Gioventù. Entusiasmo. Studio. Gli occhi aperti sul mondo. Queste le caratteristiche che hanno fatto sì che la cucina di Angelo Borghese attirasse l’attenzione di chi come me ama far conoscere le nuove generazioni che in cucina fanno un buon lavoro, sperimentando e provando, col sudore della fronte e con l’umiltà necessari per crescere e guardare oltre.
Siamo a Pagliarone, una frazione di Pontecagnano Faiano, nella struttura dell’Hotel Carosello le cui redini vengono prese dai fratelli Petretti, Piergiorgio, Gerardo e Gennaro, dopo averlo ereditato dal nonno che lo gestiva come un grande locale da 400 coperti prima e come un ristorante con camere dopo, alla fine degli anni 60. All’idea di realizzare le Magic Suite, originali camere a tema, è seguita quella di un bistrot, un posto semplice e conviviale dove poter consumare un pasto in assoluto relax.
Dall’apertura nel 2017, e per i primi due anni, Angelo Borghese qui si muove come consulente con l’obiettivo di offrire una cucina tradizionale rivisitata. Successivamente, grazie all’instaurarsi di un rapporto di profonda stima e amicizia con i titolari, si insedia in modo stabile nell’organico e inizia a dare al locale la sua impronta.
Una passione per la cucina maturata da Angelo tra le mura domestiche, grazie all’amore che la mamma infondeva nella preparazione delle pietanze per i suoi due fratelli e per il papà. Dopo l’alberghiero le esperienze all’estero in brigate internazionali grazie alle quali si avvicina alla cucina francese e inizia ad ampliare i propri orizzonti entrando in contatto con culture, usi e tradizioni diverse. In Italia importanti i momenti formativi con maestri del calibro di Oliver Glowig e in realtà campane come l’Hosteria San Lorenzo di Eboli, la Taverna Scacciaventi di Cava de’ Tirreni, il Vinile di Salerno e l’Osteria Al Paese di Nocera Inferiore.
Tra i riconoscimenti per il suo lavoro la recente attribuzione di una Forchetta da parte della Guida Ristoranti d’Italia 2020 del Gambero Rosso.
La cucina come viaggio, questo è il concetto attorno al quale ruota la sua filosofia ai fornelli. Angelo affianca alle grandi materie prime di eccellenza e stagionali del territorio, selezionate con grande attenzione, diversi prodotti, tecniche di cotture e spezie provenienti da tutto il mondo.
La sua particolare attitudine, infatti, consiste nello studiare la storia dei piatti, l’origine degli ingredienti usati nelle cucine straniere e quindi scovare personalmente delle chicche da impiegare in modo sapiente e ragionato per la preparazione dei piatti. In questo modo l’ospite è messo nella condizione di fare un vero e proprio viaggio culinario rimanendo seduto al tavolo.
Oltre alle portate alla carta sono attualmente disponibili tre menu, uno di mare (45 euro) e un altro di terra (38 euro) composti da autentici capisaldi della tradizione, e uno gourmet definito ‘Il Viaggio’ (55 euro).
Quello di mare comprende piatti come spaghetti alle vongole veraci e baccalà alla napoletana mentre quello di terra minestra maritata, pasta e patate con guanciale di maialino nero casertano e braciola di vitello cotta in pomodoro San Marzano ripiena di uva sultanina e pinoli con scarola ripassata, capperi e olive taggiasche.
La sala, che per stampe, colori e forme ricorda gli anni Settanta, comprende 70 posti. Attento e disponibile il servizio.
Il menu che ben sintetizza il desiderio di Angelo di girare il mondo, di conoscerlo e farlo conoscere, è Il Viaggio. Le sue radici affondano nella ricerca della storia dell’hot dog che poi è continuata nello studio delle tradizioni culinarie di diversi popoli. Ogni piatto rappresenta un continente ed è concepito come un vero e proprio itinerario. Un intreccio di culture gastronomiche, quindi, che vede affiancare le nostre materie prime a quelle degli altri Paesi.
