di Virginia Di Falco
L’Osteria Grano di Pepe di Rino Duca si trova a Ravarino, piccolo paese dell’Emilia Romagna sul quale non posso raccontarvi granchè. Ci sono arrivata di sera, ad ora di cena, proprio per provare questa cucina. Ancora con gli occhi pieni del verde operoso della campagna emiliana che avevo attraversato in lungo e in largo nei giorni precedenti. E con in testa la curiosità verso il mare siciliano che sapevo avrei trovato qui.
Non so neppure se davvero si può definire osteria, soprattutto adesso che si presenta completamente rinnovata, design moderno e pulitissimo, poco più di venti sedute tra il chiaroscuro dei legni lavorati da un amico artigiano. Arredo minimale, non ci sono tovaglie ma tovaglioli di lino grezzo, forti e piacevoli al tatto; e pietre levigate dall’acqua di mare come poggia posate.
Sta di fatto che è proprio l’idea di osteria quella che ama trasmettere Rino Duca, nel suo rapporto diretto, immediato ma anche dialogico con chi viene a provare la sua cucina. E l’impressione generale è che centri quasi sempre l’obiettivo: i piatti che arrivano sono tutti immediatamente riconoscibili, anche se filtrati attraverso i ricordi della sua terra da un lato, e, dall’altro, dallo studio curioso ma attento su quello che si muove nelle grandi cucine italiane.
Se dunque amate il mare della Sicilia e i sapori e gli odori dei mercati di Palermo, qui non resterete delusi.
Un boccone tiepido e fragrante di pane con i semi di sesamo e le panelle per dare il benvenuto. E così dall’inizio “benvenuti in Sicilia!” lo penserete davvero, quale che sia il percorso che deciderete di fare (tre menu degustazione con 5 portate a 42 euro, 6 a 50, 10 a 70; oppure alla carta, sui 70 euro).
Si può dare il via con la partenza più tradizionale (ma come si fa a rinunciare?) col cartoccio di panelle appena fritte nel grasso più buono del mondo, oppure con le tagliatelle di seppia con i funghi profumati all’aglio e prezzemolo, bell’esercizio di sapidità e consistenze in equilibrio.
La croccantezza di animelle e carciofi con la cremosità del Piacentinu ennese si alternano – anche visivamente – in quello che è l’antipasto più appagante.
Non delude lo spaghettone con i ricci umami dove forse è superfluo il riferimento al sesto gusto (qualcuno pensa lo sia anche il guscio del riccio a decorare) perché un sapore così ancestrale va lasciato alla semplicità e immediatezza sempre un po’ naif della memoria.
Mentre il riso cotto nel latte di mandorla con sopra i gamberi rosa siciliani e la sferzata sapida della polvere di cappero essiccato è una golosità che seduce con lo stesso piacere di un dessert. E infatti, per i miei commensali, ha guadagnato in un sol boccone il titolo di piatto della serata.
Tra i secondi, la tagliata di tonno alla palermitana, con il rosso vivo appena toccato dalla lieve scottatura e dal piatto di servizio rovente, con una panatura all’origano, croccante e profumatissima. Sopra, arance e finocchio: ancora profumi, ancora Mediterraneo.
E anche il pane si fa mangiare, con un gustoso cornetto alla cipolla e il tradizionale sfincione.
La sala è affidata a Pietro Ingrassia, occhialoni da modernariato e baffo da antiquariato. Servizio felpato, gentile, informato, complice fedele e divertito dello chef. Nel complesso uno staff che restituisce la serenità che sembra si respiri in cucina.
Un sorso agrumato come pre-dessert e si parte per la pasticceria, con il classico cannolo con la ricotta eseguito a regola d’arte e una marquise al cioccolato meno incisiva.
Piccoli bocconi dolci per la chiosa finale: ancora Sicilia, con il gelo di melone e un bottoncino verde di cassata che non si farà dimenticare.
Infine, una nota sulla carta dei vini, che guarda soprattutto all’Etna, più per piacere che per necessità, con prezzi che invitano a bere, anche se la lista è praticamente in ristrutturazione. Ma ci sono tutte le premesse per uscirne fuori bene, proprio come il locale.
Osteria Il Grano di Pepe
via Roma, 178/A
Tel: 059 905529 – 391 3172377
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso: lunedi
www.ilgranodipepe.it
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