di Roberta Raia
La volta scorsa abbiamo parlato dell’assemblaggio, e fatto (spero!) un po’ di chiarezza sulla presenza di specifiche caratteristiche che variano da vitigno a vitigno, così caratterizzanti da influire in modo preponderante e distintivo sui vini.
L’assembleggio è un’operazione di “taglio” del vino; la normale procedura consiste nel degustare ciascun campione valutandone il livello qualitativo, carpirne le reciproche interazioni e decidere in che quantità immetterne nel vino finale. Ovviamente questo meticoloso lavoro fa seguito ad una logica, basata sulla profonda conoscenza dei vitigni, e dell’espressione ed evoluzione di ognuno- condizione necessaria per riuscire a miscelarli in modo armonico, bilanciando le carenze o gli eccessi delle singole varietà.
A discapito del grande numero di varietà presenti in questo territorio, parleremo nel dettaglio, soltanto di alcune di queste: Syrah, Grenache, Mourvedre e Cinsault.
Infatti, la denominazione Cotes du Rhone ammette 22 vitigni per la sua vinificazione. I vitigni maggiormente utilizzati per la produzione di Cotes du Rhone- Cotes du Rhone Villages e Cotes du Rhone Villages (ammettente il nome del comune d’appartenenza) sono, per i rossi il Grenache, Syrah, Mourvedre, Cinsault.
Il disciplinare ammette: Grenache 40% (ad eccezione dei vini prodotti nell’area settentrionale, la cui base risulta essere il Syrah) e 50% minimo nei vini prodotti con denominazione Cotes du Rhone Villages; Shyrah e/o Mourvedre 20% minimo, per la percentuale restante sono ammessi tutti i vitigni facenti parte della denominazione regionale “Cotes Du Rhone” per un 20% massimo.
Vediamone insieme le principali caratteristiche:
Il Grenache, che è un vitigno di base, vanta un potenziale alcolico molto elevato, con aromi fruttati ed eleganti (un delicato sentore di frutti rossi); apporta morbidezza e finezza; di contro è carente in acidità ed è molto sensibile all’ossidazione. Si consiglia, dunque, l’assemblaggio con vitigni più resistenti all’ossidazione e con acidità più importante come Mourvedre e Syrah.
Il Syrah, come ho appena detto è un vitigno che resiste molto bene all’ossidazione e conferisce al vino un ottimo potenziale d’invecchiamento, elevato contenuto di tannini con dei tipici aromi di frutti rossi, violetta e spezie (è caratteristica la nota di pepe nero più accentuata nel corso dell’invecchiamento); apporta al vino colore e struttura. Proverbiale è la sinergia con il Grenache.
Il Mourvedre presenta un’eccellente qualità di tannini, un’ acidità elevata. Resiste bene all’ossidazione, interessante l’intensità e la qualità degli aromi che risulta essere crescente durante l’invecchiamento. Apporta al vino colore e struttura.
E’ stata evidenziata una notevole sinergia di questa varietà dopo il “passaggio in botte”. Si consiglia l’assemblaggio con il Grenache.
Il Cinsault risulta essere molto sensibile al colore, ha un’acidità debole e una quantità molto modesta di tannini; per contro, presenta una qualità aromatica molto elegante e raffinata. Si ossida rapidamente; corregge l’eccesso alcolico del Grenache e talvolta l’eccesso tannico del Syrah.
Ecco che comincia ad essere più chiara la questione: sembra quasi un gioco d’incastri, che prevede il bilanciamento di questi vitigni fantastici nella ricerca della ricetta “perfetta”.
Ovviamente esistono altri vitigni, detti “vitigni accessori”, che concorrono in piccola percentuale alla completezza del vino, l’aggiunta o meno di questi ultimi è assolutamente facoltativa.
Per dare un esempio tangibile della ricchezza di varietà di questa zona, farò un elenco delle uve che possono essere utilizzate per la produzione del mitico vino Chateauneuf du Pape: Grenache, Syrah, Mourvedre, Picpoul, Terret noir, Counoise, Muscardin, Vaccarese, Picardan, Cinsault, Clairette, Roussanne e Bourboulenc.
Ben 13 vitigni sono ammessi nel disciplinare!
La classificazione per quest’area non ha dei limiti di percentuali e dunque risulta essere chiaro che ogni azienda abbia un suo stile.
L’assemblaggio, quindi, segue una determinata logica aziendale, che resta costante negli anni: ciò allo scopo di assicurare un prodotto omogeneo che sia distintivo dell’azienda stessa e che rappresenti l’anima di quest’ultima.
Tuttavia, non è sempre possibile mantenere fede ad un determinato “progetto enologico”: le percentuali d’assemblaggio potrebbero variare per via degli svariati parametri che entrano in gioco durante la produzione dell’uva, come annata e clima. Ogni azienda “inquadra” un determinato modello, tale da essere espressione del terroir e della propria storia, cercando di raggiungere l’obiettivo prefissato. Immaginare un vino e poi riuscire a realizzarlo è come dare alla luce un figlio, che ha bisogno di cure e attenzioni; riuscire a creare ciò che si è soltanto pensato e desiderato rappresenta, per un produttore, il raggiungimento di un sogno ed un’ impronta concreta della propria vita.
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