di Mauro Erro
Credo che se al piedirosso, vitigno partenopeo per elezione culinaria e popolare, non avesse arriso il successo da sempre – dal Vesuvio, alle isole, dai campi flegrei alla penisola sorrentina è piantato ovunque – forse oggi ne avremmo maggiori e numerose interpretazioni qualitativamente valide. Già di per sé è vitigno difficile nella sua maturazione – le note verdi possono esprimersi acerbe o a maturazione tardiva nei toni maturi di geranio che ne appesantiscono il quadro olfattivo – e nella resa scarsa: la domanda che veniva e viene da Napoli, una delle città più popolose d’Europa, ha sempre superato l’offerta spingendo i viticoltori spesso ad ottenere maggiore quantità che qualità dalle proprie piante.
Rosso avanguardista inconsapevolmente, si cala alla perfezione nel contemporaneo laddove la crisi spinge il consumatore a vini di grande convenienza economica e di facile beva come è di moda dire oggi: e lì dove non può arrivare lo scorbutico aglianico giovane può lo sbarazzino per’ e palumm, capace di ben tenere, nella sua evoluzione, almeno sino a dieci anni dalla vendemmia. Maggiori esperimenti e attenzione su questo vitigno è un consiglio che sento di dare ai produttori campani.
La Sibilla: impiegati da cinque generazioni oggi conducono l’azienda i fratelli Di Meo, con Enzo, giovane ventenne a curare la trasformazione. Le vigne si trovano a Bacoli a ridosso del parco monumentale di Baia. Produzione totale 15.000 bottiglie
Piedirosa 2009 (piedirosso rosato) 83
Rosa tenue, vivace e di belle trasparenze, al naso ha piglio e personalità con il suo timbro minerale a cui si affiancano note floreali. Bocca leggiadra, da pesi leggeri, che s’allunga nel finale grazie alla spinta acida e al marcato timbro sapido. Per iniziare una cena o, a tutto pasto, sullo street food partenopeo.
Piedirosso Dei Campi Flegrei 2009 80+
Qui s’avverte la difficoltà dell’annata piovosa in un naso incerto e un po’ verde; analisi che si conferma al palato, quando dopo un buon ingresso, s’assenta dalla metà bocca in poi. Un po’ di bottiglia in più donerà comunque un maggiore equilibrio.
Contrada Salandra: Ingegnare mancato Giuseppe Fortunato con sua moglie Sandra Castaldo dal 2004 imbottiglia il frutto di piante più che trentenni. Apicoltori, la continua frequentazione della rassegna annuale di Montalcino li ha spinti a dedicarsi al vino. Produzione totale 8.000 bottiglie
Piedirosso Dei Campi Flegrei 2005 83
Rubino che degrada nel granato sull’unghia, ha un bouquet di discreta finezza e terziarizzato nelle note di brace, humus e sottobosco, pur mantenendo l’espressione vivace di un frutto accennato. Al palato è succoso all’ingresso e orizzontale. Largo ma non lungo, è naturale manifestazione, come il precedente, dell’annata che lo ha visto nascere.
Piedirosso Dei Campi Flegrei 2008 85+
Rosso rubino. Ha naso sottile, un po’ timido e riottoso. Frutta e timbro minerale. Al palato svela il meglio di se. Impatto succoso, centro bocca largo e succulento, finale acido ed elastico. Commercializzato da un mesetto, troverà nel tempo anche maggiore definizione aromatica nei profumi.
Agnanum Raffaele Moccia: a ridosso della riserva protetta degli Astroni, in piena Napoli ad Agnano, nasce questa azienda che imbottiglia dal 2002 nonostante sin dagli anni ’60 ci si occupasse di uva. Il Vigna delle Volpi è una selezione di cui si producono solo 600 bottiglie – il contenuto di un tonneau – proveniente da piante vecchie sino a 100 anni: una vigna allevata alla maniera della pergola puteolana. Il fortino contadino di Napoli strappato al cemento.
Piedirosso Dei Campi Flegrei 2003 Vigna delle Volpi 84
Rosso rubino rarefatto. Al naso è leggermente impreciso, un’armonia rustica leggiadra e soffice. I dolci toni del legno – un tonneau di secondo passaggio ben usato -, un pizzico di volatile e un leggero timbro scuro di indicazione minerale, sono la cornice entro cui si esprime un frutto ancor vivo e ricordi floreali. Palato stretto, acido, leggermente duro nel finale, ma beverino. Sette anni e sprizza energia giovanile.
Piedirosso Dei Campi Flegrei 2007 Vigna delle Volpi 88+
Nasce immediato il parallelo con zone più famose che ne ricalcano la cifra stilistica. Profilo borgognone, ha leggiadria nei toni floreali e fruttati – turgidi e croccanti -, leggeri sentori fumé e speziati, timbro scuro a ricordare un Gamay. Palato succoso e avvolgente, elastico nel finale dove un’acidità saporita ed agrumata invoglia ad un nuovo sorso. Retrolfattivi che giocano tra il fruttato e le erbe aromatiche. Anche questo in tonneau di secondo passaggio.
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