Come si fa il coniglio all’ischitana
di Bruno Macrì
In una fresca serata di inizio settembre, l’invito per una cena a base di coniglio all’ischitana è nella bella casa di Mario “Tramontana” e Marilena Iacono, immersa nella campagna di Forio.
Mario, storico capo-giardiniere del parco termale Giardini Poseidon, assessore comunale con delega al verde pubblico, è persona schietta e divertente. Marilena, invece, è una donna giunonica, tutta votata alla casa, ai fornelli ed ai figli, proveniente da una famiglia di Torre del Greco, ma nata e vissuta ad Ischia, per la precisione a Casamicciola.
Arrivo intorno alle 18,00, munito di blocco appunti e macchina fotografica per non perdere neanche un istante della ricetta del coniglio all’ischitana. Sarebbe, in verità, più preciso parlare di una delle tante interpretazioni del coniglio all’ischitana, di cui Marilena è una grande e riconosciuta interprete. Tanto è vero che, alcuni anni fa, ha partecipato al programma “La prova del cuoco”, vincendo la gara per il miglior coniglio all’ischitana a giudizio unanime di Beppe Bigazzi e Gianfranco Vissani.
Il tema delle erbe
A questo punto bisogna aprire un inciso: le ricette del coniglio all’ischitana fondamentalmente si somigliano tutte, ma la vera e sostanziale differenza risiede nell’utilizzo delle erbe aromatiche. Possiamo affermare che esistono due scuole di pensiero in merito: la parte occidentale dell’isola, quella zona compresa tra Forio e Serrara Fontana, utilizza la “peperna” (timo) e la maggiorana, mentre la parte orientale dell’isola (Ischia, Casamicciola, Lacco Ameno, Barano) utilizza solo prezzemolo e talvolta del basilico. Ne consegue, ovviamente, che la versione occidentale risulti decisamente più speziata di quella orientale. Tutte e due le scuole di pensiero convincono per le motivazioni addotte: gli occidentali sostengono che maggiorana e “peperna” si sposano divinamente con le carni dell’animale, mentre gli orientali affermano che le carni del coniglio isolano siano già profumate dalle erbe che hanno consumato in vita e quindi è pratica superflua aggiungere altri odori. Marilena sposa la tesi occidentale, anche se utilizza solo maggiorana senza “peperna” che, a suo dire, insieme creerebbero solo contrasti di sapori.
Il peso ideale di un coniglio non deve mai superare i 1700 grammi da vivo. Non vi è famiglia isolana che acquisti il coniglio in macelleria, né tantomeno al supermercato. Tranne qualche raro coniglio di fosso, si consumano soprattutto “conigli di casa”, quelli cresciuti in gabbie cibandosi di erbe spontanee.
Torniamo a casa “Tramontana”. I conigli sono stati macellati la sera prima, appesi ad un gancio per qualche ora in modo da liberarli dal sangue in eccesso. Poi riposti in frigo in un colapasta per un’intera giornata, per eliminare il sangue residuo e rassodare le carni. Tolti dal frigo, i conigli con le carni ben rassodate, si lasciano tranquillamente tagliare a pezzi. Un coniglio viene diviso almeno in dieci pezzi.
Ogni pezzo ha un nome preciso: dalla testa (‘a capa) – di cui a volte si conservano anche le orecchie, divisa in due metà – il collo, “‘u stutacannele” – letteralmente lo spegni-moccolo, ovvero le spalle che sorreggono il collo – poi in successione “‘a carena” – il pezzo con le costole – a seguire tre “piezze ‘e mieze” (pezzi di mezzo), uno dei quali con “‘e palline” (reni) ancora attaccati. Lateralmente, nella parte superiore, “‘e cosce ‘e nanze” (le cosce anteriori), inferiormente “‘e cosce ‘e rete” (le cosce di dietro). A chiudere il codino. Dall’interno dell’animale altri pezzi, decisamente quelli più contesi: il fegato e gli “‘mbruglitielli”. Questi ultimi altri non sono che involtini fatti con gli intestini della bestiola. Una vera leccornia, frutto di un lungo e delicato lavoro.
