In riferimeno al nostro articolo di qualche giorno fa, riceviamo e volentieri pubblichiamo. Ci pare proprio il giorno adatto, Festa della Liberazione dal Nazifascismo, ormai ignorata già dal 25% della popolazione. Finirà come l’11 febbraio?
di Roberto Perrone Capano*
Big Luciano è il soprannome che utilizzo con una comune eno-amica per rifermi al ” Pigna” cittadino, la cui personalità ben bilancia quella di un ben altro Big Luciano anch’egli molto noto a Napoli. Non Lucky ma Moggi, clone importato da Siena alla pari del merlot nel Sangiovese. Che Luciano M. sia ben voluto in città da noi non ho dubbi, essendo abituati a vederlo circondato da tifosi napoletani. Introduce il mio discorso libero e un po’ pindarico oltre che napoletano. Anche il vino ha i suoi Luciano M., inventori del blend o di altro. Il più delle volte intelligenti stimati e seri lavoratori, ma che scompaiano o che tornino presto in carreggiata prima di far fare altre figure alla Luciano M.al made in vigna italiano. E per chi può capire, di certo pochi, chiedo io scusa a Salvatore Foti (Napoli, Hotel Excelsior, febbraio 2004) come dico grazie a chi resiste ancora ai gusti duri: camorra, mafia o solo blend, tenendosi tutto il tannino
ed i polifenoli come natura crea. I nuovi corsi di laurea e mini laurea proliferano. Attendiamo il ministro della pubblica istruzione per vedere cosa farà fra scuola pubblica e privata. In anticipo sui tempi, propongo un nuovo corso di laurea, quello delle figure di m.100% made in Italy, senza tarocco, per far capire agli studenti tutto ciò che non si fà. Successo garantito, che alla neo nata città del gusto tremino per paura di perdere troppi alunni? Per fortuna le scuole di filosofia musica e teatro, che un tempo prosperavano in città, ci hanno lasciato un quind che salta fuori dal dna partenopeo, e ci consente di leggere belle penne come quelle di Mimmo Carratelli e Big Luciano. Ci aiutano a pensare, ed a sognare
senza musica. Mozzarelle è il tema di Luciano, direi anche bianche bufale e nera camorra. Come la Juve, la signora più conosciuta in Italia. Oddio Pigna, ci ritorna a galla il Luciano M.? Nel paese che mischia troppo spesso sacro e profano, santini e camorra, mafia e stato. Per restare nella nostra Campania, il problema principale resta l’ignoranza. Dicevo ad un caro amico, che chiamo Maradona del vino, pochi mesi fa di passaggio a Napoli da Firenze e sulla via del mare per la Sicilia, sua terra adottiva, che la mafia ha la cultura del proprio territorio a differenza della camorra. Per nulla mi rispondeva Maradona, ti sbagli, non hai visto troppe cose. Allora la differenza è che la nostra gang usa la forza come dimostrazione continua di prepotenza ed autocelebrazione, e la mafia la usa forza come atto estremo malvagio e silenzioso, senza sfoggio? Lascerei la soluzione sulla differente teatralità dei fenomeni ai sociologi.
Anche la camorra più intelligente emigrerà come lo avrà già fatto da tempo. Reinvestirà in zone a minor rischio, non è il sale che manca nella zuppa e tantomeno nella zucca. Resta qui anche il peggio della
camorra, quella incapace di parlare italiano prima che tedesco o inglese. Quella che ferisce il medico del pronto soccorso quando dice al camorrista che il congiunto è allo stadio terminale ed è meglio che torni a casa. Quella che impedsice al drappello di polizia del pronto soccorso di difendere i sanitari se trasferiscono un bambino “importante” al Santobono per competenza, non accettandolo di poco sopra il livello del mare o sotto un certo livello di età. Solo per fare il proprio lavoro, per andare in auto al nostro
lavoro, rischiamo la vita se non cedi il passo alla Kawasaky di cui parla Luciano. Scherziamo? No, è triste verità, con le forze dell’ordine ridotte spesso a far buon viso a cattivo gioco. Dopo l’ignoranza, che da noi supera quella siciliana dove cultura agricola ed ittica restano forti ed estese, alla pari del turismo fra Sorrento e Vietri, c’è molta altra uva marcia nella vigna campana che chiede forte diradamento, ovvero vendemmia preventiva “a perdere”: Aggiungerei i piemontesi del secolo scorso, che hanno organizzato un matrimonio d’interessi e non di cuore. Quasi come gli inglesi in Terra Santa. Si vede che la passione è in vigna prima che in politica ed è più facile accostare Nebbiolo con Aglianico che Savoia con e Borboni.
