Quando il sogno di una passione diventa tradizione
di Antonella Petitti
PUGLIA. FOGGIA. SAN SEVERO. VIA ZANNOTTI 30. Sono queste le coordinate necessarie a giungere davanti alla porta d’ingresso della cantina d’Araprì. Una realtà produttiva che colpisce soprattutto per la lungimiranza dei suoi tre soci, che sin da subito si sono specializzati, strizzando l’occhio a chi pur di avere tutta la gamma s’imbarca nella produzione di passiti come di spumanti e vini d’ogni colore.
LA STORIA DI TRE AMICI.
“Non è che avevamo passione per il vino, noi siamo nati nel vino”. Così Girolamo D’Amico, uno dei tre soci della Cantina d’Araprì, comincia a raccontare la loro storia. 31 anni fa assieme a Louis Rapini e Ulrico Priore decidono di cominciare a spumantizzare.
Siamo nella bella Daunia, a San Severo, vicini all’imponente Promontorio del Gargano. Ma perché? E’ la prima domanda che pronuncio, quando incontro Girolamo davanti all’incantevole Palazzo d’Araprì, che come uno scrigno si rivelerà ai miei occhi solo dopo aver scoperto tutti i suoi anfratti e percorsi.
Insegnante di chimica è lui l’”enologo”, poi c’è Louis insegnante di musica e Ulrico cantiniere. Ma all’inizio non era il vino il vero comun denominatore, bensì la musica. Tutti musicisti per passione, hanno poi lasciato confluire la ricerca dell’armonia, l’improvvisazione del jazz, l’istintività ragionata, nel grande progetto d’Araprì.
Prima azienda pugliese a produrre soltanto spumanti metodo classico, ancora oggi è pressocchè la sola in tutto il Meridione specializzata solo in questo settore.
“Ulrico lavorava in una nota cantina qui a San Severo”, racconta ancora Girolamo, “e questo ci ha aiutato a comprendere quale varietà si prestava meglio alla spumantizzazione. Invece Louis, nato in Francia, da genitori italiani, ha vissuto attraverso suo padre la realtà francese nella Regione dello Champagne”.
Insomma il caso vuole che una serie di fattori favorevoli si fondano, così come è successo ai loro cognomi dalle cui iniziali si ottiene il nome d’Araprì.
Tra i più grandi meriti senza dubbio la specializzazione, la cantina produce solo spumanti metodo classico, a questa si affianca la scelta dell’autoctono: il vino di punta è un bombino in purezza.
“L’utilizzo del bombino all’inizio non era affatto compresa”, raccontano i soci, “l’unico che ci ha dato credito è stato Veronelli, veniva da queste parti quando seguiva il Giro d’Italia, parliamo degli anni 85/86 e 1992. Lui aveva già compreso che l’autoctono sarebbe stata la vera ancora di salvezza”.
Il 1979 segna la loro nascita e l’inizio delle sperimentazioni, ma la prima vera vendemmia in bottiglia, con tanto di etichetta, risale al 1985.
“Siamo stati sfrontati” spiega sghignazzando Girolamo, “quando siamo usciti abbiamo subito tenuto un prezzo medio-alto, me lo ricordo ancora…costava 10.000 lire. Volendo fare paragoni all’epoca il Ferrari usciva a 15.000 lire. Oggi il mercato è cambiato, un tempo le bollicine costavano di più rispetto ad un vino fermo. Invece ora la forbice si è ristretta molto e questo è uno dei motivi per cui sono ritornati di gran moda gli spumanti. Quando abbiamo cominciato, in effetti, bere bollicine era uno status symbol, quando qualcuno ordinava spumante o ancor meglio champagne…si giravano tutti. Era un periodo di fermento, a pensarci la Franciacorta è nata bene o male nei nostri stessi anni”.
L’anno della vera svolta è il 1995, nuova cantina ed un articolo a sorpresa sulla rivista “Cucina e Vini” che recita più o meno così “Ma chi lo ha detto che gli spumanti si fanno solo al Nord?”.
LE VIGNE.
Soltanto 3 gli ettari di proprietà, le vigne sono allevate a spalliera con una densità di 3.550 piante per ettaro. Ma i d’Araprì hanno già cominciato a fare nuovi impianti di Bombino, è questa la varietà su cui più intendono scommettere. Se tutto procede come deve, da questa nuova vigna tra qualche anno potremo assaggiare il San Biase, ma è ancora presto. Sappiamo attendere, ne varrà senz’altro la pena.
