Dalla mezzanotte di giovedì questo sito ha cambiato pelle, è diventato un vero e proprio blog con la possibilità di intervenire e fare commenti.
Non so se questo sia in realtà una forma di omologazione o il definitivo addio al cartaceo, probabilmente entrambi.
Tranquilli, nessuno rimarrà spiazzato: la linea grafica resta identica, appena qualche tratto alleggerito, la differenza palpabile sarà nella home, con l’introduzione degli ultimi articoli inseriti la cui difficoltà di ricerca è sempre stata fonte di critica in questi anni, i post collegati per argomento, la possibilità di condividere direttamente su Facebook, Twitter o mandare per mail lo scritto.
Infine alcune funzioni nuove, la più importante di tutte l’introduzione dei video e, a partire da febbraio, un minimo di programmazione tv sui principali eventi della Campania e del Sud.
Tutte cose normali, banali, per chi è nato nel 2.0 ma che in questo caso possono essere considerate un vero e proprio tuffo definitivo della rete, bruciare le navi per evitare la tentazione di tornare a casa, nel comodo fortino dove nessuno ti può venire a cercare se non lascia un documento all’usciere.
Ma è un tuffo indispensabile: a partire dal 2004, compiamo proprio in questi giorni i sei anni, abbiamo iniziato a inserire articoli un po’ come prima si costruiva l’archivio di un giornalista. Non c’era alcuna intenzione di creare qualcosa di particolare perché all’epoca, sì, all’epoca, la rete era considerata assolutamente irrilevante da chi scriveva nei quotidiani.
Invece questa timida affacciata ci ha fatto stare al passo con il cambiamento come altrimenti sarebbe stato impossibile fare, un vero e proprio Gerovital mentale che costringe a rimettersi in gioco con la ripartenza ai blocchi. Mi giro e vedo i miei colleghi fermi al cartaceo e mi sembrano persone conosciute otto vite fa.
L’idea vincente è quella che sempre consigliamo ai giovani: specializzarsi, specializzarsi, specializzarsi. Uscire dalla logica dei tuttologi che oggi le aziende italiane dirette da miopi ragionieri chiamati a rendere conto solo agli azionisti usano per sottopagare e intercambiare la precarietà.
Ci siamo specializzati nel raccontare il nostro Sud. Già, perché il Centro e il Nord, per non parlare della Francia, hanno frotte di professionisti, appassionati e di imprese editoriali impegnati a scavarli e ad analizzarli. Invece, sotto Roma, c’era una miniera d’oro di vini, prodotti, locali, aziende, ristoranti, trattorie, imprese, paesaggi, da scoprire e raccontare.
E noi solo questo abbiamo provato a fare, crescendo di anno in anno in maniera incredibile, avendo anche ottimi e lusinghieri posizionamenti sulle diverse classifiche di siti e blog visibili a tutti.
Questa crescita è stata possibile soprattutto perché di gruppo, non individuale, al sito hanno contribuito in tanti, a loro sono grato, anche a chi ha preferito interrompere la collaborazione, perché per la prima volta il Sud è stato raccontato da Sud determinando una tendenza che adesso tracima ovunque e di questo noi siamo non contenti, ma contentissimi. Perché siamo stati i primi a farlo e dunque questa crescita di attenzione non può che automaticamente rafforzarci, un po’ come gli interessi che maturano in banca. Non solo: altri blog e siti che hanno le loro radici al Sud sono nati e insieme contribuiscono a fare massa come in nessuna altra area d’Italia avviene.
Il sito è un archivio utile, con oltre cinquemila schede di vini, oli, ristoranti, agriturismo, aziende, alberghi, formaggi, salumi, ortaggi, ricette, a disposizione di tutti. E questa è la sua missione autentica principale.
Come sempre, ogni azione ha una reazione, e non mancano le persone che si sono opposte a questo processo. In questi anni abbiamo fatto la scelta di ignorarle perché puntare il dito contro di loro significava dare solo pubblicità gratuita a piccoli invidiosi.
La formula del blog ci consente però qualche libertà in più, a cominciare dallo smantellamento sistematico della operazione Striscia la Notizia che è stata la più articolata azione concordata per bloccare la crescita del Sud riportando indietro le lancette dell’orologio di dieci anni: qui siamo oltre, oltre la maldicenza e le chiacchiere sussurrate in un orecchio, qui c’è stata una aggressione squadristica, simile allo sgombero del campo rom fatto dalla camorra che ha trovato lo spunto da un finto rapimento di bimbi, che ha visto protagonisti alcuni personaggi di cui conosciamo bene il dna e le turbe psichiche. Perché il vero obiettivo di questa operazione non è stato Bottura, o non solo lui, ma soprattutto chi era cresciuto in modo significativo sul territorio campano creando la pluralità di interpretazioni della cucina, ché è poi il modo di crescere collettivo e dunque individuale. Non a caso i protagonisti di questa storia miserabile, visibili, invisibili e seminascosti, sono tutti campani. Tutti.
La gravità dell’accaduto è stata immediatamente chiara a tutti, e il presidente di Slow Food Roberto Burdese ha subito lanciato un appello a favore di quanti erano stati aggrediti in malo modo in difesa dell’artigianato italiano.
Spesso accade che a bloccare lo sviluppo siano proprio coloro i quali hanno aperto la strada, perché intendono percorrerla da soli. Vale in tutti i campi, anche in quello della filiera agroalimentare.
La storia del Sud è fatta di questi strappi onirici in avanti esemplari e poi dalla reazione oscura dell’inconscio collettivo che li trucida avidamente a Piazza Mercato.
Questo sito, questo blog, sarà invece sempre dalla parte di chi lavora invece di costruire trame, di chi fa alto artigianato, di chi dedica la propria vita all’agricoltura compatibile, alla tutela del nostro ambiente aggredito dal partito del cemento.
Cambia la pelle, ma la linea politica resta questa. Lo faremo com’è nel nostro stile, senza rissa strillata, ma con molta determinazione.
Lo faremo insieme agli amici di sempre e a quelli nuovi. Slow Food rientra in entrambe le categorie, con loro avvieremo una impresa nuova sul vino che speriamo sia coronata da successo. Richiederà molto impegno e un approccio di tipo diverso rispetto al passato.
Ma il bello della vita è l’impegno a sfide sempre nuove.
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