di Alessandro Marra
Piazza XXV aprile è stata restituita ai milanesi soltanto pochi mesi fa. Potrei sbagliarmi ma la ricordo tutta un cantiere sin dal mio arrivo in città, nel maggio 2008 e fa un certo effetto vederla oggi rimessa a nuovo. Completati il parcheggio sotterraneo e la pavimentazione, la piazza con al centro “Porta Garibaldi” ha cambiato volto anche grazie alle nuove aperture di bar e ristoranti; l’ultimo arrivo è stato quello di Eataly, inaugurato il 18 marzo, là dove un tempo c’era il teatro Smeraldo.
Il nuovo Princi, che ha (ri)aperto (?) all’angolo con viale Pasubio, è giusto in mezzo a due pizzerie; il format è lo stesso che ha reso famoso il panettiere calabro-milanese e la (non irrilevante) novità è la proposta di ristorazione “al tavolo” che da’ spazio anche a 6 pizze create secondo i dettami del maestro Franco Pepe da Caiazzo, firmatario di una consulenza a 360 gradi (che va dalla scelta delle materie prime sino al forno a legna) “pesante” un po’ come lo è un cognome illustre per un figlio d’arte.
Forse anche o proprio per questo la pizza “Pepe style” di Princi – o la pizza Princi/Pepe come c’è invece scritto sul menù – ha fatto e sta facendo molto parlare di sé. Io stesso non ho rimandato oltre la mia puntatina e sono andato in tutta fretta a curiosare nonostante la sonora bocciatura del “critico mascherato” che non ha evidentemente gradito la location [oh mamma, pensavo non avrei mai più pronunciato questa parola dopo il mio matrimonio] ma manco le pizze. L’intento era di verificare se la pizza è buona o no (ché trovarne a Milano è cosa niente affatto scontata): poi ognuno si farà la sua idea se mai deciderà di provare.
Il discorso fondamentale è appunto questo: ma la pizza è buona o no? Io direi che la qualità tocca qui livelli non così di frequente conosciuti in altre pizzerie (più o meno acclamate) della città. Potrei sbagliarmi ancora ma all’ombra della madunina mi risulta difficile trovare di meglio (o almeno, io non l’ho trovato). Quella di Princi m’è parsa una pizza di ottimo livello e la consulenza del maestro Pepe – seppur non valga ad assicurare, da sola, le altissime prestazioni caiatine – rappresenta certamente un valore aggiunto: la pizza è morbida, non si sfalda al centro (come spesso accade, mica solo a Milano) e soprattutto non ha dato alcun problema di digeribilità né al sottoscritto né alla moglie in dolce attesa né al pupo che ha provato e decisamente apprezzato.
E poi la qualità degli ingredienti è innegabile: il pomodoro del piennolo e l’alice di Cetara nella “Sole nel piatto”, per dirla alla milanese, spaccano e la pizza trova un equilibrio clamoroso; il pomodoro della “marinara” (l’altra nostra scelta) è lontano anni luce da certi intrugli di dubbia genuinità propinati qui e là. Insomma, se po ffà. E se si pensa che la manualità e il feeling col forno miglioreranno col tempo, si può ragionevolmente pensare che con gli stessi livelli di attenzione il risultato potrà anche essere migliore.
Almeno, si spera.
Capitolo servizio. A me è sembrato premuroso e debbo dire in tutta onestà che avere al seguito un bebè di pochi mesi ha aiutato e non poco. Tutte esaudite le mie richieste: niente sgabelli, tavolo lontano da correnti d’aria e abbastanza spazioso da consentirci di avvicinare il passeggino (non c’è seggiolone, questo sì è un problema). Certo, qualche indecisione l’avremmo pure scorta ma spesso contano molto di più il sorriso e la cortesia. Per dire, ho molto apprezzato il fatto che, in un locale comunque pieno, il calice di Verdicchio dei Castelli di Jesi 2011 (da magnum) mi sia stato servito al tavolo.
Un’attenzione che non può passare inosservata al pari della coccola di benvenuto, non originale ma sempre di grande effetto, il pane “aggrascato” con olio extravergine di oliva (di non si sa dove, ma buono).
I prezzi sono innegabilmente “milanesi”: Marinara a 9 euro, Margherita D.O.P. a 11, “Sole nel piatto” a 14, la pizza più cara – la “Pinsa conciata del ‘500” – arriva a 15 euro.
L’idea di bere acqua non mi ha nemmeno sfiorato [lo sapete benissimo che non ne bevo, pare faccia male] e i 6 europei che mi sarebbero serviti per una birra piccola alla spina (vai a sapere quale, m’è sfuggita) mi sono piuttosto serviti per un calice di vino (la mescita parte più o meno da quei prezzi lì). In compenso, non c’è coperto.
Che 10 euro o giù di lì siano oggettivamente tanti, forse troppi per qualcuno, è vero. Ma perché non rapportare il prezzo alla qualità? E poi, scusatemi, non credete sia bizzarro accettare di spendere tra i 5 e 10 euro per una pizza d’asporto (di quelle che fanno croc e ti si stampano sullo stomaco) e – al contrario – rischiare un malore e tirare fuori qualche euro in più per un prodotto artigianale e di qualità? Boh, è solo un mio pensiero, sicuramente opinabile. Comunque, la mia prima volta da Princi è andata ed è andata bene. Saprò dirvi di più quando ci tornerò, penso presto.
Piazza XXV aprile, 5
www.princi.it
Tel. 02 29060832
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