Povero Diavolo addio: Piergiorgio Parini lascia per aprire qualcosa di suo in Riviera e La notizia data da Paolo Vizzari su Reporter Gourmet per molti non è stata un fulmine a ciel sereno, ma per tutti è velata da una triste malinconia. Una splendida storia italiana di provincia che si chiude. Stefania e Fausto sono tentati di chiudere: difficile trovare un altro Maradona (mi si passi il paragone visto che non seguo il calcio). Internet brucia tutto, e allora abbiamo pensato a quello che molti pensano sia una prerogativa del cartaceo, l’approfondimento. Alberto Cauzzi è letteralmente di casa in quel locale, ci ha creduto fortemente e lo ha spinto negli anni dopo averlo conosciuto grazie a Pietro Pompili (Muccapazza) che lo invitò, ricordo, a una delle prime edizioni di Squisito a San Patrignano assieme ad Aurora Mazzucchelli. Per questo riprendiamo, d’intesa con Alberto che ringraziamo per la disponibilità, il suo pezzo che oggi esce su Passione Gourmet in cui spiega il senso della cucina e della esperienza di Torriana.
di Alberto Cauzzi
Passione Gourmet
Mi è stato chiesto da più parti di raccontare la storia della scoperta del Povero Diavolo di Torriana. Uno dei pochi ristoranti in Italia, forse l’unico di questo livello, che è stato raccontato prima sul web e solo in seguito dalla critica tradizionale. Un faro acceso su una locanda, e in particolare su un cuoco, che da lì in poi ha iniziato una intensa e vibrante rincorsa verso l’empireo della ristorazione Mondiale. Pier Giorgio Parini e Il Povero Diavolo sono stati e sono tutt’ora l’esempio di una ristorazione moderna, avanguardista, non solo dal punto di vista gustativo e della cucina. Il Povero Diavolo di Torriana è jazz, ha fatto dell’istinto e dell’improvvisazione la sua fortuna. Ha spostato il paradigma dell’alta cucina, fatto di brigate chilometriche, di ripetitività del gesto, di continue e costanti messe a punto, di ossessiva ricerca dello stile… Ha demolito questo costrutto ideologico proiettandola in un mondo d’improvvisazione, di continuo mutamento, a tratti pure di ruvida imperfezione.
E l’ha fatto dando vita a una vera e nuova avanguardia culinaria. Rendendo sostenibile un ristorante gourmet costruito su un modello meno costoso e meno ingombrante, il “no frills” dell’alta cucina contemporanea. Il modello del Povero Diavolo poteva nascere solo grazie a un incontro tra “folli”. Da un lato un cuoco di genio con un talento istintivo e unico. Dall’altro il contorto mecenatismo intriso di sana follia e illuminata visione di un duo di ristoratori spinti da rara passione. Fausto e Stefania Fratti. Una coppia, di cui lo chef è diventato una sorta di figlio adottivo, che ha creduto fino in fondo nel talento di Pier Giorgio e ha fatto sacrifici immani per sostenere lui e il suo progetto.
Ogni volta che mi viene chiesto di raccontare la cucina di Pier Giorgio e del Povero Diavolo riporto sempre questo esempio: prendete tre cuochi, sceglieteli voi tra i migliori, e metteteli in una cucina sottoponendogli tre ingredienti a sorpresa chiedendogli di costruire un piatto con questi. Bene, quello che creerà il piatto migliore sarà Giorgio, non ho dubbi. Questo è considerabile un valore assoluto? Certo che no. E’ semplicemente un modo per spiegare come il suo talento istintivo lo porti ad avere una tale dimestichezza e profondità sensitiva con gli ingredienti, da conoscerne perfettamente il risultato una volta elaborato. Come Mozart componeva con l’orecchio assoluto, Pier Giorgio Parini cucina con il palato compositivo assoluto. Una storia e una crescita che è stata possibile e realizzabile in quel luogo affascinante che è Torriana. Solo lì l’incontro poteva avvenire, e solo lì entrambi hanno dato il massimo in un’avventura straordinaria.
Ma tornando alla scoperta, e parlando di illuminazioni, ciò che mi portò a parlare del Povero Diavolo e di Torriana dopo una cena del Novembre 2007 fu un misto di intuizione e sana incoscienza, forse visione. Sarebbe bello raccontare che tutto ciò è stato merito mio, che quel lampo sia stato farina del mio sacco. Ma vi do una notizia: non è così.
Nel novembre del 2007, un pressoché sconosciuto Pier Giorgio Parini era stato da poco assunto a condurre le cucine del Povero Diavolo di Torriana, ristorante che già da qualche tempo stava mandando segnali interessanti.
Il mio vecchio amico Piero Pompili cominciò a insistere, “…quel giovane cuoco farà parlare di sé”. Alcuni lettori forse si ricordano di Piero, da quando girava per il web con il nickname di “Muccapazza”. Mi sono sempre fidato di lui: estroso, istrionico e follemente originale, non ha mai mancato di dimostrarmi sensibilità e senso del gusto, doti per nulla comuni. E poi una cena è spesso la scusa migliore per rivedere un amico.
Varcata la porta del Povero Diavolo rimasi ammaliato, folgorato da una cucina davvero priva di schemi fissi e lontana dalla memoria. Un pezzo di futuro fluttuante tra quattro mura incastrate nel tempo. L’amore fu istantaneo, un vero e proprio colpo di fulmine.
Ricordo che il giorno dopo, lungo la strada del ritorno, ne parlai con Paolo Marchi ed Emanuele Barbaresi.
Con il primo collaboravo alla neonata guida di Identità Golose e con il secondo stavamo scrivendo la guida Gourmet 2009, il gronchi rosa della critica gastronomica italiana, come scherzosamente amiamo definirlo io e i molti compagni di quella avventura che ancora oggi sono presenti qui su Passione Gourmet. Roberto Bellomo, Fabio Fiorillo e Roberto Bentivegna, il co-responsabile con me di quello che successe poi. Lo esortai a un’altra visita da Pier Giorgio dopo qualche mese, per verificare che non avessi preso un abbaglio.
— No, Alb, non ti sbagli.
Il genio era puro, l’anima del ristorante candida, l’esperienza tanto entusiasmante da diventare in breve una necessità.
E proprio nella guida Gourmet 2009, edita da Editoriale Domus, piazzammo il Povero Diavolo di Torriana ad una votazione di 17/20imi, a ridosso dei grandi. Una posizione che all’epoca fece non poco scalpore.
Negli anni successivi sono tornato a Torriana e al Povero Diavolo oltre 80 volte, e ogni volta ho degustato creazioni che in maniera del tutto naturale e spontanea hanno visto la luce, hanno goduto intensamente della loro stessa bellezza, come un bruco divenuto farfalla, per un solo giorno prima di eclissarsi per sempre, senza mai ripetersi. E’ vero, molti piatti sono diventati signature dish di Pier Giorgio e del Povero Diavolo. Ma credetemi se dico che pur essendo straordinari il “riso in bianco”, il “pomodoro al sugo”, il “sempreverde” non sono nulla di fronte a tante altre creazioni che ho avuto la fortuna di assaggiare.
È la storia di un grande amore che si conclude. Non ho mai visitato così tanto e così spesso un ristorante, e oggi penso che avrei voluto farlo ancora di più, toccato forse dalla sensazione intima che quel periodo, magico, avrebbe avuto una fine. Il resto è e rimarrà storia, una bella storia che ricorderemo a lungo.
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