Filippo Petrera
L’amico Andrea De Palma ha ritrovato nei meandri del suo computer questo magnifico articolo che vi lascio come lettura domenicale e per iniziare bene il mese che si annuncia ricco di avvenimenti.
Il Primitivo di Gioia del Colle, longevità garantita: una degustazione di due anni fa
Il 19 maggio Gioia del Colle, città prediletta da Federico II, ha assistito alla prima verticale di Primitivo Gioia del Colle DOC. Vitigno precoce, la tradizione vuole la sua introduzione alla colonizzazione fenicia mentre altri sostengono che sia stato importato dai benedettini venuti dalla Borgogna nel XVII secolo. Il merito va attribuito a don Francesco Filippo Indelicati che contribuì alla diffusione dopo averlo selezionato fra i vigneti della cittadina pugliese. I vini in degustazione erano dell’azienda Fatalone e partivano dal 1994 per arrivare al 2005. “Il vino è qualcosa di vivo, sensibile – questa è la filosofia di Pasquale Petrera e la sua famiglia – e ogni minimo dettaglio è scelto con cura e dedizione perché il prodotto finale possa risultare eccellente”. Una commissione tecnica di tutto rispetto,chiamata a giudicare la longevità del primitivo, era formata da sei membri: Andrea De Palma ( coordinatore Vini Buoni d’Italia), Pasquale Porcelli ( giornalista corriere del mezzogiorno Bari), Giovanni Colucci (enologo in Kenia), Carmine Arena (console ungherese e dir. centro ricerche Panalisi di Bari), Vittorio Cavaliere (noto selezionatore di vini), Giuseppe Baldassarre autore dei libri “La riscoperta del Primitivo” e “Ritorno al Primitivo”. Fra le autorità il Sindaco Vito Mastrovito, Franco Stasi (ass. alle attività produttive), Sergio Povia Consigliere Regionale, Francesco Mastrangelo (Presidente Consorzio Tutela Vini D.O.C. Gioia del Colle), Enzo Verrastro (direttore. Tecnico) e alcuni soci. Unico produttore di Primitivo del consorzio presente all’evento, oltre alla famiglia Petrera, era Filippo Colapinto dell’azienda Terra Jovia. Infine Gianni Masi (dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto -distaccamento di Turi) ha presentato uno studio “Sullo stato della ricerca sul Primitivo”, e Vincenzo Stea agronomo dell’ azienda Fatalone.
La masseria
1994
L’attesa divenuta ormai palpabile, dopo l’introduzione di rito, lascia spazio all’annata 1994 che per prima ha modo di esprimersi. L’annata non prevedeva uso di botti ed altro supporto tecnico, il sistema d’allevamento era ad alberello aperto, l’andamento climatico con piogge scarse e temperatura media. La vendemmia, nell’ultima settimana di settembre prevedeva ciclo vegetativo regolare. I suoi 13 anni sono stati confermati dal colore scarico che tende al mattonato. Al naso la prima sorpresa, una leggera nota ossidata che lentamente si apre dando spazio a sentori di timo e tè nero. In seguito i profumi volgono verso note evolutive di cioccolato, cuoio, marasca matura, fichi secchi e note balsamiche. In bocca l’impressione che si ha è di un vino che resiste bene al trascorrere degli anni. Già prima di passare alla degustazione gli sguardi dei presenti comunicano stupore, riconfermato, poi, dal contatto gustativo. Piacevole la freschezza e discreta la morbidezza in ingresso. Abbastanza caldo, tannini piacevoli, discreta mineralità ed abbastanza lungo. Piacevolezza ed eleganza sorprendono nel finale. Insomma, piacevole a bersi.
1995
La degustazione prosegue con il 1995, i dati di vigneto e vendemmia sono come il 94’: i suoi 12 anni non hanno minimamente intaccato il colore che è di un rosso rubino brillante, trasparente con un’unghia leggermente aranciata. Al naso si presenta immediatamente elegante, pulito, intenso, con un frutto rosso maturo ma integro. La ciliegia predomina per aprirsi con erbe murgiane di timo e maggiorana. In bocca si introduce morbido ed elegante, ottima struttura acida e minerale. I tannini sono setosi, abbastanza caldo e con una ciliegia che fa da padrona. Discreto il corpo e la persistenza, con buone prospettive di ulteriore longevità. A questo punto il “dato è tratto”; ci si ritrova di fronte ad un vino, che, in una degustazione alla cieca, tutti avremmo giurato essere del nord e magari figlio di qualche vitigno nobile. Gli sguardi, e le opinioni iniziano, a sottolineare ed a confermare una longevità inaspettata.
