Ricetta aristocratica borbonica. Cerino di Bucatini alias Timballo Flammand

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Forse nessuna ricetta come questa, sontuosa e complicata,  riassume l’inflenza delle tecniche francesi dei monzù sulla tradizione napoletana e, al tempo stesso, l’uso della pasta che entra nelle preparazioni per i ricchi. Da notare che il grasso usato è il burro con il latte. L’olio d’oliva era sostanzialmente estraneo alla cultura gastronomica partenopea nell’800. Ce la racconta il delegato di Napoli del’Accademia della Cucina Italiana.

di Vincenzo del Genio*

Sono un Notaio a riposo, delegato di Napoli dell’Accademia Italiana della Cucina, fondata da Orio Vergani nel 1953 per tutelare le cucine regionali contro il predominio dell’allora imperante cucina francese.

Mi permetto, in questa sede, di segnalarvi la ricetta di uno dei piatti più raffinati della cucina “aristocratica” partenopea, elaborato dai cuochi di corte di Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV di Borbone: il  “Timballo Flammand”, ribattezzato, “Cerino di bucatini” dal giornale “Panorama”, così come riferito da Franco Santasilia di Torpino nel suo “La cucina aristocratica napoletana”. (1987) .

Si tratta, come dice il nome, di un timballo di bucatini,  che presenta la caratteristica peculiare ed unica nel panorama della cucina meridionale di essere “fiammante”: quando viene servito in tavola, cioè, presenta al centro una fiamma (appunto, il “cerino”). Da una tradizione orale, peraltro, risulta che al posto del “cerino” veniva utilizzato un guscio d’uovo riempito di alcol, che veniva acceso al momento di servire in tavola; ritengo veritiera quest’ultima versione, per l’effetto scenografico molto più “flamboyant”  rispetto a quello del cerino. Immaginate la scena: un grande salone reale, con tavola riccamente imbandita per quarantotto o per novantasei persone, con i valletti che portano, innalzato sopra le teste, una pietanza che fumiga, al modo del Vesuvio !
Doveva essere il più bel piatto della corte borbonica – e quindi, d’Europa ! Non si dimentichi che all’epoca Napoli era, culturalmente e per sfarzo, tra le più importati capitali europee, dotata della Reggia di Caserta, paragonabile a quella di Versailles.

Non è assolutamente un piatto di semplice realizzazione, ma spero che cuochi e semplici  lettori interessati vogliano cimentarsi nell’ impresa.

Riporto, dunque, la ricetta, estratta dal citato libro di Santasilia di Torpino.

Concludo con una vecchia asserzione: per costruire il futuro, è indispensabile valorizzare il passato, o, per dirla con il poeta: il futuro ha un cuore antico.

*Delegato Napoli Accademia della Cucina

Cerino di Bucatini

Di Luciano Pignataro

Ingredienti per 10 persone

Preparazione

Con la polpa di manzo, le ossa, le cipolle, la carota, il sedano e l’olio di oliva, sale q.b., si prepara un classico sugo di carne;
successivamente, con 75 gr. di farina e 50 gr. di burro, mescolati insieme sul fuoco, preparare un “roux” bianco con il quale addensare il sugo di carne.
Per il ripieno, preparare prima di tutto, le polpettine con 150 gr. di vitello macinato, un uovo intero, il parmigiano grattugiato (60 gr.), il sale ed il pepe.
Ogni polpettina, del diametro di circa 1,5 cm., andrà leggermente infarinata.
Friggere nel burro le polpettine e conservarle.
Cuocere i funghi con un po’ di burro in una padella coperta ed a fuoco moderato.
Evaporata l’acqua di vegetazione, rosolarli con mezzo bicchiere di Marsala secco.
Cuocere in padella a fuoco vivo il petto di pollo, con un cucchiaio di olio e, a fine rosolatura, bagnarlo con mezzo bicchiere di Marsala fino all’ evaporazione.
Tagliare a listarelle i funghi, il petto di pollo, la lingua salmistrata, il tartufo nero ed il prosciutto cotto. In una casseruola, riscaldare il sugo di carne preparato ed addensato in precedenza, ed unirvi le polpettine, gli ingredienti tagliati a listarelle e mescolare per 5 minuti a fuoco lento.
Per la farcia, preparare mezzo litro di besciamella molto densa e farla riposare fino al raffreddamento.
Tritare due volte i petti di pollo ed impastarli successivamente ij una ciotola con la besciamella, il parmigiano (due cucchiai), i tre tuorli d’uovo, la noce moscata, sale e pepe.
Per preparare, infine, il timballo, munirsi di uno stampo semisferico (una zuppiera) del diametro di cm. 20 circa e dell’altezza di cm. 12 circa ed imburrarlo generosamente all’interno.
Cuocere i bucatini in abbondante acqua salata, scolarli dopo 5 muniti di cottura e distenderli su un panno. Foderare lo stampo con i bucatini inserendoli ad uno ad uno, iniziando dal fondo dello stampo (al centro) ed avvolgendo a spirale su se stesso il primo bucatino; continuare la spirale accostando di testa bucatino dopo bucatino, fino a raggiungere il bordo dello stampo.
Abbondante burro a portata di mano faciliterà l’operazione di foderatura.
Rivestire, poi, lo strato di bucatini con la farcia di pollo, che costituirà la struttura portante del timballo.
Tagliare tutti i bucatini rimasti a lunghezza di 4-5 cm. e mescolarli bene in una ciotola con il ripieno preparato in precedenza.
Riempire, infine, il timballo con il composto ottenuto.
Preparare un recipiente capace di accogliere lo stampo rovesciato a bagnomaria e cuocere il tutto in forno riscaldato per circa un’ora.
Estrarre il timballo dal forno, rovesciarlo sul piatto di portata, lasciarlo riposare per qualche minuto, ed infine, sformarlo con delicatezza prima di servirlo.
Guarnire il tutto con le listerelle di prosciutto, lingua salmistrata e tartufo nero conservate in precedenza.
Come certamente avrete notato, avrei potuto eliminare alcuni passaggi della ricetta, ma non l’ho fatto, con la speranza che molti lettori si cimentino nell’impresa: è un piatto eccellente e di grande effetto, realizzato in una totale armonia di sapori e che fa onore alla cucina meridionale.


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