di Marco Galetti
Se copri il fuoco al cuoco stai giocando col fuoco e col fuoco non si scherza, cova la rabbia sotto la cenere, speriamo ci sia anche una fiammella di speranza.
La parola coprifuoco che evoca paura&disperazione, dicono non sia appropriata, dicono, invece credo, quanto meno per quel che concerne i cuochi, che sia il termine più appropriato, copri il fuoco, spegni le luci, chiudi a chiave il locale e aspetta Primavera, per dirla alla John Fante.
L’origine del termine, viene dall’usanza medievale di soffocare le fiamme sotto la cenere per contrastare la propagazione accidentale del fuoco (oggi del virus) durante le ore notturne.
Aiutiamo concretamente i ristoratori perché possano sopravvivere, sperimentare, adeguarsi, riaprire e tornare a ristorarci.
Ristoriamoli.
Il coprifuoco mi toglie il riso dal viso ma non dal piatto, come mi ha predetto a inizio venti venti il Principe di Omignano, “ti dovrai trasformare da assaggiatore a spadellatore” e così ho fatto:
Lo splendido risotto ai funghi in apertura di post è di Roberto Caccia della Trattoria Visconti di Ambivere, gli altri piatti sono mie timide scintille casalinghe, fiammelle di speranza che ci tengono vivi e ci aiutano ad affrontare il buio del coprifuoco, come mi ha detto in un vocale Carmelo, un amico cuoco salernitano, “cominciamo a sperimentare&seminare, la Primavera sempre deve venire” e porterà un sor-riso verde speranza
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