Reggio Emilia, Caffé Trattoria La Morina

Corso Garibaldi, 24/d
tel: 0522.431140
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso: il lunedi

di Virginia Di Falco
Se viaggiate un po’ depressi sulla Milano-Bologna assediata da industrie ecco un posto di tradizione dove scaldarvi il cuore, lo stomaco e la mente nel modo giusto e a buon prezzo.
Dopo tanti anni trascorsi a cucinare sulle navi e gestire locali più o meno alla moda del centro di Reggio, Giuliano Davoli ha deciso di aprire La Morina, una trattoria che lo riportasse alle origini. Quelle tradizionali della cucina della nonna, alla quale ha dedicato il suo locale, aperto esattamente un anno fa nel centro storico, in corso Garibaldi.

Il caffè trattoria La Morina, ricorda nell’impostazione e negli arredi gli ambienti semplici degli anni ‘50 e ’60, con una zona bar posta all’ingresso, una saletta interna riservata e un ambiente centrale più ampio con una quarantina di coperti. La cucina, a vista, è in fondo alla sala; pavimenti e vetrate con tendine di pizzo sono volutamente demodè.
Giuliano, coadiuvato da Daniela in sala, dell’oste di una volta ha proprio il phisique du role (ma non gli piace essere fotografato). Dai fornelli fa tappa fissa a ciascuno dei tavoli per chiedere se tutto va bene, spiegare l’origine di un prodotto, raccontare una ricetta e, soprattutto, chiacchierare. Atmosfera cordiale e informale, dunque, per un menu solido e ben strutturato. Il biglietto da visita sono i vassoi sul banco all’entrata della sala, con l’ABC della cucina reggiana: tagliatelle all’uovo da una parte e ciccioli dall’altra.

Per cominciare un pezzetto di erbazzone (torta salata tipica, composta da un fondo di pasta riempito da un impasto di bietole, cipolla, aglio, lardo, prezzemolo e parmigiano reggiano) o una fettina di polenta abbrustolita con pancetta.

Tra i primi, tortelli verdi e di zucca o, per continuare con le «minestre» da manuale, i cappelletti in brodo di cappone, di grande gusto e conforto, serviti nella scodella.

Una specialità sono i maccheroncini al ragù di lumache.

I secondi piatti sono tutti impegnativi, dal punto di vista delle calorie. Ma sono anche il prodotto ultimo di materie prime di qualità, di ricerca di quelle migliori, di cotture lente e pazienti, come nel caso dello stracotto di ganassina, che richiede almeno 5 ore.
Molto buona la trippa alla reggiana con un battuto di carote, sedano, cipolle un po’ di concentrato di pomodoro e un’oncia di burro e, ovviamente, tanto parmigiano — qui e ovunque quello stagionato trenta mesi.

E ancora, polpette di ripieno (con la carne del bollito misto), baccalà in umido con polenta, spallotto con cipolline al vino rosso.

Incredibilmente in un posto così chi è vegetariano non è spacciato: lo sformato di zucca della Bassa con fonduta leggera di parmigiano è ottimo e poi c’è sempre il pecorino DOP, come quello di Succiso, servito con il miele di montagna.

Le etichette in lista e in degustazione sono canonicamente un omaggio al Lambrusco e i dolci tutti casalinghi: zuppa inglese, crostate di confettura, strudel di mele con lo zabaione, torta al cioccolato.
Tavolate di famiglie e amici si alzano sazie e contente, vengono qui perchè conoscono Giuliano e riconoscono i sapori.
Conto sui 30 euro, consigliata la prenotazione.

 


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