L’Italia ha ancora tanta strada da fare.
I baristi hanno molto da imparare.
I torrefattori hanno molto da migliorare.
Ma, soprattutto, devono ancora imparare a conoscere davvero ciò che comprano.
Non abbiamo papille gustative geneticamente modificate: ci siamo solo abituati a bere caffè difettati.
Ci siamo abituati al gusto del caffè bruciato.
Ci siamo abituati ad aprire un bar chiedendo i soldi al torrefattore.
Ci siamo abituati a scegliere un bar solo se ha la macchina a leva, altrimenti “non è buono”.
Ma non è tutto così.
Report ci tiene particolarmente a mostrare una realtà parziale, una sola versione.
Mi dispiace che non abbiano bussato alla nostra porta, a Salerno.
Nel 1992 abbiamo chiuso la finanziaria e abbiamo creduto fortemente che il barista è un professionista che deve chiedere al torrefattore informazioni sul prodotto, sulla sua origine, sulla sua lavorazione e non soldi per ristrutturare i bagni.
Dal 1998, con la nascita della nostra Accademia, da ben 27 anni, parliamo proprio di questo. Di cosa significa qualità nel caffè. E fino ad oggi abbiamo formato più di 20.000 professionisti del settore. Non sono extraterrestri ma persone normali che hanno solo scelto di voler capire di più.
Il barista è l’anello di congiunzione tra il nostro lavoro di torrefattori e il consumatore. Ha un ruolo fondamentale nel trasferire la conoscenza della filiera.
Una filiera lunga migliaia di km di distanza, dalle piantagioni tropicali arriva dentro ogni bar del mondo. E diventa 25ml di liquido magico, di cui la gente non sa stare senza, nonostante non ne conosce la maggior parte degli aspetti.
I primi a non conoscere il caffè sono i torrefattori, poi i titolari del bar e quindi poi i baristi. Non si conosce la provenienza e la tipologia del caffè che viene servito. In realtà non la si chiede neanche.
L’importante è ricevere le attrezzature in comodato d’uso. Gli ombrelloni per gli esterni, la lavastoviglie, il produttore di ghiaccio e un finanziamento magari a fondo perduto.
Ma al caffè chi ci pensa davvero?
Come torrefattori abbiamo il dovere di formare i nostri clienti e di far trasferire la qualità ai consumatori finali.
Ognuno di noi, dal torrefattore al barista fino al consumatore, deve iniziare a informarsi per avere un caffè di qualità e un mondo migliore.
*Antonia Trucillo è una delle persone più conosciute nel mondo del caffè italiano. Lavora nell’azienda di famiglia, gira il mondo ed è in continua formazione. Stamane ci è capitato il suo intervento, fra i millemila che abbia letto sulla puntata di Report e abbiamo deciso che meglio non avremmo potuto esprimere il nostro pensiero.
Il servizio di Bernardo Iovene, efficace e ficcante come sempre, a mio modesto parere trascura però proprio quello che è il male oscuro del caffè italiano. Ossia la stretta correlazione fra scelta del caffè e finanziamento dei bar da parte della torrefazione. Questo intervento mette il dito in questa prassi, sicuramente legittima, ma che però, a nostro avviso, crea un circuito chiuso ed impermeabile alle novità. Persino la Coca Cola è più attenta ai temi della gastronomia!
Sul rapporto fra gusto e difetto ci sarebbero da scrivere saggi, sono discussioni in corso anche nel mondo del vino e della cucina da sempre. Magari, in vecchiaia, scriveremo un libro sul gusto ai tempi della globalizzazione, anche se nessuno lo leggerà.