– del Guardiano del Faro –
Accidenti! Ma sarebbe come se Nadia Santini si mettesse a sferificare la zucca e azotare il brasato?
Ma no, nessuna sorpresa, volendo andare a leggere con attenzione lo “storico” dello chef argentino di passaporto italiano più celebrato di Francia , divo in Sud America e magari anche consulente in Giappone troveremo queste basi classiche tracciate di netto nel suo solco di esperienza, diciamo solco di esperienza, ma più pragmaticamente potremmo dire che in quelle 12 stelle suddivise in quattro filosofie di cucine accumulate e assorbite, e che facevano di nome Bernard Loiseau, Guy Martin, Alain Ducasse e Alain Passard devono avergli fatto un discreto mazzo che però gli permette ancora oggi , a distanza di anni, di tirar fuori una cosa così dal portabagagli della cinquecento targata Imperia normalmente sovraccarica di pomodori , zucchine e quando va bene una cassettina di moscardini.
Qualche critico malinconico starà ancora ad etichettarlo l’italiano dalla parte sbagliata, infatti fosse di qua immagino che le valutazioni di una trentina di Espressi over diciassette si raffredderebbero di due o tre gradi , invece rimanendo di là son cz suoi, però di là il confronto è vero, poi se sei bravo di là diventi veramente mondiale e non solo campioncino regionale, ma essendo mondiale non puoi anche essere radicalmente regionale e quindi anche questa poularde non è come quella che fu da Loiseau o quella che è da Chapel o Blanc, non è da vingt-sur-vingt perché manca quella abitudine e quella attitudine naturale, ma è solo un gradino sotto, per un senso del profumo, una sensibilità storica, un senso improprio perché sei fuori casa, un senso che non puoi avere se non ci sei nato dentro, e quindi benissimo così, hai già fatto una cosa da lacrime. Lacrime fusion, con le materie prime che si accavallano in un percorso tracciato tra Borgogna, Lande e Piemonte.
Le cose cambiano ed i profili emergono gradatamente, sono frutti che maturano come le nespole, perchè partono da profondità lontane ed hanno bisogno di riposo e di sedimentazione, quindi se il tuo primo maestro francese è stato il Bernard suicida e hai quindi deciso di cambiare aria ma se poi ti capita magari un manager, un edonista e un alcolista che fai ? E’ tutta roba buona da vedere se hai l’ occhio svelto, subito da mettere nel cassetto quel che sembra interessate , e decidedere poi in seguito se e cosa farne. Cosa farne? Farne un chef intelligente, moderno, che sa stare al mondo, con basi classiche, con tecniche modernissime, capace di far di conto e vendersi bene, anche con un certo stile.
Per ora le signatures sembravano essere les legumes, oui les legumes , specialmente quelli dimenticati, dimenticati anche dove si raccolgono, e per molti anche come si coltivano , e allora piantiamoli, anche qui, dove sembra impervio il rilievo dei Balzi Rossi, appena due giri di curve al di sopra del Pavillon Blanc Colagreco, l’Argentin à Garavan, appena venti curve sopra il mare, ma la prospettiva cambia totalmente se le verdure te le coltivi e non le vai a comprare ai mercatini di quelle parti. Sarebbe facile farsi tradire dal docile clima che invita più al far niente che a produrre idee, invece così hai il meglio ogni stagione ed al miglior prezzo, al primo prezzo, e qui non è il solito orticello regolamentare ostentato per moda, questo non lo vede nessuno e se non sai dov’è non sei neanche obbligato a sapere le origini degli splendidi vegetali che arriveranno nel piatto.
Sono più buone se te le sei coltivate da solo, le verdure, le idee, le amicizie, la clientela.
