La cucina è un gesto sociale e un atto politico. Ne sono sempre stato convinto e quando ho conosciuto Marco Ambrosino nel 2016 al 28 Posti a Milano, è una delle prime cose che mi ha detto. Mi ha colpito praticamente da subito. Sia per le idee chiare e la schiettezza con cui le raccontava, sia per la sua voglia di approfondire la cultura dei popoli del Mediterraneo. Perchè prima di cucinare qualsiasi cosa, bisogna conoscere, si, gli ingredienti, ma soprattutto la cultura, le tradizioni, le usanze. Il vero modo di fare avanguardia, nel mondo moderno è questo. Conoscere tutto e dimenticarsi di tutto. Partire dalla tradizione per provare a dare una lettura completamente diversa, sempre personale comunque. Nella mia prima cena rimasi talmente colpito che dopo aver preso il menu da 10 portate non mi fermai arrivato all’ultima portata, ma chiesi di continuare. Per la cronaca arrivai a 19 piatti.
Conoscere una cultura di popolo vuol dire coglierne il senso più profondo, come ad esempio la cucina mediterranea. La base di questa cucina non sono ingredienti o ricette, ma il non sprecare, il non buttare niente, perché era prima di tutto un’esigenza. Marco probabilmente coglie questo aspetto meglio di tutti. In una cucina mediterranea, fondamentalmente povera, che non aveva la codifica della cucina borghese francese e nemmeno l’opulenza delle corti borboniche, bisognava utilizzare quanto più possibile degli ingredienti. Annullare gli scarti è una delle tendenze dei grandi chef contemporanei, ma è anche l’insegnamento delle nostre nonne, delle mie soprattutto, venendo dal Cilento, patria di questo tipo di alimentazione. 28 Posti si è classificato al 10° posto nella guida di 50 Top Italy nella categoria Cucina d’Autore.
Cosa si mangia al ristorante 28 Posti a Milano
- Brodo di verdure. Che non si butta via niente in cucina lo abbiamo già detto, vederlo messo in pratica è un vero piacere. Cominciare con un brodo, come la cultura giapponese insegna aumenta il piacere.
- Carciofo, tartufo nero, brodo di carciofo alla griglia. Piatto verticale, senza concessione a nessun tipo di orpello.
- Ostrica alla brace marinata nella sua salsa con vino di pasta. Davvero buona questa versione dell’ostrica, accompagnata dall’ippocrasso (bevanda alcolica) di vino di pasta, felice invenzione dello chef procidano.
- Sgombro in salamoia, raviolo di acciughe arachidi, salsa di Tumminia, meringa salata e sarda affumicata. Complesso, su più livelli e su più assaggi, ci convince per la perfetta cottura dello sgombro, ma anche per la salsa di arachidi che accompagnano i ravioli di acciughe. Un piccolo viaggio, intenso, nel mondo del pesce azzurro.
- Trottole cotte in brodo di lische affumicate, cime di rapa, conciato di mandorle e aringhe. Mano felice sulle paste, tanto che negli anni passati l’ha portato a vincere anche il Contest Primo Piatto dei Campi. La pasta viene portate a cottura, non c’è mantecatura. Le trottole sono un formato di pasta difficile, hanno bisogno di un condimento importante per reggere la loro cartella. In questo caso gli ingredienti sono un tapis roulant che esaltano la pasta. Note amaricanti, sapidità spinta, un leggero affumicato e la nota quasi ossidata delle mandorle che con un procedimento simile a quello del conciato romano cambiano il loro sapore. Ho fatto il bis. Meraviglioso.
- Spaghettini, acqua di pasta fermentata, miso di legumi. Uno dei signature dish. Una pasta condita di pasta. Morbido, suadente, da servire come pre dessert.
- Rombo, limone e incenso, cozze alla griglia scalogno nero, olio di erbe bruciate. Avvolgente, cottura millimetrica, sale l’intensità gustativa e non è poco.
- Crepinette di agnello. hummus di fave secche, salsa alle rose, pane di semola con cigoli di agnello e salsa romanesca, pomodori grigliati in conserva, pastrami di agnello. Come in tutte le tradizioni dei popoli del Mediterraneo, arriva il piatto della festa, quello della condivisione. Durante le feste, oltre che una portata da condividere c’era anche una gerarchia ben precisa. Ad esempio a casa mia la testa dell’agnella andava al nonno in quanto capo famiglia, per poi andare a noi nipoti quando fatti più grandi. Marco prendo spunto da questo per servire l’agnello declinato in diverse versioni. Il pastrami di agnello, fenomenale, si rivela un boccone quasi onirico.
- Dolci. Complessi, a volte troppo, non è stato mai il “forte” della casa, ma diventano sempre più buoni.
Conclusioni
Una cucina intellettuale, nel senso buono del termine, con tanti spunti tecnici e culturali, con preparazioni spesso lunghe e tutte rigorosamente fatte in casa. Difficile trovare meglio in italia in questo momento sul tema “cucina mediterranea”.
28 posti
Via Corsico 1
Tel. 02 839 2377
Ritorante 28 Posti a Milano chef Marco Ambrosino
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