Ristorante Le George a Parigi
Presso il Four Season Hotel George V
31 Avenue George V
Tel.00 33 1 49 52 72 09
E’ sempre bello tornare in questo albergo che ha da tempo investito nella gastronomia con decisione. La prima volta, nel 2011, c’era ancora Bliffard, parliamo di Le Cinq, seguito dal bretone Christian Le Squer che centra la terza stella l’anno successivo al suo insediamento.
Nel 2016 ha aperto Orangerie di David Bizet e subito è arrivata la stella.
Ma noi siamo qui per la stella italiana di Simone Zanoni che ha conquistato anche la stella verde Michelin per l’attenzione all’ambiente e al tema della sostenibilità (a cominciare dall’acqua di rubinetto a tavola). Zanoni è l’ennesimo cuoco italiano, classe 1976, di Salò in provincia di Brescia, che conquista il successo nella capitale francese, una corrente sempre più imponente di fronte ad una continua richiesta. Da questo punto di vista la decisione del Four Season di aprire un ristorante italiano è davvero emblematica. Insomma, un palazzo delle meraviglie, questo Hotel, quasi al pari del Pavillon Ledoyen di Alleno che al momento vanta una stella in più grazie al bistellato giapponese ma non ha stella verde.
Al di là di queste stancanti valutazioni statistiche che solleticano solo gli addetti ai lavori, dobbiamo dire che è in questo momento uno dei migliori ristoranti per qualità/ prezzo del mondo che abbia visitato. Ristoranti intesi non solo come cucina, ma come contesto e, ovviamente, carta dei vini. I menu degustazioni costano 138 e 125 euro (vini esclusi) e c’è un menu lunch di tre piatti a 70.
Ci sono ovviamente piatti italiani, citiamo la cotoletta, ma è l’insieme dell’impostazione che Zanoni ha dato al menu che determina lo scatto in avanti: c’è una rivisitazione delle ricette classiche sempre all’insegna della freschezza, non c’è l’ossessione alla purezza della tradizione, ma la capacità di tradurre, tradere appunto, questo patrimonio regionale verso le tendenze moderne o comunque attuale e anche verso il gusto francese come dimostrano il monumentale risotto alla bouillabaisse o la tarte tatin di pomodori canditi con gelato di cacio e pepe dove la concentrazione del sapore viene cercata con determinazione a discapito della sua acidità, bilanciamento poi risolto con il gioco di temperatura del gelato al cacio e pepe che regge e fa da spalla all’ortaggio. Non manca il divertimento, come il tortello ripieno di carbonara molto gustoso in stile Heinz Beck.
Il limone manao di origine Thailandese entra nelle ostriche (ma anche nel risotto) e funge da esaltatore di sapore iodato dei frutti di mare oltre ogni limite e senza mediazione. Insomma, equilibrio quando ci vuole per esigenze ecumeniche, siamo sempre in un ristorante di albergo e non in un laboratorio gastronomico, ma anche la capacità e la volontà di osare, spingere, anche stupire.
Una cucina completa, matura, dotata di tecnica non esibita, mezzo e non fine, una italianità che emerge dalla cura del prodotto e non come stanca recita di un copione già visto a casa. Si gioca con l’olio, una purissima focaccia ben lievitata alla cipolla, deliziosa la crema bruciata che parla di una pasticceria moderna, non zuccherina, fresca, che rilassa e non appesantisce.
Una sola nota negativa riguarda la carta dei vini, che non può rinchiudere i rossi alla sola Toscana, Sicilia e Piemonte con tutto il ben di Dio che c’è nelle Marche, in Puglia, ma anche Lazio, Umbria Campania, Calabria. Insomma, va integrata assolutamente per essere completa. Non solo, mancano molti vini di fascia media che rendano la spesa abbordabile, così come si è ragionato sul lato food.
Una cucina moderna mediterranea, insomma, che ci è piaciuta molto e ci ha soddisfatto.
Il servizio è giovanile, agile, attentissimo ai dettagli, dal tovagliolo che cade al bicchiere di acqua vuoto.
Una grande ambasciata dello stile e del gusto italiano. Sicuramente oggi l’Italia fuori dall’Italia ha qualcosa qualcosa da dire non solo all’estero, ma anche allo stesso Belpaese.
Se siete a Parigi e volete godervi la bellezza di questo albergo a noi caro, come del resto il suo fratellino di Firenze, una puntata qua è obbligatoria e consigliabile.
Cosa si mangia a Le George a Parigi, i piatti di Simone Zanoni
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