Corso XVIII Agosto, 46
Tel. 0971.410220
aperto a pranzo e a cena
chiuso: domenica
www.grandealbergopotenza.it
Potenza non è più quel che si dice una bella città. Orrendi palazzoni di cemento da più di mezzo secolo continuano ininterrottamente a fagocitare il centro storico, nascondendo le chiese, i palazzi nobiliari e persino il verde di qualche parco di inizio Novecento. I ritmi e l’organizzazione sono quelli di un capoluogo di regione più politico amministrativo che culturale turistico: i castelli di Federico II e le vigne del Vulture sembrano molto più lontani di quello che sono.
Anche la ristorazione potentina si è necessariamente adeguata ai tempi (e ai gusti) di chi passa di qua solo per un veloce appuntamento di lavoro. Fatta eccezione per l’eccellente cucina e cantina dell’Antica Osteria Marconi, i menu che trovate in città sono quasi tutti abbastanza tradizionali o ripetono sempre lo stesso ritornello. A sfidare questa routine si sta impegnando con molta determinazione Pasquale Conte, chef originario di Teggiano, nel vicino Vallo di Diano, dal 2006 «Maestro di Cucina» delll’Associazione professionale Cuochi d’Italia.
Con una piccola brigata si è trasferito al Grande Albergo Potenza, nel ristorante Bacco, dove propone una cucina rispettosa – anzi, fedelissima – del territorio. Con attenzione quasi maniacale alle verdure di stagione e ai prodotti locali cura personalmente tutti gli aspetti della cucina, a partire proprio dall’approviggionamento della materia prima che quando possibile, come ricorda nel suo menu, proviene da un’azienda agricola di proprietà. Anche la piccola lista dei vini introduce l’ospite alle migliori etichette regionali, con un ricarico più che onesto.
Gli antipasti offrono da subito un saggio delle sue ricerche e ricette sul territorio: baccalà in tempura di zafferano con mele della Val d’Agri e noci; sformatino al canestrato di Moliterno con salsa e petali di pere, gocce di caramello al miele e peperoncino, salsiccia e soppressata di Castelsaraceno, millefoglie di baccalà e cime di rapa con peperoni di Senise. Anche nei primi piatti e nelle zuppe si percorrono le strade della Lucania antica, del Pollino, della vicina Puglia. Le paste sono tutte fatte a mano, a partire ovviamente dagli strascinati che Pasquale propone con i funghi di stagione. E poi i fusilli alla lucana con il rafano; i cavati con crema di baccalà asparagi e pomodori pachini; la passatina con i ceci neri di S. Martino e la cicoria campestre.
Tra i secondi i piatti forti sono il vitello podolico, l’agnello locale e il baccalà mentre chi vuole optare per i formaggi può scegliere tra un tegamino con scamorza affumicata, lonza e funghi cardoncelli; un canestrato di Moliterno con confettura di cipolla rossa della Val d’Agri, caciocavalli Dop o pecorino di Filiano. Si chiude con dei semifreddi della casa. Niente di nuovo sotto il sole, a prima vista. Eppure il rispetto per i prodotti del territorio si traduce nell’applicazione di poche e semplici regole che aiutano a ritrovare i sapori e le cotture di una volta senza guizzi forse, ma anche senza inutili stravolgimenti.
Qui, insomma lo stomaco si riposa, vista e olfatto non subiscono stress. L’ambientazione è invece decisamente in ritardo rispetto all’aggiornamento della cucina: l’ingresso del locale sembra un’uscita di sicurezza, l’arredo è d’antan con una finta boiserie che opprime anche il soffitto, i bicchieri ricordano l’accoppiata acqua-vino dei ristorantoni anni Settanta.
Un bello squillo di tromba nella ristorazione potentina, su cui puntare nei prossimi mesi.
Virginia Di Falco
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