Ricetta cult. I friarielli o i vruoccoli? Tutto sulle cime di rape

Pubblicato in: I miei prodotti preferiti

A guagliona, era na’ rapa.
Nun teneva proprio capa;
quanno jeva dint’a scola
nun capeva ‘na parola.
Quanto soffro, nun se sape
(s’a chiagneva, ‘a cim’e rape).
E’campà nun me ne firo..
Sa che faccio? I’ mò m’acciro!”
Ditto nfatto, ‘a copp’o scuoglio
se menaje pe dint’all’uoglio.
Ma chest’uoglio era vullente.
Che dulore, che turmiente!
“E mò sì, ca songo fritte!”
Vrucculè, stateve zitte!
Ora site  assai chiù belle:
diventaste friarielle!”

(Friarielli.it by Nojob s.r.l )

La disputa che si innesca , quando nelle serate d’inverno ci si ritrova davanti al camino a parlare di enogastronomia tipica della Campania con gli amici napoletani, verte quasi sempre sulla natura dei “friarielli” ( per loro partenopei ), “vruoccoli” (per noi irpini ). Essi non sono altro che le cime delle rape.

Possono provenire da “Rape Catozze”, che sono bulbose, hanno cioè un bulbo interrato che assomiglia molto alla barbabietola da zucchero ed in tal caso, sono esclusivamente invernali , ricacciano e quindi i friarielli si raccolgono più volte(almeno tre). Oppure possono essere le cime delle rape cosiddette quarantine o sessantine perchè impiegano intorno ai quaranta o circa sessanta giorni dalla semina per arrivare a maturazione, tali varietà hanno dei bulbi piccolissimi, appena pronunciati, e non ricacciano, quindi una volta raccolte le cime, la pianta non è più produttiva.

C’è da dire che, organoletticamente, le cime più saporite sono quelle della rapa catozza, infatti in essa quel particolare gusto aromatico-amarognolo è molto più marcato. Per ottenere i friarielli quindi, si prendono solo le cime più tenere ed appena un pò di gambo, che deve comunque essere tenerissimo , data la cottura veloce praticata.

Si lasciano andare a fuoco vivo ( devono scoppettiare) nella padella insieme alla consueta salsiccia per dieci minuti, poi si scoprono, altri due minuti e sono pronti.

Ed il resto della pianta? Non si butta! L’operazione preliminare della mondatura oltre che a togliere eventuali foglie secche o danneggiate, serve anche a selezionare le varie parti che saranno destinate ai possibili piatti, in relazione alle diverse attitudini.

E quindi, i gambi, se non sono molto duri, vengono spaccati in quattro e lessati separatamente e successivamente usati per fare una salsa per condire la pasta insieme ad acciughe salate e ,se vi va, qualche cappero.

La parte centrale può servire per fare l’insalata di broccoli, con un ottimo olio extravergine di oliva, magari il Ravece dop, Colline dell’Ufita, sale e limone.

Le foglie, invece, le potete lessare e premendole con le mani, fare delle palle a mò di Mallo di noce (di qui, Mallone vedi ricetta).

Un’altra preparazione, che è più irpina che napoletana, è “vruoccoli e sarache” (cime di rape e aringhe affumicate).

Occorrono, come per i friarielli, dei quali questa ricetta è la cugina, le parti più tenere, sempre per la cottura veloce alla quale saranno sottoposte.

Infatti, dopo aver portato l’olio nel quale avrete sminuzzato un’aringa e qualche aglio alla temperatura giusta, potete calare direttamente le cime di rape appena lavate, in una padella piuttosto larga, coprite per dieci minuti, scoprite per altri due minuti ed il piatto è pronto da degustare, non senza il fatidico “pipillo curato” che sarebbe un peperoncino piccante messo sott’aceto come per le papaccelle o pupacchie, che dir si voglia, e che ha la funzione di riequilibrare il piatto troppo sbilanciato sulla tendenza amarognola-aromatica. In abbinamento su questo piatto, mi piacerebbe un Aglianico barricato Filadoro 2008, che nonostante la relativa giovane età, ha morbidezza ed intensità tali da arginare le durezze e l’aromaticità del piatto.

Ricetta di Tenuta Montelaura


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