti, ma forse l’impressione finale è che si perda per strada qualcosa del piatto originale.
Altro piatto, altro racconto: la vignarola. Anche qui si gioca con una delle ricette della tradizione della campagna romana, che mette insieme gli ingredienti della primavera, dai carciofi alle fave, dai piselli alla lattuga, irrobustiti solitamente dall’aggiunta di guanciale. Diciamo subito che Massimo Viglietti ne fa una interpretazione strepitosa.
Il piatto è una tavolozza di colori meravigliosi, il carciofo e l’asparago in purezza si contendono il palcoscenico e il palato con piselli, fave, pinoli, polveri e spezie. L’effetto complessivo è scoppiettante, vuoi per le diverse consistenze, vuoi per il piacevole piccantino finale. Con il colpo da maestro di sostituire il guanciale con la guancia brasata, servita in un bicchiere di ceramica. Carne marinata e sfibrata sino a diventare lieve e spiritosa, in completa sintonia con la parte vegetale. Nessun dubbio: il piatto che vale la degustazione.
Mantecatura perfetta del baccalà, accompagnato da una zuppetta di cozze. Qui morbidezza e golosità vanno a braccetto, ovviamente. Ma prevale troppo il concentrato di pomodoro e le cozze finiscono per perdersi.
Si procede con il quinto quarto: coda alla vaccinara. La tradizione stavolta è praticamente santificata, il piatto di carne è completato a tavola con una salsa di pomodoro e sedano. Rassicurante e appagante. Con il tocco vivace della carota e del caffè in polvere e quello molto fresco della chutney di carota.
Il piatto di pasta arriva solo alla fine: tortelli di cacio e pepe in un consommè di guanciale servito a tavola nella moka. Delicatissimi, non hanno nulla della rusticità della ricetta alla quale si ispirano se non la traccia speziata. Squisito anche il brodo, arricchito da una lieve componente vegetale che fa bene anche alla vista.
Cambio di tovagliolo (e di poggia-posate) per il dessert.
A far da segna passo, un fresco sorbetto al mentolo ispirato dalle caramelle Fisherman’s Friend.
Rientra pienamente nel filone contemporaneo del dolce non dolce l’interpretazione dello chef di ‘pomodoro & mozzarella’, dessert che risolve la parte golosa nella crema di latte e quella acida con i pomodorini gialli e rossi.
Sul passaggio di Massimo Viglietti dal mare di Alassio ad una delle enoteche più famose di Roma è stato scritto di tutto. Un po’ meno, forse, sulla sua esperienza qui da Achilli al Parlamento. Si è parlato di cucina anarchica, non facile. Di certo l’impressione che si ricava provando i suoi piatti, e ascoltandolo, è di una cucina di gran carattere e personalità, per niente ruffiana. Insomma, a Viglietti Roma piace ma non ha nessuna intenzione di dirlo in maniera piaciona. La racconta, esattamente come si fa di un viaggio, tirando fuori le proprie impressioni e condividendole in una sequenza che a noi è sembrata davvero convincente. «Sono e resto un uomo di mare – ci ha detto – scorgere la mia Liguria dal finestrino del treno continuerà ad emozionarmi molto più di un paesaggio di montagna. E questo lo si leggerà sempre in quello che faccio».
Cucina di grande tecnica e grande personalità, dunque. Navigare insieme, come lui stesso invita a fare, fidandosi del capitano della nave, regala belle emozioni. E Roma ci ha davvero guadagnato tanto.
ACHILLI AL PARLAMENTO
Via dei Prefetti, 15
Tel. 06.6873446
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso domenica e lunedi
www.enotecalparlamento.com
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