LA CANTINA.
La prima vera cantina arriva nel 1995…comincia la storia di Via Zannotti. Luogo straordinario, ricchissimo di storia, nelle mura dell’antica città di San Severo. Difatti il palazzo ha sopportato il terribile terremoto del 1625, una parte della cantina risale al ‘500, mentre la restante parte è del ‘700. Storia che accoglie un’altra bella storia. Oggi in un capannone periferico si svolge la vinificazione, mentre dalla spumantizzazione all’accoglienza si fa riferimento a questo palazzo in stile Liberty.
Al suo interno una serie di bottiglie da collezione, daune e non, salette per degustazione, una grande cucina per gli chef e camere per gli ospiti. Molti sono gli eventi promossi dalla cantina, infatti, tutto l’anno. Tra i più assidui, i venti soci della Confraternita del Bombino che si raccolgono in degustazioni e dibattiti.
I VINI.
Sono in 6: partiamo dal Riserva Nobile (uve Bombino bianco in purezza), poi abbiamo il Pas Dosè (uve Bombino bianco e Pinot Nero), il Brut (uve Bombino Bianco e Pinot Nero), il Brut Rosè (uve Montepulciano e Pinot Nero), il Gran Cuvée XXI Secolo (uve Bombino bianco e Pinot Nero) e la Dama Forestiera (uve Montepulciano e Pinot Nero – prodotto solo in bottiglie Magnum).
In una delle incantevoli salette del Palazzo, ho degustato quello a mio avviso più interessante, sarà perché è l’unico ottenuto con uve Bombino bianco in purezza e vinificato in botti di rovere: una Riserva Nobile 2006.
Limpido e dal colore intenso, di un oro scintillante. La grana del perlage è fine e persistente, intensa e piacevole anche in bocca. Al naso si avverte frutta matura e una leggera vaniglia. In bocca si trovano sentori terziari e di mielato, avendo fatto la sboccatura nel 2007. La vinificazione in legno non si avverte, se non nelle sensazioni retrolfattive. A mio avviso può – senza timori – confrontarsi con champagne di tutto rispetto, il bombino rivela in questo prodotto una potenzialità nella spumantizzazione non indifferente. Il costo in enoteca si aggira attorno ai 12/15 euro, e comunque le bottiglie d’Araprì non superano i 20 euro. Costa 40 euro, invece, la Dama Forestiera che viene prodotta solo in Magnum. Un rapporto qualità prezzo che non può che accrescere l’interesse verso questa realtà imprenditoriale.
QUALCHE NUMERO.
Era il 1985 e d’Araprì comincia col produrre 3.000 bottiglie l’anno, oggi dopo 30 anni le bottiglie sono diventate 80.000. Il 30% viene venduto in Puglia, un altro 30% distribuito in tutta Italia e all’incirca il resto arriva sulle tavole di giapponesi ed australiani.
Non vi nego che man mano che lo storico palazzo della cantina mi si rivelava, e mentre i simpatici e goliardici amici si raccontavano, il mio orgoglio dauno è schizzato ai massimi storici.
Una eccellenza, una innegabile capacità imprenditoriale, una spiccata intelligenza che li ha portati a viaggiare e ad osservare il resto del mondo enoico, sono dei dati di fatto che ha portato d’Araprì ad emergere e che ancora contribuirà ad un successo che sono convinta si protrarrà nel tempo e crescerà…
Sede a San Severo, Foggia
Via Zannotti, 30
Tel.0882.227643
www.darapri.it
Dai un'occhiata anche a:
- Cantina Boccella Rosa a Montemarano
- I vini di Adelina Molettieri a Montemarano
- Cantina San Giovanni a Doglie a Montemarano
- Tutto il fascino di Fontanafredda: dalla storia all’ospitalità e il Barolo di Serralunga
- Viticultura e sostenibilità in Sicilia
- Rioja: presente, passato e futuro di una delle denominazioni più importanti al mondo – parte 1
- Masseria Li Reni: la nuova cantina e il grande Fiano di Bruno Vespa
- Cantina Bellaria a Roccabascerana