di Marina Alaimo
Diciamolo pure, c’è ancora una certa pigrizia mentale nell’avvicinarsi ai vini del Vesuvio, nonostante ci siano realtà molto interessanti. Bisogna ammettere che una certa responsabilità i produttori di questo territorio ce l’hanno, anche se le cose stanno comunque cambiando, ma con lentezza. Immemori di un passato millenario e glorioso nella produzione di vini che ai tempi dell’antica Pompei erano così richiesti da raggiungere numeri che oggi farebbero impallidire chiunque.
Nella fertile campagna vesuviana, la vite è stata sempre protagonista, ed è tornata ad esserlo anche dopo i lunghi periodi di stasi imposti dalle eruzioni vulcaniche. Il Vesuvio ha visto in tempi lontani una viticoltura attenta e di qualità, l’introduzione di tecniche di cantina all’avanguardia, importate dalla Francia da Giuseppe IV Medici consigliato a dovere da Madame Gervais, intorno all’anno 1850.
E si perché i Medici proprio a Terzigno, dove è posizionato il vigneto di Villa Dora, possedevano una gigantesca villa rupestre ideata per produrre grandi quantità di ottimo vino vesuviano.
Ma i viticoltori moderni si sono impunemente distaccati da una memoria storica di tal peso, trasformandosi in commercianti del vino e dimenticando la dedizione che i loro avi avevano dedicato alla vigna ed alla cantina. Ancora oggi questo territorio è caratterizzato da una certa lentezza nel rispondere ad una richiesta di mercato ormai attenta.
Ma c’è comunque chi ha saputo investire sulla qualità e sull’esaltazione di un territorio così esclusivo come quello che cinge ad anello il cono del Vesuvio. Tra questi c’è senza dubbio Vincenzo Ambrosio che con la sua Villadora ha fatto un po’ da faro ed è riuscito ad attirare l’attenzione di appassionati e semplici consumatori sui vini del Vesuvio. Sono vini che ben esprimono il territorio, la sua storia, e la natura vulcanica del suo terreno, declinata in piacevolissime note minerali, saline e leggermente fumè.
Quest’anno l’azienda compie dieci anni di attività, pertanto ha sentito l’esigenza di raccontare e far conoscere il percorso lavorativo inseguito sino ad oggi. E lo ha fatto nella maniera più semplice ed efficace, organizzando due degustazioni verticali delle annate prodotte sino ad oggi sia del Lacryma Christi bianco Vigna del Vulcano, svoltasi in occasione dell’ultima edizione del Vinitaly, sia del Lacryma Christi rosso Gelsonero che ha avuto luogo sabato 17 dicembre.
A presentare il lavoro di Villa Dora c’erano il professor Carmine Cimmino esperto storico dell’area vesuviana, il produttore Vincenzo Ambrosio e Luciano Pignataro, mentre io e Paolo De Cristoforo, responsabile Gambero Rosso in Campania, abbiamo guidato la degustazione della verticale. Gelsonero è prodotto con il tipico uvaggio previsto dalla doc, quindi 80% piedirosso e 20% aglianico, provenienti dalle viti più vecchie che vanno dai 20 ai 60 anni.
Le piante nei primi cinque anni di attività dell’azienda sono state sottoposte ad un attento e lungo restauro mirato ad accorciare i lunghi tralci della pergola vesuviana, ideata in origine per una produzione copiosa dei grappoli. La resa del vigneto oggi è piuttosto bassa, non supera i kg. 1,4 per pianta. Prima annata in produzione è la 2001 ed è entrata in mercato dopo tre anni dalla vendemmia, come tutte le altre a seguire. Il vino fa affinamento in legno per 14 – 16 mesi, dal 2001 al 2004 sono state utilizzate le barrique di secondo e terzo passaggio impiegate per la produzione dell’altro rosso di punta, il Forgiato, mentre dalla 2005 all’ultima 2008 si è passati al tonneaux.
2008 Rubino intenso. Buona intensità di profumi ancora molto improntati sui toni fruttati, mora ed arancia rossa, sottile mineralità, toni di cenere , speziatura elegante di anice stellato e cacao. In bocca esprime tutto il temperamento giovanile, il sorso è scorrevole con tannini discreti e spinta acidità. Annata ben centrata ed interessante, da riprovare con grande curiosità tra un po’ di anni.
2006 Buona annata sul versante vesuviano. Rosso rubino intenso con riflessi granato. Naso ampio ed elegante con decisi toni floreali di violetta, ben espressi i colori della macchia mediterranea, frutta carnosa di sottobosco e prugna, leggera nota fumè e sottile speziatura. Sorso snello e di carattere allo stesso tempo, con tannini che si fanno sentire, ma ben affinati. La spinta freschezza ci induce a salivare ed a sorseggiarlo più volte con piacere e fa presagire piacevoli evoluzioni nel tempo futuro.
2005 Colore profondo, rosso granato. Annata molto interessante in Campania per la produzione dei vini rossi. Ed anche Gelsonero la esprime in maniera molto intrigante: è delicato nei profumi da inseguire con pazienza. Esordisce sui toni fruttati di amarena e si ripete la mora come nelle annate precedenti e carrubo. Piacevoli sentori balsamici di menta secca e sottile mineralità, la speziatura è ben integrata con il corredo aromatico e sa di chiodi di garofano e pepe, conferma di nuovo i toni fumè. In bocca esprime un certo dinamismo giocato tra gli accenti morbidi e di durezza: i tannini sono evidenti e di grande qualità, bella sapidità minerale, ma anche setoso e avvolgente e di lunga persistenza.
2004 Ultima annata in barrique. Rosso granato cupo, richiede un certo tempo di ossigenazione per rivelarsi al naso, si avvertono toni leggermente evoluti, sa di resina, cenere ed è minerale. La frutta rossa è sotto spirito, la speziatura è evidente nei toni di pepe e cuoio. In bocca il sorso ha carattere deciso, i tannini sono avvolgenti ed eleganti, bella freschezza ancora vivace e decisi sapori salati.
2003 Granato intenso. Si distacca abbastanza dalle altre annate con naso avvolgente e dagli accenti cupi, sui toni fumè e di catrame in evidenza, il frutto è leggermente maturo sulle tonalità del sottobosco, ma anche sottile violetta e speziatura discreta, ben integrata di anice stellato, cioccolato e tabacco. In bocca il vino ha grande carattere, esprime una certa austerità, il sorso è scorrevole con tannini decisi, salato, la freschezza è ben espressa e vivace. Davvero molto interessante!
2001 Il colore è cupo e quasi impenetrabile, rosso granato. Naso molto coinvolgente di terra bagnata, con leggeri toni evolutivi di smalto, decisa speziatura pungente di pepe e frutti del sottobosco. In bocca è ricco ed avvolgente, ha carattere esuberante rispetto alle altre annate, tannico e di buona freschezza, il sorso è lungo e piacevolmente salato.
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