ROTOLO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Sulla lunga distanza emergono le differenze sostanziali tra l’Aglianico irpino del freddo e quello cilentano del caldo. Mentre il primo mantiene sapidità e freschezza, il secondo tira fuori dolcezza e l’acidità inizia a cedere di fronte al peso della materia assegnata dalla pota verde e dall’annata.
Così, con qualche mese di anticipo rispetto a quanto avevamo scritto nella scheda precedente, è tempo di tirare fuori questa bottiglia, farla respirare anche un poco prima di berla, e consumarla.
Dopo dieci anni sembra essere ormai al capolinea, al naso terzi di cuoio e principio di ossidazione, colore mattone, in bocca ancora un buona freschezza ma assolutamente rientrata rispetto al resto del bicchiere con i tannini assoutamente risolti dal tempo che conferiscono al vino un imbatto morbido.
Restano fermi gli altri caratteri: struttura, finale lungo e pulito.
Un vino della tradizione, insomma, che a nostro giudizio in questa annata ha ormai espresso il meglio. Da bere con piatti della tradizione per farlo esaltare.
Un esempio, comunque, della straordinaria longevità di questa uva.
Scheda del 16 gennaio 2008. Anche l’Aglianico cilentano inizia a costruire la sua storia grazie alla decisione del tridente De Conciliis, Maffini e Rotolo di puntare con decisione su questa uva per affrancare la doc dall’indeterminazione varietale dalla quale molti terroir non sono riusciti a liberarsi restando nel completo anonimato. Appare chiaro infatti come la cultura delle bottiglie monovitigna sia sempre più affermata e apprezzata in Italia dove da tempo ormai si privilegia la possibilità di bere un uva in purezza o dichiarata tale piuttosto che blend improbabili: una regola a cui sfuggono solo alcuni terroir affermati e consolidati in cui la denominazione d’origine davvero è più forte della comunicazione possibile con le uve. Delle tre interpretazioni, direi che Maffini è il classico, De Conciliis l’innovazione, Rotolo il tradizionale. Certo, si tratta di una semplificazione giornalistica, ma penso renda bene l’idea di cosa ci si debba aspettare dalle bottiglie di questi tre bravi produttori che hanno cambiato il volto della millenaria cultura del vino cilentana imprimendo una svolta decisiva e finale. La conferma viene, in attesa di una prossima verticale di Cenito, da questa bottiglia messa a confronto con il Taurasi di Terredora e il Carato Venusio, sebbene questi del 1999.
Possiamo anzitutto direi che abbiamo trovato un colore granato vivo e pulito, senza residui, una impressione visiva confermata in stretta sequenza dal naso, integro e pulito con dolci spezie di legno e una buona presenza di confettura di frutta rossa, note balsamiche, e poi al palato dove il rosso si è conservato assolutamente fresco, dai tannini morbidi e vellutati, una beva perfettamente ovale con ingresso dolce, rapida discesa lungo i lati della lingua sostenuta dalla acidità, occupazione di tutto il palato e chiusura appena amarognola e molto pulita con molta lunghezza, il tutto confortato da grande intensità nasale e gustativa.
Possiamo dire un grande vino, in cui l’alcol di alta quota è comunque in assoluto equilibrio con tutte le componenti, l’elevamento di oltre sette anni lo ha portato ad una sorta di maturità statica, come quelle persone incapaci di invecchiare e sempre uguali a se stesse per la maggior parte della loro vita. Pur essendo un rosso di grande equilibrio, l’Aglianico di Alfonso è assolutamente abbinabile alle ricette della tradizione cilentana, lucana e calabrese in cui i sapori sono un po’ più spinti e radicali rispetto all’Irpinia e al Sannio per via di un uso più diffuso del peperoncino e dell’aglio sfritto oltre che delle erbe della macchia mediterranea. Direi che è il momento giusto per berlo, anche se è possibile attendere con tranquillità almeno altri tre o quattro anni prima di iniziare a fare i conti con la parabola discendente. Nonostante l’Aglianico del Cilento sia meno scorbutico e concettuale di quello delle tre zone di elezione, Taurasi, Taburno e Vulture, ha con essi dunque la possibilità di un infinito elevamento che, se curato e coccolato nei particolari (leggi tappo, più lungo affinamento in legno, attenta conservazione in cantina), può accompagnare gran parte della vita. Quella all’ombra degli olivi millenari già presenti quando i monaci basiliani invasero il Cilento con le loro Madonne nere e il bambino poggiato sulla sinistra, dalla parte del cuore.
Sede a Rutino, Via San Cesareo, 18. Tel. 0974 830050. www.alfonsorotolo.it Enologo: Alfonso Rotolo. Ettari: 5 di proprietà e 2 in fitto. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: fiano, aglianico, piedirosso.