1996
Nel 1996, l’annata è poco promettente, i Petrera introducono la “barrique” e il “refrigeratore”. All’alberello di 40’anni viene affiancata la spalliera di quattro anni. Già entrando nel bicchiere si mostra di un rubino scarico e unghia aranciata. Inizialmente poco pulito e chiuso al naso, il legno prevale facendo emergere con lentezza la frutta rossa matura. In bocca si presenta morbido, poco fresco, corto, con tannini modesti e asciutti. La ciliegia diventa in confettura mentre scarsa è la piacevolezza.
1997
Il 1997 usufruisce delle stesse tecniche del 96’ ormai definitivamente adottate dai Petrera. Il colore si presenta con un roso rubino, unghia aranciata ed una leggere velatura. Il naso si presenta con un’inaspettata nota salmastra e di metallico, che poi evolve in sentore di salsa di pomodoro chiudendo con un frutto rosso maturo e note balsamiche. In bocca è fresco, abbastanza caldo di scarsa persistenza, ma si ritrova una vivace mineralità. Moderati i tannini.
1998
Si prosegue con il 1998. Le tecniche di vinificazione non variano. Il colore è granato con unghia aranciata. Il naso è inizialmente chiuso ( a causa della recente apertura) ma pulito, aprendosi poi con un frutto roso maturo, si ritrovano le erbe murgiane timo e maggiorana, per mutare in note mentolate e spezziate. Si presenta elegante nel complesso. In bocca debutta con una spettacolare struttura acida e vivace mineralità che persiste. I tannini sono eleganti, abbastanza caldo, molto lungo e piacevole nell’insieme. La frutta rossa è persistente e piacevole, e sembra quasi di masticarla. E’ chiaro che al gusto è meglio che all’olfatto, in linea generale i presenti concordano in una buona valutazione).
2000
Si passa al 2000 con un rosso rubino brillante e unghia rosso-bruna; al naso si apre con note poco pulite di tostatura, dovute alla barrique. Il frutto rosso emerge in modo elegante e ritornano le note di timo seguite da spezie; chiude con un nota piacevolmente aromatica . La bocca si presenta elegante, buona spalla acida, meno minerale degli altri, abbastanza caldo discretamente lungo. Tannini gradevoli e frutto rosso elegante.
2001
Piacevole nel complesso. Il 2001 è di colore rosso rubino brillante. Si apre con note di carne rossa cedendo, successivamente, il posto ad un frutto rosso e molto elegante. Bocca con buona acidità ( simile al 95’)fresca, sapido; il frutto rosso è polposo, di buon corpo e con tannini eleganti. Alcol ben domato, buona la persistenza.
2003
Si passa al 2003, dove troviamo un colore rosso granato con unghia marcatamente violacea. Al naso si presenta pulito con profumi netti di prugna fresca. In bocca risulta fresco, buona struttura acida con tannini eleganti. Abbastanza intenso. Elegante e piacevole nel complesso. In questo vino emergono nette le capacità di un’ottima longevità.
2004
Il 2004, è un campione di botte, caratterizzata da una vendemmia con picchi di caldo di oltre 40°. Il colore si presenta di un rosso rubino integro. Il naso esordisce chiuso ma pulito con note tostate e di boisé, per poi dischiudersi in note di frutta rossa fresca dove emerge la ciliegia. In bocca è fresco, sapido, minerale. I tannini sono eleganti e la frutta ritorna piacevolmente.
2005
Buona persistenza. Il 2005 come il precedente non è ancora in bottiglia. Il colore è rosso rubino con riflessi violacei. Al naso presenta note di gomma bruciata, per aprirsi lentamente nelle caratteristiche erbe aromatiche e frutti e fiori rossi. Tipica la vinosità. Al gusto è di buon corpo, buona la consueta acidità con discreta tannicità. Buono il ritorno di frutto e la persistenza.
La degustazione si conclude con la piacevole sensazione di aver scoperto una insperata capacità evolutiva del Primitivo di Gioia del Colle, grazie alla tenacia dell’az. Fatalone che ha creduto in questo vitigno e ha incoraggiato altri produttori alla coltivazione. La ricerca continua, verso l’individuazione di un clone con acino spargolo, che sia capace di eliminare alcuni difetti tipici del primitivo, quali il grappolo troppo compatto, che evita la ventilazione e quindi la formazione di Botritis grigia. In conclusione si evince una marcata capacità evolutiva del primitivo di Gioia del Colle con i seguenti marcatori organolettici: Colore rosso rubino, naso elegante con frutta rossa marcatamente ciliegia, che evolve verso erbe aromatiche tipiche murgiane ( quando si dice il terroir) spezia e note mentolate. Al gusto si presenta elegante con una notevole struttura acida e tannica che lo rendono longevo. Spiccata è la mineralità ceduta dal terreno. Di buon corpo e abbastanza persistente.
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