Si parte dall’Oceania con un gambero rosso in acqua di mare con caviale di limone che riproduce il finger lime detto anche caviale vegano, prodotto di origini australiane coltivato e raccolto dagli aborigeni 60.000 anni fa.
Per l’Asia propone una cialda di riso e alghe marine e del tonno marinato con una salsa a base di soia e sesamo, importanti ingredienti della cucina giapponese.
Terza tappa: l’Africa. La scelta ricade sul couscous, pietanza di origine berbera considerata il piatto tipico per eccellenza del Maghreb, che lo chef ha imparato ad amare moltissimo nella sua versione autentica, assaggiata quando ha avuto l’occasione di lavorare con dei ragazzi marocchini.
Penultima fermata: il Nord America. Qui gli spaghetti con le polpette uniscono l’America e l’Europa, un simbolo dei piatti italo-americani nati a seguito del fenomeno dell’emigrazione. Indimenticabile pietanza di una cena a lume di candela che vede protagonisti una cagnolina chic e un randagio nell’amatissimo e intramontabile cartone Disney Lilli e il Vagobondo.
Infine l’Artico è rappresentato da carne disidratata a cui viene aggiunto un po’ di fondo bruno per renderla più succulenta. Ricorda la tecnica eschimese dell’essiccazione che consente una lunga conservazione e conferisce alla carne un intenso sapore.
Si parte con un bagel con salmone selvaggio affumicato, erba cipollina, burrata e avocado accompagnato da un cocktail con mescal e melograno. Uno street food da mangiare rigorosamente con le mani. Piatto goloso con interessanti note di affumicato sapientemente bilanciate dalla freschezza della burrata. Divertente e ben studiato l’abbinamento con il distillato messicano ottenuto dalla pianta dell’agave, assonanza gustativa ben riuscita.
Viene servito poi un involtino di spigola ricoperto con chips di patate, ripieno di formaggio Monachello e fritto. In abbinamento una salsa al topinambur. Comfort food. Una rivisitazione del fish and chips.
Per primo tortelli fatti a mano ripieni di cipolla ramata stufata con carpaccio di tonno e brodo alla salsa di soia dove risulta ben bilanciata la tendenza dolce del ripieno con la sapidità della soia. A seguire la Genovese con battuto di manzo, aria al parmigiano e polvere di cacao, una interpretazione di un classico intramontabile della cucina partenopea il cui gusto complessivo è sorprendentemente più vicino al piatto originario di quanto si possa pensare.
Due i secondi di carne: entrecôte al fumo con fondo di salsa BBQ e pollo nero cotto a bassa temperatura, broccoli saltati e zenzero.
Entrambi si distinguono per le ottime cotture. Risulta molto gradevole l’associazione dell’ortaggio alla spezia che conferisce una briosa e inaspettata piccantezza.
Conclusione leggera e rinfrescante, in linea con la moderna concezione del fine pasto, affidata a un gelato alla mela verde racchiuso in una semisferica cialda di frutta secca che ricorda un igloo. Per finire la piccola pasticceria.
Un campo, quello dei dolci, in cui è stata determinante l’esperienza al Capri Palace con Oliver Glowig dove questa era considerata, e di conseguenza trattata, come una vera e propria arte.
Tanti spunti, dunque, in questo percorso che porta il gusto e la mente lontani pur facendoci tenere ben presente le grandi materie prime della nostra terra e i piatti che costituiscono la nostra identità gastronomica. Un grande in bocca al lupo ad Angelo affinché questo sia solo il punto di partenza di tanti viaggi ed esperienze gratificanti sia nel lavoro che nella vita. Giovani chef con questa intraprendenza, originalità e voglia di fare lo meritano.
Settanta Neo Bistrot
Via Vespucci, 19
Pontecagnano Faiano (SA)
Tel. 089.381314
www.70neobistrot.it
Aperto dal lunedì al venerdì a pranzo e a cena
Aperto sabato solo a cena e domenica solo a pranzo
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