Ridateci le trattorie: Zuppa di pesce di Pinuccio Alia

Pubblicato in: La Calabria di Pinuccio Alia
Zuppa di pesce di di Pinuccio Alia

di Pinuccio Alia

Ridateci le trattorie. Le rivogliono tutti, anche quelle persone  che non le hanno mai conosciute, ma ne hanno solo sentito parlare.

Sdraiato sotto l’ombrellone, a Sibari, in una domenica ventosa, ascoltavo, ammirato,  il racconto di due coppie di bagnanti  che ricordavano la splendida e buonissima zuppa di pesce mangiata la sera prima in una trattoria, nelle vicinanze, che definivano ”molto rustica” .

L’avevano ordinata nella giornata di Giovedì e solo al mattino di Sabato avevano avuto la certezza che l’Oste si era procurato l’occorrente e che, alla sera, la zuppa  sarebbe stata preparata e servita. Un racconto ammirato ed entusiasta ricco di dettagliate  sensazioni che facevano venire l’acquolina in bocca. Per inciso raccontavano dell’arredamento demodè e del posto, molto anni 60 ed anche  del tempo che sembrava non passato , anzi era, per loro  un must. È poi anche la meraviglia  per il conto pagato. Davvero modesto.

Mi chiedevo che sensazioni (?)avrebbero avuto se avessero conosciuto la Trattoria di don Peppino e di donna Mirella Cantarelli a Sanboseto, vicino Parma, una frazione lontana dai flussi turistici come anche dalle  grandi metropoli.

Negli anni 70 era un vero mito per la bontà dei pochi piatti e soprattutto dei superbi culatelli serviti.

Una piccola trattoria, in un piccolo paesino di provincia.

 Racconta Luigi Veronelli :“Stanze semplici, raccolte, eleganti, curate in ogni minimo dettaglio. Tovaglie di Fiandra, posate d’argento inglese, bicchieri di cristallo ed al bar una raccolta dei più grandi distillati che nel mondo venivano prodotti. e, nel piatto, un savarin di riso, oppure i tortelli d’erbetta; probabilmente i migliori che si possano assaggiare in questa piccola provincia”.

Don Peppino aveva la  straordinaria abilità nel far convivere la classe con la  semplicità.

Frequentavano quella Trattoria i nomi più importanti dell’Industria e della cultura Italiana. Don Peppino poteva dare del tu,   era autorizzato, a personaggi come Giovanni Agnelli, Mario Soldati, Giuseppe Ungaretti, Luciano Lama, mentre Pietro Barilla, Cesare Zavattini e Giovannino Guareschi,  lì avevano il tavolo fisso e convivevano con gli operai ed i contadini del luogo che in una stanza a fianco giocavano a tresette e bevevano un bicchiere di lambrusco. Il tutto insignito da due stelle Michelin

Il ricordo è lo  stupore dell’unica volta che mi è capitato di andarci, era il 1980,  è vivo nella mia mente in ogni particolare.

Sono certo che se fossi un giovane Ristoratore  percorrerei questa strada,  indicata da don Peppino,  senza timori.

La gente non ha assolutamente più voglia di frequentare ristoranti nei quali la cucina nel piatto ha perduto la riconoscibilità dei sapori , perché  lo chef insegue una discutibile ed esteticheggiante fuga in avanti.

Oggi il cuoco giovane e  preparato ha a disposizione molte possibilità  per far rivivere una tradizione gastronomica importante, alleggerita, intelligente, nuova, che non è , per questo, assolutamente “conservatrice”.

Procuriamoci mezzo chilogrammo di pomodoro San Marzano maturi,  tuffiamoli in acqua bollente e dopo un minuto spelliamoli e dopo averli privati  dei semi, riduciamoli a pezzetti.

Puliamo  le vongole e le cozze, mettiamole in una pentola con un po’ d’acqua e facciamo  cuocere a fuoco vivo per farle aprire tutte. Pronte recuperiamo i molluschi e filtriamo con un colino finissimo l’acqua di cottura che terremo da parte.

Puliamo  un dentice  di mezzo chilogrammo, sfilettiamolo e tagliamolo  a pezzi regolari.

Riduciamo a filetti sei triglie ed uno scorfano che poi taglieremo a pezzi regolari.

In una casseruola e facciamo  rosolare con sei  cucchiai di olio di uliva, due spicchi  di aglio schiacciati con la lama piatta di un coltello ,uniamo una quarantina di gamberetti e mezzo chilogrammo di seppioline che avremo perfettamente pulite  e facciamo  cuocere per qualche minuto.

Aggiungiamo mezzo mazzetto di  prezzemolo ben  tritato e il peperoncino rosso piccante.

Uniamo un bicchiere di acqua calda e i pomodori pelati e facciamo  cuocere con il coperchio a fuoco dolce per una ventina di minuti.

Uniamo  le cozze e le vongole , aggiungiamo i pesci sfilettati e ridotti a pezzi il ed liquido di cottura dei molluschi che abbiamo filtrato, aggiungiamo un pizzico di sale grosso, del  pepe di mulinello  e continuiamo  la cottura per altri 5 minuti.

Solo alla fine assaggiamo per aggiustare la sapidità. Usiamo sale grosso marino.

Per gli amanti aggiungere una puntina di curcuma.

Tostiamo quattro fette di pane per poi ridurli a crostini sui quali strofineremo aglio fresco.

Serviamo la zuppa in  ciotole abbastanza grandi nelle quali avremo posizionato i crostini di pane e  poi avremo versato  sopra la zuppa di pesce.

Completiamo  con un filo di olio e decoriamo con qualche ciuffetto di prezzemolo.

Gustando questa semplice zuppa di pesce mi piacerebbe che se qualche “giovane cuoco calabrese”  leggesse questa pagina,  accettasse di seguire questa strada indicata

Mi piacerebbe anche  che esaltasse, magari rinnovandola,  la nostra straordinaria tradizione territoriale sentendosi  per questo,  mi ripeto,  un innovatore.

Perché realmente lo è.


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