La moda del blend è al tramonto, l’amalgama anche per i vini non sarà più in vendita nemmeno al GS nonostante Massimino da Catania lo abbia invocato per primo. La Nobiltà pigra, la borghesia senza spina dorsale, i politici cow boy, ed i feudi a non finire. Non di San Gregorio Irpino ma di Avellino, Benevento, Napoli, Salerno per la Campania. Ci mette lo zampino anche qualche frangia della magistratura, non manca nessuno all’appello. Non quella eroica antimafia, tanti onesti giuristi, ma chi trova più facile rispondere con le armi del ricatto all’indagare sul malcostume politico. In Italia hanno pagato
solo Cusani con la cella, e Cagliari e Gardini con la vita. Forse Craxi con l’esilio dorato. Ma molti, forse in troppi, farebbero a scambio sia con Cusani che con Craxi, oggi e non domani. Per abbondanza di cervello con uno e di barriques con l’altro. Ancora i nostri imprenditori ed una parte della borghesia che sembra dire fra i denti: la camorra è l’ultimo dei problemi. Tradotto: si paga e si risolve, vecchia scuola del mattone? Ok, ma vista la cultura del fenomeno, il risultato è che la mappa dei siti inquinati (neri) della Gabbanelli non lascia più vedere il colore della cellulosa. Forse la Gabbanelli scrive in bianco su nero, come Luciano M.? Mancano i rifiuti. Forse i figli delle famiglie campane mangiano solo pesce, vegetarianimarini. Ci siamo ridotti a dare largo spazio a Beppe Grillo, ad attendere Benigni e Litizzetto come satiri con il potere di scaricare alcune angosce! Che Beppe lo spazio non se lo prende, lo regalano a lui i politici italiani, ed il vaffa ci sta tutto troppo spesso. Nessuno è perfetto ma qui si esagera. Che qualcuno ci spieghi dov’è il Rubicone (confine) fra sfascio e speculazione. Inceneritore mancato, strategie inesistenti, o speculazione politica in blend con il malaffare economico? Campani cornuti e mazzeati, ci tocca subire prima e poi spiegare a nord del Rubicone quel che succede. Doverci discolpare. Sentirsi dire se ci vivi sei d’accordo con loro. Non voterei Beppe Grillo ma lo canterei forte. Con i politici che ci spiegano tutto ogni mattino, possiamo rispondere sempre a ragion veduta ed assicurare la bonifica con i tempi di Bagnoli. Passo al vino per non esser buttato fuori a calci dal blog di Big Luciano. Very big il suo pezzo. La bufala si riprenderà, perché pare ci sia più diossina nel latte materno che nelle bestie casertane. Ed anche le mamme non vivono d’aria. Che ancora da noi ci si sposa o si prolifica. In Usa e nord Europa il vino serve a far dialogare le persone, s’incontrano, si amano, ed al mattino al lavoro senza salutarsi. Puritani che al 50% votavano Bush? Sugli ortaggi meglio non farci troppe domande, ameno prima di emigrare. Chi ne sa ci dica per cortesia. Ed il vino? Prezzi alti e qualità media mi diceva Hans, professionista del vino “cunzato” da me per riportare la sua analisi. Poca competitività con il Veneto, l’Umbria, l’Oceania, produttrici di grandi bianchi economici. In India il pc costerà 100 dollari e l’auto 5 mila. E da noi se gli americani restano a casa cosa facciamo? Ricorro all’ottimismo ed al sorriso di Luciano, come me senza macchinetta da adolescente e perciò ancora più simpatico. Per di più napoletano. Quando sono giusti non hanno concorrenti. Muti, Caccioppoli, de Angelis, Eduardo, Totò, Sofia. Mi fermo perché i torti sono troppi. Quando siamo DOC siamo imbattibili. Da esportazione spesso folgoranti. Ma a casa nostra buoni solo a parlare o a fare il bagno in motoscafo. Hans mi diceva ancora durante un’edizione di Vitigno Italia a Napoli: attenzione che la domanda cala e l’offerta cresce, il dollaro soccombe, il russo chiede sesso piscina privata e bollicine, il vino è ahimè moda prima che costume. Trulli, Alesi, Depardieu ed altre stars non esitano ad investire in vigna dopo lo yacht e la villa. Se non cresce la qualità, la tecnologia, paesani miei (forse regionali miei ) rischiamo grosso. Che siamo tutti campani amanti dei vignaioli campani e dei loro vini. Sono lieto che big Luciano chiuda con l’ottimismo. Ho davanti agli occhi la maschera di Eduardo, sogno l’humour di Teocoli, ma penso che il popolo di Bossi una cosa vera l’abbia detta, fra le tante emissioni quotidiane da far morire d’invidia l’anima attiva dello Stromboli: Vesuvio, pensaci tu. Giulietta sarà anche come la mia uva, ovvero nà Troia (i tifosi al San Paolo) ma che peccato esser ridotti così! Sarà lui, maestoso e meraviglioso Fuji d’occidente, Klimangiaro boreale, la cartolina più bella del mondo insieme al Pino ed a Nettuno placido,
l’artefice del giudizio napoletano? Salverebbe Caserta, ma in terra non c’è giustizia. Affidiamoci a Totò prima che a San Gennaro. Non per smentire F. Merlo di Repubblica sui rifiuti, ma perché ci piace la sua livella. Ciao Antonio. Se ci dai una mano insieme a San Gennaro ci prendiamo l’una e l’altra. Come i napoletani più solerti farebbero con il cervello di Cusani e le barriques di Bettino. Anche una richiesta: che Lucio Dalla dopo Caruso canti i nostri vignaioli. Clelia, Federico, Sergio, Gabriella, Salvatore Giovanni, Antonio in Irpinia. O Gimmy ed Angelo in Langa.Sono quelli che conosco, solo alcuni. Storie di passioni e sacrifici, storie di successi sudati lontani dai divi della Tv o dello sport. C’è tanta carne autoctona che attende di essere arrostita, in Campania come in Piemonte. L’unità d’Italia facciamola partire dall’arte dalla cultura e dalla vigna, che forse ci riesce meglio, parliamo la stessa lingua, ci rispettiamo tutti.. Trenitalia non è mai puntuale, già è tanto che ci sia ancora. Lei per fortuna non vola e va solo sui binari. Deraglia ma poi si aggiusta tutto. Torna l’ottimismo di Luciano Pigna. Sorridi sempre senza macchinetta che ci piace la tua penna e la tua foto.
*vignaiolo per passione e lunga tradizione
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