di Fabiola Quaranta
Come chissà quanti, ho il Covid. Sono a casa ovviamente, in isolamento. Un periodo di fermo forzato, mentre fuori il mondo gira, certo non proprio in modo regolare, la vita va a singhiozzo, scandita dai tamponi, dalle attese, e dalla fiduciosa speranza che il pronti…via! sia notizia del giorno, per potere tornare alle frenetiche attività del quotidiano.
Rallentare, però, può rivelarsi talvolta un’occasione, nell’ottica dell’antico carpe diem, per ritrovare un ritmo che ci consenta di soffermarci sulle azioni che tutti i giorni facciamo senza troppo pensare, come degli automi. Tra queste, la cucina. Prepariamo da mangiare ogni giorno, ma non abbiamo quasi mai il privilegio di farci troppe domande, perché il tempo è un bene che scarseggia sempre e anche il cucinare richiede velocità, senza troppo indugiare su curiosità e vezzi vari delle pietanze che scegliamo per i nostri pasti.
Oggi, nel tempo dilatato della mia permanenza forzata a casa, complice il clima invernale e il gelo tipico dei giorni della merla, ho deciso di preparare pasta e ceci.
A dire il vero, l’ho deciso ieri sera, eh sì perché il legume secco richiede un tempo di ammollo minimo di dodici ore, non contempla la velocità richiesta a chi lavora e vive a mille tra figli, casa e faccende varie da sbrigare.
Approfitto di questa pausa per approfondire la mia conoscenza di questo legume che mangio da sempre; pasta e ceci la faceva mia mamma, ancor prima mio nonno, aggiungendo dei pomodorini come da sua tradizione lucana, perché altrimenti il piatto gli appariva troppo “pallido”.
Invece a me la pasta e ceci piace proprio bianca, alla napoletana, semplice semplice, con aglio e peperoncino a sfrigolare nel coccio, la pentola in terracotta che si presta molto bene alla cottura lenta e graduale, e quell’aspetto tipico della minestra che oggi chiameremmo comfort food proprio per il suo peculiare valore consolatorio.
Scopro leggendo che al cece è legata un’antica leggenda basca e sperando di farvi cosa gradita, ve la riporto. Nei Paesi Baschi esiste la convinzione che i ceci aiutino a sfuggire al demonio.
Quando si è inseguiti da satana, infatti, se si scaraventa a terra una manciata di ceci abilmente custoditi in tasca, lo stesso sarà costretto a fermarsi per contarli, dando così al fuggitivo il tempo di sparire. Questo riferimento al folklore popolare viene raccontato in una pellicola recente spagnola, Errementari, diretta da Paul Urkijo Alijo e ispirata alla fiaba europea “Il fabbro e il diavolo”.
Secondo alcune leggende, infatti, se si lascia oggetti piccoli o sottili in grande quantità, la creatura malefica sarà costretta a contarli. Nel film sono i ceci, ma ad esempio nella cultura napoletana, le Janare, streghe malefiche, sono costrette a contare i fili di paglia delle scope.
Ma pensa! Non basterebbe una vita per soddisfare la curiosità e studiare, documentarsi e rendere anche una semplice pasta e ceci una fonte di notizie.
Oggi la creatura malefica non avrà scampo, caro Covid, hai le ore contate, comincia a contare i ceci…
Pasta e ceci azzeccosa alla napoletana
Di Fabiola Quaranta
Tempo di preparazione: 13 ore e 20 minuti
Tempo di cottura: 1 ora
Ingredienti per 5 persone
- 400 gr di pasta. Io ho usato le orecchiette, ma molti usano la pasta mista
- 400 gr. Ceci secchi
- Olio evo q.b.
- 2 spicchi di aglio
- Peperoncino q.b.
- Prezzemolo una manciata
- 400 gr. pasta secca
Preparazione
Lasciare i ceci in ammollo in acqua in una pentola larga, per 8/12 ore.
Lavare e cambiare l’acqua e cuocere a fuoco lento, senza salare, fino a che avranno raggiunto la consistenza desiderata.
Soffriggere in olio evo gli spicchi di aglio e il peperoncino
Aggiungere i ceci con la loro acqua di cottura, regolare di sale
Cuocere la pasta nella stessa acqua.
A me piace un risultato asciutto, come si dice a Napoli “azzeccato”, se il vostro gusto predilige una minestra più brodosa, aggiungere acqua a piacimento ed, infine, il prezzemolo tritato.
Buon appetito!
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