Aperto il ventre del coniglio si estraggono gli intestini, con delle forbici si aprono per tutta la loro lunghezza in modo da eliminarne le feci. Da prima lavati con abbondante acqua corrente, poi messi in ammollo con acqua e sale, cambiando l’acqua più volte. Infine si lasciano spurgare in acqua e succo di limone fino al momento della preparazione. Anche il ventre viene trattato allo stesso modo. Una volta strizzati ben bene da tutta l’acqua, Marilena con gesti rapidi e sapienti avvolge gli intestini attorno a ciuffi di prezzemolo, formando degli involtini che saranno poi cotti come gli altri pezzi.
Altra operazione preliminare (facoltativa e fatta solo se si hanno ospiti speciali, come per l’occasione) è quella di imbottire le cosce di dietro. Mario, con il coltello da insertatore, che da buon giardiniere porta sempre appresso, pratica un taglio nella parte superiore della coscia, nel quale inserisce della maggiorana, pezzetti di aglio schiacciato, peperoncino e sale. Sutura la ferita con stuzzicadenti ed il gioco è fatto.
A questo punto si passa finalmente ai fornelli. Si versa dell’olio da frittura (preferibilmente semi di arachidi) in una padella, e appena è ben caldo si mettono i pezzi di coniglio a rosolare. In varie manches vengono fritti separatamente, prima le cosce di dietro, poi quelle davanti, poi i mezzi di mezzo, per finire con i colli, le teste, i codini ed, infine, gli intestini. Il fegato non va fritto, altrimenti indurisce troppo. I pezzi vanno girati una sola volta e sempre con posate di legno, quelle di acciaio potrebbero bucare la carne. La rosolatura è fondamentale per un buon risultato finale. Una volta formatasi quella crosticina dorata su entrambi i lati, i pezzi si scolano dall’olio in eccesso su carta assorbente in attesa di essere trasferiti nel tegame di creta.
Dalla credenza viene tirato fuori un vecchio tegame di creta (‘u tiane) a quattro manici, la capacità della pentola è per quattro conigli. Infatti, sull’isola d’Ischia per definire la taglia di un tegame di creta in cui cuocere carni e ragù in genere si usa come unità di misura il coniglio. Al momento dell’acquisto il venditore vi chiederà se volete un “tiano” da due, tre, quattro o “n” conigli. Anche il “tiano” di creta è fondamentale per il risultato finale.
Quindi, posto sul fornello il tegame di creta, si versa abbondante olio d’oliva extra vergine (circa mezzo bicchiere a coniglio), e appena è caldo si aggiunge dell’aglio buono (per ogni coniglio 4 spicchi schiacciati ed una testina intera “vestita”), poi si mettono i pezzi di coniglio, gli intestini, il peperoncino fresco e si lascia cuocere per una decina di minuti a fuoco medio. Si uniscono per ogni coniglio 5 pomodorini rigorosamente aperti con le mani ed il sale. Trascorsi ancora dieci minuti, si innaffia il tutto con il vino: per ogni coniglio due bicchieri di vino bianco, che, per rimanere nel territorio, è un blend di biancolella e forastera vendemmia 2009 di Mario “Tramontana”. È giunto anche il momento di unire i fegati e la maggiorana, per poi proseguire la cottura fino alla fine. Complessivamente nel “tiano” il coniglio deve cuocere circa un’ora, sempre a tegame scoperto ed a fuoco medio.
Nel frattempo, Mario si è allontanato per recarsi nell’attiguo orto. Torna con bel “canestro” colmo di pomodori da insalata, basilico, melanzane, peperoncini verdi e sedano. Da una pertica appesa tra i rami di un limone sfila un paio di teste di cipolla, di quelle dolci e lunghe, tipiche di queste parti. Dalla dispensa Mario tira fuori un barattolo di melanzane sottolio, il cui assaggio conferma l’ottima impressione che avevo avuto nell’esame olfattivo e visivo. Tutti questi ingredienti, insieme alle patate cotte al mattino, serviranno per preparare la classicissima “insalata cafona ischitana”. Forse è superfluo dire che tutte le materie prime, ma proprio tutte, sono “di casa”, definizione che qui equivale ad un autentico marchio d.o.p. a garanzia del consumatore.
