di Marco Contursi
“Ormai non è più accettata nessuna critica” questo mi diceva giorni fa un amico ormai canuto, indignato della risposta ( “ma che ne capite voi…”) che gli aveva dato un ristoratore ad una sua semplice rimostranza per avergli servito una pizza bruciata. Non ha un cellulare di ultima generazione e quindi non ha fatto foto, ma gli credo. E le polemiche scaturite dopo la classifica approntata da Andrea Docimo sulle pizzerie di Caserta mi fanno pensare che ha ragione. Classifica meglio ricordarlo, condotta in anonimato, pagando e da un ragazzo sicuramente più competente di cibo della media delle persone, seppur ancora in formazione. Che poi, alcune foto da lui pubblicate parlano da sole. Non c’è bisogno di Veronelli per capire che alcune pizze lasciavano molto a desiderare. Ma probabilmente chi ha fatto uscire quelle pizze sapeva che erano fatte male ma ha pensato “un cliente in meno che fa, visto che riempio tutte le sere?”. Giuro di aver sentito con queste orecchie, ragionamenti di tal guisa.
Ma perché oggi una critica non è più accettata. I motivi sono due, e uno è frutto di una riflessione fatta con me da un ristoratore di lunga esperienza. Vediamo nello specifico.
- Il primo motivo è questo divismo che ha colpito ormai tanti pizzaioli, che paragonati a delle celebrità, mal gestiscono il successo, sentendosi legibus soluti. Sentirsi chiamati “Maestro” a 20-22 anni, trattati come dei grandi uomini, osannati ed intervistati, non avendo spesso neanche gli strumenti culturali per gestire il successo, crea quello che è sotto gli occhi di tutti: muovi una critica-mi faccio una bestia-ti taccio di incompetenza. Il tutto senza chiedersi neanche per un attimo le motivazioni della critica. E se da un lato è vero che oggi sono tutti critici gastronomici, è anche vero che non si può pensare di essere arrivato ed infallibile a 20 anni. E anche a 50 si può sbagliare una pizza. Il fatto è che, oggi, il mondo pizza muove cifre spaventose e quindi i pizzaioli, oggi per gran parte con addetto stampa e consulenti vari, alimentano un giro di soldi, che li vede portati sempre più in cielo, anche perché, se tu pizzaiolo mi dai mille e passa ( quando va bene..) euro al mese per curarti la comunicazione o per consulenze varie (tutte necessarie?), il minimo che possa fare è chiamarti Maestro, Eccellenza, Santità. Come si dice “chi mi da il pane mi diventa padre”.
Un bagno di umiltà servirebbe a tutti ricordando che “fare un calzone aperto, non è certo fare una operazione a cuore aperto”.
- Il secondo motivo, e qui la riflessione del mio amico Antonio, ristoratore di vecchia data è stata illuminante, è che molti gestori di ristoranti e pizzerie non sono “ristoratori ma imprenditori”. Ossia e qui scatta l’applauso mentale, “L’imprenditore è uno che pensa solo ai soldi e i clienti sono solo numeri, il ristoratore è uno che crea un rapporto col cliente, anche minimo, che fa di tutto per lasciarlo soddisfatto anche a costo di rimetterci perché sa che un cliente soddisfatto ritorna e porta gente. Se uno mi manda indietro una pizza, io gliela rifaccio, senza discutere se fosse sbagliata o meno. Se faccio storie o lo taccio di incompetenza, ritorna? Parla bene di me? E comunque, chi sceglie di fare il ristoratore, non lo può fare solo per il guadagno ma anche per regalare emozioni, poiché il cliente mi affida i suoi soldi ma soprattutto la sua felicità nel tempo che siede alla mia tavola”. E oggi si siede sempre di meno, aggiungo io, vista la crisi, quindi se resta scontento, se lo ricorderà per parecchio. Questa differenza tra ristoratore ed imprenditore per me è illuminante e dovrebbe essere tenuta a mente da ognuno che fa ristorazione, sia esso titolare di ristorante o pizzeria. Il mangiare ha a che fare con la sfera emotiva, chi va fuori a pranzo o cena, non lo fa per nutrirsi ma per passare del tempo piacevole, magari per celebrare una ricorrenza e non deve essere considerato solo un numero. Accontentare un cliente, nei limiti del possibile dovrebbe essere il must di ognuno che somministra cibi e bevande, anche a costo a volte di rimetterci una bottiglia di vino o un piatto non gradito. Ma mi rendo anche conto che certe pizzerie sono oggi dei mangifici, perché se con cento coperti, di sabato fai 1000 pizze, il rapporto con cliente si riduce a buonasera-cosa vuole-ecco il conto. Altro che fast food…..questo è flash-food.
Sarebbe bene ricordare che nulla è eterno……neanche il successo. Meglio costruirsi una clientela fidelizzata nel tempo, a costo di perdere oggi qualche coperto (odio la pratica di chi sollecita ad alzarti come finisci, tanto quanto quella di chi ha terminato e sta 2 ore a parlare, est modus in rebus…) o rifare una pizza, magari perfetta per te, ma non gradita a uno che ti ha scelto e affidato la sua felicità. FELICITA’…..mica bruscolini.
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