di Marco Contursi
Un pranzo andato maluccio, arrivare in un ristorante dopo aver prenotato ma senza che sia stata registrata la prenotazione, neanche una cantina del territorio in carta e sentirmi dire per la ennesima volta “sa, abbiamo aperto da poco” è l’occasione per fare alcune considerazioni che credo debbano essere attenzionate da chi fa ristorazione, troppo spesso dimentichi della massima di Brillat-Savarin: “Avere qualcuno a cena vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che passa sotto il nostro tetto”.
Non considerare il cliente, solo, un portafoglio su due gambe..
Che sia il primo o l’ultimo giorno di apertura, quando si apre la porta di un locale alla clientela, tutto deve essere perfetto, perché le aspettative e i soldi che il cliente porta, sono sempre uguali, 365 giorni l’anno.
Esempi? Ristorante che a maggio di alcuni anni fa mi portò “frittura del golfo”, con soli gamberi e calamari, mentre nelle visite precedenti era ricca di ogni ben di Dio ittico. “Ma siamo a maggio, lavoriamo poco e prendiamo meno roba”. Ok, ma il prezzo era lo stesso di quando mettevi di tutto. Oppure, locale nell’ultimo giorno di apertura, prima della pausa invernale, carta dei vini, ridotta all’osso (6/7 etichette) ma con ricarichi importanti, giustificati in una carta ricca, che quindi mi offriva la possibilità di scelta ma assolutamente incongrui, se potevo scegliere tra meno di 10 bottiglie.
Allora, due sono le cose? O garantite la stessa esperienza tutti i giorni dell’apertura o abbassate i prezzi, semmai praticando uno sconto importante, quando la scelta è misera, come premio di consolazione per chi viene. Perché comunque, uno un po’ male, comunque, ci resta.
Idem per i piatti: se, fuori stagione, posso scegliere tra 2 antipasti, 2 primi e 2 secondi, un trancio di pesce non puoi chiedermi 22 euro se posso scegliere solo tra quel pesce e 1’ altro secondo, e avere lo stesso prezzo di agosto quando la scelta è maggiore. Avere dei prezzi un pochino più bassi fuori stagione è un incentivo a chi è cliente quando pochi vengono, accettando di avere meno scelta, menù ridotti e carta dei vini con poche referenze, anche se quest’ultima cosa, davvero non la capisco, visto che il vino si conserva e se apri a giugno, puoi avere tutte le referenze, tanto hai davanti luglio e agosto per consumarle.
Altro capitolo, la gestione delle criticità. Che sia una prenotazione non registrata, un piatto sbagliato, un incidente di servizio (classico: vino rovesciato sul vestito), è sbagliata sia una reazione di malcontento esagerata del cliente, poiché tutti possono commettere un errore, ma ancor più, il fregarsene del titolare o del cameriere che ha sbagliato.
Si chiama, gestione delle criticità. Non hai registrato la mia prenotazione? Ok, hai un pranzo intero per farti perdonare. Come? Offrendo un calice di bollicine all’inizio o omaggiandomi della bottiglia di vino che ho preso, oppure del dolce. Mi rovesci vino addosso? Ti offri di portarmi l’abito in tintoria e, mi regali la bottiglia. Un piatto non è gradito perché cotto troppo? Non me lo metti nel conto. Piccoli gesti che denotano professionalità. Eppure sono in pochi a farlo. Pochissimi. Anche in ristoranti di gran pregio. Semmai pensano, “e chi le vede più”, ed è sbagliato, perché un cliente scontento, in tempi di social, può cagionare un danno di immagine importante, e poi, l’etica professionale di far andare via ogni ospite contento, dove la mettiamo?
Mentre il ricordo migliore in tal senso lo condivido con voi, perché tutti abbiano a sapere della sua professionalità e cortesia: poco prima del lockdown di marzo 2020, cena alla Cianciola di Cetara, piccolo disguido, ma davvero piccolo su due piatti, tutto il resto ottimo, al momento del conto, fu offerta la cena. Sicuramente troppo, ma dimostrazione chiara della professionalità e del rispetto del cliente del titolare. Risultato? Locale da me più volte consigliato a parenti ed amici (tutti felicissimi del consiglio), e che appena possibile andrò a trovare, portandogli un piccolo ma gustoso cadeau. Meritato.
Imparate Gente, Imparate….
p.s. Credo che ogni carta dei vini degna di questo nome, debba avere referenze del territorio e poi, se si vuole, del mondo. Avere nomi altisonanti di Italia e Francia e nessuna, NESSUNA, bottiglia di produttori (e ce ne sono di pregio) nell’arco di 80 km, sinceramente mi lascia perplesso, anche perché sono le più veloci da reperire, basta alzare la cornetta. Oltretutto, un produttore di vino del territorio, può frequentare o consigliare il locale suo cliente, dubito lo faccia Dom Perignon o Laurent Perrier.
Ma, forse, non ci sono bottiglie locali, solo perché si è aperto da poco…
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