La pasta mista (in napoletano ammescata o meschiafrancesco )è qualcosa di profondamente napoletano, addirittura ancora sconosciuta. La sua origine è nella tradizione di recupero, quando cioé le donne di casa piano piano componevano un pacco di pasta usando gli avanzi degli altri rimasti per qualche motivo non usati, magari perché pochi per una famiglia. La grande fame degli ultimi due secoli aveva insegnato alle diverse generazioni di donne che nulla doveva essere buttato.
C’era anche qualcuno che, quando i maccheroni si vendevano sfusi, ne comprova di diversi formati proprio per ottenere un pacco di pasta mista.
Il concetto del recupero, molto simile se ci fate caso, a piatti rurali come le Virtù Teramane o la Cicciata Cilentana, ossia zuppedi legumi e cereali diversi avanzante nei vasetti delle madie.
Oggi non si soffre più la fame ma l’abitudine di mangiare pasta mista è rimasta, tanto che quasi tutti i pastifici hanno delle confezioni ad hoc. Uno, il Pastificio dei Campi, ha addiritura un mischiato potente, cioé con formati di pasta più grandi), distinto da quello leggero.
La pasta mista è anche entrata nell’alta ristorazione grazie a due grandi cuochi. La minestra di pasta mista e pesci di scoglio di Gennaro Esposito e la mitica pasta e patate di Nino Di Costanzo. Ecco un caso in cui la cucina d’autore spinge in alto l’asticella della tradizione arricchendola e gratificandola con la tecnica che evidentemente era sconosciuta in famiglia. Si tratta di due piatti, caso raro, entrati nell’immaginario comune.
Facile capire il fascino della pasta mista: ha dalla sua il gioco delle consistenze e regala dunque piacere quando si usa. I napoletani la usano per quelle che in italiano si chiamano minestre ma che in città si chiamano semplicemente pasta e… con prodotti molto diversi che adesso andremo a vedere. In città l’uso è quello di farla comunque asciutta, da mangiare con la forchetta, quella inventata da re Ferdinando a quattro punte per mangiare gli spaghetti, fuori città sono tutte un po’ più brodose e si mangiano con il cucchiaio. Insomma, il cittadino mangia con la forchetta, il cafone, ossia chi abita fuori città, con il cucchiaio.
La pasta mista vuole le patate, i legumi, il cavolfiore, la zucca.
Vediamo
Un grande classico della cucina napoletana, quasi esclusivamente mangiata con la pasta mista, a volte con tubetti di media grandezza.
Altro grande classico, sia in versione bianca che con il pomodoro.
Qui le scuole di pensiero non sono unanimi. C’è chi preferisce i tubettini o anche la pasta un po’ più doppia.
Pasta di stagione primaverile, gradita però tutto l’anno.
Altro grande classico sempre gradito in città. In campagna si usano le lagane, ma dentro le mura rigorosamete pasta mischiata. L’unico caso in cui si allunga un po’ da popter mangiare con il cucchiaio
Anche in questo caso ci sono le alternative: le lumachine, gli spaghetti spezzati o i tubetti,
Pasta e zucca, a Napoli non ha sapore dolce perché si usano sale e peperoncino!
E voi che ci leggete, avete altri suggerimenti?
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