Mario Falcetti è orgoglioso della sua terra, la Franciacorta.
Lui, che ha lavorato per tanti anni ai progetti di zonazione all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, vuole vini di territorio, prodotti che vadano all’essenza della materia prima, snobbando ogni forma di “glamour e fashion addiction”, tanto richiesta oggigiorno per essere sempre sulla cresta dell’onda.
Lui, che non ama i compromessi e che, alla costanza del “sans année”, preferisce i millesimati, con i loro limiti e le loro grandezze.
La Franciacorta lui la vede come un paesaggio morbido, con le sue colline appena accennate e il sottosuolo fatto di ondulazioni accennate, privo di ogni profondità improvvisa.
E secondo lui il vino che meglio “copre” e identifica queste caratteristiche in Franciacorta è il Satèn, una sorta di coperta immaginaria che cinge nel suo abbraccio morbido e setoso il territorio da cui nasce.
Un vino attraverso il quale si manifesta la poliedricità del territorio, la versatilità di un vitigno, lo Chardonnay, l’eleganza di un altro, il Pinot Bianco.
Il Satèn nasce sul finire degli anni ’80 da una serie di brillanti idee di lungimiranti produttori.
E’ l’unico elemento di originalità all’interno di un mondo, la Franciacorta, che, volente o nolente, appare scimmiottare il metodo classico francese.
Il Consorzio Franciacortino capisce che è una carta da poter giocare per diversificarsi e quindi chiede la protezione del marchio.
Nel 1995 avviene la registrazione della parola “Satèn” a nome del Consorzio di Franciacorta. Un marchio privato che può essere utilizzato pubblicamente.
La produzione di questa tipologia di Franciacorta è sempre stata regolamentata ma non disciplinata. Capitava che il Satèn diventasse tale in corso d’opera.
Il 7 Luglio 2008 finalmente viene pubblicato il disciplinare che sancisce le regole da rispettare per il Franciacorta tipologia Satèn.
Tre fondamentali:
1) Devono concorrere solo uve bianche (Chardonnay e/o Pinot Bianco)
2) Non deve avere una pressione in bottiglia superiore alle 5 atm
3) Deve essere prodotto solo nella tipologia Brut
Mario Falcetti si fa paladino del Satèn fin dai tempi del suo lavoro da Contadi Castaldi, dove è rimasto dal 1997 al 2008.
E’ il vino dell’anima, non a caso, proprio da un’idea di Falcetti, nasce nel 1999 il Soul Satèn, un Satèn con caratteristiche e complessità ancora più amplificate.
Non è Chardonnay in purezza, concorre anche una parte di Pinot Bianco a creare quel risultato che, per anni, è stato un riferimento per l’intera Franciacorta.
“Come si fa il Satèn?”
“Hai presente quello di Contadi Castaldi? Ecco…. così!”
Nel 2008 Falcetti pensa che sia tempo di cambiare. Non sente più condivisione della sua filosofia di vino all’interno della famiglia Moretti.
Decide quindi di accettare una nuova sfida e di entrare in partnership nell’azienda di Ugo Ghezzi nata nel 2003 dalla passione di questo lungimirante imprenditore.
Falcetti assume anche la Direzione di Quadra rinnovando il team di lavoro e raddrizzando il tiro sulla produzione che deve seguire la sua filosofia.
Nella verticale che ho avuto il piacere di seguire insieme ad altri appassionati, era rappresentata l’evoluzione del percorso di un uomo che crede in quello che fa.
Lo Chardonnay è il suo vitigno, la sua versatilità l’arma con cui giocare, il Satèn.
Dall’anteprima 2012 alla vendemmia del 1995, storica e introvabile, un passaggio di sensi attraverso eleganza, equilibrio, sobrietà.
Note di frutta gialla fresca ben bilanciate, acidità sempre presente, dosaggio corretto ma non correttore, malolattica quasi del tutto assente, legno q.b..
Le annate degustate della produzione Quadra (con l’overlapping della 2004)
2012 – 2011 – 2010 – 2009 – 2008 – 2007 – 2006 – 2005 – 2003 – 2004
Le annate degustate della produzione Contadi Castaldi
2004 – 2001 – 1999 – 1997 – 1995
Dove, quelle eccezionali, anche scavallando il secolo, sono 95, 97, 05 e 11.
Figlie di diverse sboccature, con solo Chardonnay o con anche gli aromi profumati del Pinot Bianco, con soli 24 mesi di affinamento o addirittura 51, queste bottiglie, alcune così rare da essere recuperate in extremis, sono la testimonianza di un approccio unico con un territorio che ha qualcosa da comunicare.
Lo fa attraverso un interprete naturale e concreto, uno che mette le mani in pasta, o meglio, in vasca, e che vuole far conoscere al mondo la sua idea di identità territoriale.
Per avere la possibilità di bere “un altro Franciacorta”, proprio come dice Mario Falcetti.
Le bottiglie che porterei a casa da quella verticale?
2008 (frutto maturo) – 2005 (equilibrio) – 2003 (anno difficile ma per questo una sorta di challenge per MF) – 2001 (sapidità) 1997 (evoluzione perfetta) – 1995 (freschezza).
Il miglior Satèn mai provato?
Una magnum di Contati Castaldi del 2001 ad una cena di Capodanno, con due amici. La quintessenza del Satèn, un po’ di tempo fa.
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