La piccola pesca e i fondi di cassetta, le parti dimenticate degli animali, i cereali di mezzo mondo, i profumi in fusione mondiale, senza far casino, uno o due per volta, le incisività accorpate, le acidità abbigliate di grassezza provenzale, la gestione facile e istintiva del buon food cost, la gestione difficile del personale, cambiato come le calze, sono felice che non mi hai mai voluto, questi vini e questi bicchieri che non accontentano mai nessuno, ma poi cosa sentono le mie orecchie “ sommelier, Selosse Rosè, et après Chevalier Montrachet Domaine Leflaive quatre-vingt-seize merci ” Allora hai capito anche questo, vedi che la maturità non si improvvisa, il tempo è proprio indispensabile.
Le dolcezze, che finezza in queste dolcezze, profumi e zuccheri, cremosità e dolcezza, ti stai divertendo alle spalle degli acidi ?
Certo che si ! Si vede che hai capito come gira il mondo, Menton è per un parigino come Villa San Giovanni per un milanese, ti devi abituare a lavorare con questi indigeni, ognuno ha i suoi, e con quelli devi confrontarti tutti i giorni, i parigini e i milanesi arrivano una volta l’anno sull’onda lunga del n°35 mondiale ai fornelli, e magari ti fanno più danni che darti soddisfazione e guadagno se non sono targati Omnivore o Gault Millau, quindi gestire con più oculatezza certe acidità, perché questi qui, li vedi come sono, questi amano certamente i sapori netti e appuntiti, ma una cremina gliela devi far almeno intuire, e il dolce deve tornare ad essere dolce, se no non capiscono dove si trovano, per loro il Mirazur è una piccola gloria locale a cui affezionarsi.
La testa oggi è qui, domani in Spagna, dopodomani in Brasile, poi gli States, l’Argentina, il Giappone.
Ho capito che hai capito, personalità si, ma con quella faccia furba da “ àngel con la cara sucia” come Sivori, dove vai ci metti del tuo ma con un occhio di attenzione nei confronti verso chi da a te da mangiare e non l’inverso.
Sai che aveva ragione quel tuo collega dall’altra parte della Riviera ? Aveva capito che a te non serve avere una carta dei piatti, perché tu hai già tutto in mente, tutte le combinazioni possibili per arrivare ad una giusta soluzione , potresti farne quaranta diversi ad ogni servizio o su misura per ogni cliente se la brigata ti assecondasse, e alla fine vedo che anche il cliente ha capito e si fida al punto di non domandarsi neanche cosa significhi scrivere una riga inutile piuttosto di una descrizione delle entrate, un “Pour commencer” va bene lo stesso, anche se seguito da un criptico : Clorofilla, oppure Terra, oppure Acqua. Fine degli antipasti. Capito zero, oppure tutto, perché la sala è al completo anche a pranzo, mentre di là de la frontiere il -y- a personne à table a midi negli stellati.
Stare in piedi in questo pavillon non è stato facile, la deriva è verso il quinto anno, oggi si chiude per l’inverno, ci si rivede in primavera per il Mirazur anno quinto, la tavola più frizzante della Costa Azzurra, non bastasse, anche il miglior rapporto qualità prezzo della Costa Azzurra.
Ci ho provato a prenderti di sorpresa stavolta, in giro si dicono tante cose, compreso che lo chef non sempre è al piano, cosa non più fondamentale se l’organizzazione è consolidata, però ho almeno tentato, rischiando di rimanere fuori a causa della Non prenotazione e confidando sul fatto che ancora una volta tutto il personale era diverso dall’ultima, e così è stato.
Un coperto, comanda semplice, menù intermedio e bottiglia di bollicine, piuttosto anonimo direi, oppure puzzava di Michelin questo atteggiamento ? Nel dubbio però un professionista, anche a locale pieno l’ho butta un’occhio in sala, non sta tutto il giorno con la testa sulla padella, può anche uscire un momento a rendersi conto chi c’è nel suo ristorante , così, per scrupolo, e quindi la sorpresa, premiata con questa Poularde Royale al tartufo bianco.
gdf
– seguirà una seconda parte con i piatti serviti nel menù del penultimo servizio del Mirazur 2010 –
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