Mentre i conigli continuano a cuocere, Marilena inizia a pelare e tagliare le patate (anche queste “di casa”) a tocchi generosi, le lascia in acqua per poi friggerle: è questo il più classico accompagnamento del coniglio all’ischitana.
Una volta cotti i conigli, i vari pezzi vengono travasati in capienti piatti da portata, lasciando quasi tutto il sughetto sul fondo del “tiano” insieme a qualche sfilaccio di carne che renderà l’intingolo ancor più ricco e saporito. Il sughetto servirà per condire i bucatini (qualcuno preferisce le pennette lisce), uno dei matrimoni meglio riusciti della cucina isolana.
Finalmente è giunto il momento di sedersi a tavola, collocata sotto una fresca pergola di limoni. Vengono da prima serviti i bucatini, la cui cottura è perfetta, “sciuliarielli” come vuole la tradizione. Il sughetto è a dir poco sublime: cremoso balsamo dal colore ambrato, profumato, piccante al punto giusto. Quasi tutti bissano, o addirittura trissano il primo piatto. Arriva poi il coniglio. Ognuno prende ciò che vuole dai piatti di servizio. Nel mio piatto finiscono: una coscia imbottita, due “’mbruglitielli”, un fegato. Poi si fanno altri giri per assaggiare i vari pezzi, tutti buonissimi. I piatti da portata, compreso il “tiano” con i bucatini, ritornano in cucina perfettamente ripuliti per l’effetto di generose “scarpette” con un fragrante pane del Ciglio, lievitato col “criscito”. Dei tre conigli (per otto persone!) non rimane traccia. Le patate fritte di accompagnamento sono all’altezza. L’insalata preparata da Mario è semplicemente commovente: racchiude in sé la straordinaria ricchezza di un territorio troppo spesso martoriato e mortificato.
Per rimanere nel territorio, si sorseggia con le Cantine Antonio Mazzella, un produttore isolano che da anni sta facendo grandi cose. Si parte con due crus bianchi, il “Vigna del Lume” (biancolella) ed il “Villa Campagnano” (biancolella e forastera), per poi proseguire con un rosso giovane e fresco “Per ‘e Palumme”.
La chiusura è pirotecnica. Marilena porta in tavola un sontuoso babà, manco a dirlo fatto da lei. Questa volta, però, ci abbiniamo un forestiero “Moscadello di Montalcino” di La Poderina, fantastico e viscoso vino dolce toscano.
Dove mangiare il Coniglio all’ischitana
Qui l’articolo sul coniglio di fossa, presidio Slow Food
Coniglio alla ischitana
Di Bruno Macri
Tempo di preparazione: 15 minuti
Tempo di cottura: 30 minuti
Ingredienti per 4 persone
- Coniglio all’ischitana – la ricetta di Marilena
- Ingredienti (6 persone):
- 2 conigli “di casa” di peso netto non superiore ai 1200 grammi, compresi intestini puliti e fegati
- 10 pomodorini datterini
- 8 rametti di maggiorana fresca
- 4 bicchieri di Ischia Bianco Superiore
- 1 bicchiere abbondante di olio extravergine
- Olio di arachidi per friggere
- Sale q.b.
- Abbondante prezzemolo per gli intestini
- 2 peperoncini freschi
- 3 teste di aglio buono (non cinese)
- un tegame di creta da due conigli usato (fondamentale)
- Insalata cafona ischitana – la ricetta di Mario “Tramontana”
- Ingredienti (6 persone):
- 6 patate lesse
- 6 pomodori da insalata
- 10 peperoncini verdi dolci
- Basilico fresco
- Melanzane sottolio
- Un cuore di sedano fresco
- 1 melanzana cruda tagliata a cubetti
- 2 cipolle bianche o di Tropea, tagliate a fettine, messe in ammollo in acqua per circa 1 ora ed aggiunte solo all’ultimo momento
- Olio extra vergine
- Sale q.b.
Preparazione
Leggete il testo del post