Bisogna essere il pronipote di Pasquale Palumbo per volere, fortissimamente volere, il rosato nella propria produzione e vincere la resistenza di un bravo enologo come Angelo Valentino che, da buon irpino purosangue, appena arrivato all’Hotel Palumbo per ridisegnare la storica cantina dello storico albergo di Ravello, non aveva mai preso in considerazione questa possibilità dell’uva nel bicchiere. Marco Vuilleumier ha detto addio singhiozzando alle vecchie botti grandi, ha subìto l’ingresso delle invadenti barrique nella mitica cantina di via San Giovanni del Toro, ma non ha ceduto sul rosato, memore della grande stagione vissuta negli anni ’60 in Costiera. La sapienza di Angelo, come quella del suo maestro Luigi Moio a Villa Raiano e nel Vulture con il Rogito o del giovane Vincenzo Mercurio alla Mastroberardino, ha voluto però un rosato moderno da uva aglianico, vitigno che, al pari del negroamaro salentino, ha una buona vocazione a questo tipo di vinificazione. Insomma eccoci qua a provare il nuovo rosato di Episcopio sulla magica via degli alberghi ravellesi con il Caruso che riapre i battenti e Palazzo Sasso in grande spolvero mentre di fronte il nostro amico sindaco Secondo Amalfitano lavora solerte in un palazzo costruito più di mille anni fa. Siamo convinti di amare un vino con un bellissimo futuro dietro alle spalle: piace a chi non beve e ha dunque un mercato triplo rispetto a bianchi e rossi, è facilmente abbinabile praticamente a tutta la grande cucina e ai piatti della tradizione marinara o dell’orto-cianciola, l’aglianico regala la struttura necessaria per soddisfare gli intenditori, il naso esplode in petali di rosa, erbe della macchia mediterranea, spezie, mentre in bocca la freschezza sostiene la beva e la incoraggia infischiandosene del caldo. L’ingresso di Angelo in cantina si sente, il nostro caro Vigna San Lorenzo, bianco da ginestrella, ripoli e fenile, coltivati sotto la monumentale chiesa di San Lorenzo a Scala, ha acquisito decise note agrumate e suona un valzer wagneriano di spezie e pesche gialle, il bianco base gioca sui profumi dei fiori di ginestra mentre quando si passa ai rossi si avverte che è dell’enologo il fin la meraviglia come vuole il trend nato negli anni ’80: il Ravello è passato dal granato al rubino con trama fitta e impenetrabile, straordinaria ricchezza e pulizia olfattiva, ottimo uso del legno dal quale escono un po’ di resina e note balsamiche ma non la stucchevole e popputa vaniglia. In attesa del Confalone, il grande bicchiere prodotto da un grande albergo. Detto questo torniamo al rosato di Episcopio, il bicchiere preferito da mio padre e degli anni felici che non torneranno più.
8 luglio 2005