di Antonino Siniscalchi
Ristoranti aperti a pranzo e a cena, ma solo in spazi all’aperto. In più il coprifuoco alle 22. Insomma, è giusta la riflessione social di Alessandro Siani. «Nientedimeno, quando uno si siede e il cameriere ti chiede “cosa le porto?” Tu rispondi “o cunt e nu limoncell, fratè”». Interrogativi senza risposte, speranze e incertezze, limitazioni e preclusioni che rischiano di compromettere la stabilità di aziende che hanno costruito la loro immagine nel tempo, dove stelle Michelin e riconoscimenti internazionali, caratterizzano insegne famose nell’orbita dell’alta gastronomia nel mondo.
Da Vico Equense a Massa Lubrense, chef stellati e ristoratori, con una consolidata tradizione di qualità e ospitalità, non accantonano l’idea di una brillante ripartenza, ma sono disorientati proprio da incertezze, limitazioni e preclusioni. «Si continua a generalizzare sul nostro settore – spiega Peppe Aversa, patron del locale stellato “Il Buco” -. Nei nostri ambienti, l’ospite non trova solo grandi piatti, ma un insieme di valori, tra cui il piacere di stare a tavola. È impensabile che tutto questo si possa concretizzare con l’utilizzo dei ristretti spazi esterni o con limitazioni nel tempo di permanenza nel ristorante». Condivide queste perplessità anche chi ha la possibilità di ampliare l’offerta gastronomica con strutture «open air».
«Chi non ha l’opportunità di allestire tavoli all’aperto è destinato a fallire – sottolinea Peppe Guida, chef stellato con lo storico “Nonna Rosa” locale stellato di Vico Equense -. Noi abbiamo a Villa Rosa a Montechiaro ampia possibilità di offrire agli ospiti servizi all’aperto, ma bisogna comunque adeguarsi alle condizioni meteo. Senza dimenticare che il wedding, i banchetti, i meeting, settori che rientrano nella ristorazione, sono praticamente sfumati». Lo chef vicano, diventato celebre con i piatti della cucina mediterranea rappresentati sui social e descritti nel libro «Le ricette di casa mia», tuttavia, conserva il sorriso e l’ottimismo della ragione e programma, congela temporaneamente «Nonna Rosa» e pianifica la ripartenza a «Villa Rosa» e la collaborazione con prestigiose aziende ricettive come il resort «Le Axidie» a Vico Equense e l’hotel «Saline» a Palinuro.
L’entusiasmo non manca, ma prevale la consapevolezza della situazione contingente. «In virtù di ciò che stiamo vivendo da ormai oltre un anno – dice Gennaro Esposito, chef stellato del ristorante “Torre del Saracino” -, dobbiamo ammettere che anche per le istituzioni questo è un momento complesso, visto che sono chiamate al difficile compito di dover decidere tenendo conto da una parte della salute di tutti e dall’altra della sopravvivenza di alcuni settori strategici della nostra Regione. Per quanto mi riguarda, e questo prescinde da ogni valutazione di merito, non vedo l’ora di riaprire non appena gli orizzonti saranno più chiari, con rinnovato e anzi crescente entusiasmo».
Dall’eremo collinare di Sant’Agata sui due golfi, Ernesto Iaccarino nella cucina di «Don Alfonso 1890» sperimenta nuovi piatti e guarda alla riapertura con uno sguardo alle restrizioni. «Con queste norme – spiega – si rischia di perdere competitività con gli altri mercati europei votati al turismo. Se ci sono paesi che attuano offerte Covid free, noi rimaniamo tagliati fuori dai loro itinerari. Restano solo gli italiani, ma per giustizia nei loro confronti bisogna uniformarsi per dare serenità e tranquillità con tutti gli operatori vaccinati. La vaccinazione rimane l’unica strada per ripartire in sicurezza». Concentra le attenzioni sui problemi sul tappeto l’Arl-Associazione ristoratori lubrensi.
«L’attuale situazione ci lascia seriamente preoccupati per l’estate e l’immediato futuro – osserva il presidente Francesco Gargiulo -. La mia domanda sorge spontanea, perché un albergo può disporre per i clienti che soggiornano nella struttura delle sale interne ed un ristorante non può aprire agli ospiti nonostante attui gli stessi protocolli?. Una preclusione irrispettosa per i ristoratori che non dispongono di spazi esterni».
Tra Nerano e Marina del Cantone gli operatori manifestano disponibilità al rispetto di regole per la sicurezza, ma aspettano certezze. «Ogni giorno – rileva Mariella Caputo della Taverna del Capitano -, con coraggio sosteniamo i nostri dipendenti e guardiamo con fiducia al futuro, consapevoli di doverlo ricostruire con le nostre forze. Chiediamo alla politica di adottare lo stesso spirito, con prospettiva e progettualità. Quanto è stato fatto finora non è sufficiente».
Un altro figlio d’arte, Fabrizio Mellino, programma la ripartenza con i genitori Antonio e Rita, pur consapevole delle difficoltà. «Vogliamo riaprire – afferma Fabrizio Mellino -. Abbiamo la disponibilità di allestire il servizio all’aperto, ma siamo sicuri che le restrizioni che ci vengono imposte sono in grado di salvare le nostre aziende?».
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