Via G. Ocone, 12
Tel. 0824.874054
Sempre aperto, chiuso mercoledì. Ferie a settembre
Uno dei nostri pilastri mentali è su come si debba posizionare un ristorante di campagna. La risposta è molto, molto semplice: piatti tradizionali, possibilmente anche nelle lunghe cotture di un tempo, servizio aggiornato e moderno. Questo equilibrio, solo apparentemente banale ma in realtà molto difficile da raggiungere, si realizza o quando i giovani si mettono a bottega dagli anziani o, come in questo caso, quando si realiza la felice combinazione di mamma Concetta in cucina e il figlio, Gianni, in sala dopo aver fatto il corso di sommelier.
Buoni bicchieri attenzione all’hotellerie, vini di territorio e tanta buon roba. Noi abbiamo evitato inpassato la diffusione dell’aviaria divorando il piccione imbottito che fanno qui e che sognamo ogni giorno. Una delle nostre motivazioni del viaggio in Sannio. In subordine gli ammugliatielli, ossia le interiora di agnello passate alla brace. Sono queste le due specialità che leggerete sul bigliettino da visita di questa storica locanda della longobarda Ponte.
Piombiamo qui dopo la degustazione delle annate storiche di Aglianico del Taburno. Quale migliore posto per verificare sul campo quello che abbiamo valutato in teoria?
Ma ci sono il pane, i taralli e gli antipasti che da soli valgono la visita: prosciutti, salsicce, capicollo, fiordilatte e caciocavalli freschi tipici del Sannio.
Trionfo di verdure come carciofi di Pietrelcina, melanzane marinate o a funghetti, funghi porcini trifolati e saltati in padella.
A seguire la magnifica zuppa di fagioli borlotti su crosta di pane insaporita dall’olio extravergine di qualità di queste colline, zuppa di baccalà, patate e cavolfiori, scarola ripiena in brodo di pollo, zuppa di cicorie e fave.
Tra i primi, paste fresche tirate a mano e condite con i broccoli o i sughi classici, carni alla brace e baccalà in umido, soffritto.
Ora i giochi si fanno duri: la tasca di di agnello e gli ammugliatielli (abbuoti, gnummariddi), involtini di interiora di agnello ripieni.
Si chiude con pecorino laticauda stagionato o con i dolci della casa: la sbriciolata della casa con ricotta, cioccolato e mandorle, e la crostata alla frutta.
Siamo in uno dei tempietti della gastronomia campana, ormai collaudato da quasi dieci anni, che conserva intatta la potenza espressiva della fame contadina e dell’ingegno delle massaie che dovevano ingannare lo stomaco dei loro uomini impegnati nei campi. Ce ricordano le porzioni, belle abbondanti per cui noi signorini di città faremo bene a chiedere uno per due.
Giacché la differenza sostanziale tra la civiltà rurale e quella cittadina è molto semplice: la prima deve risparmiarmare calorie, la seconda deve bruciarle proprio perché nei campi si fatica mentre in città si sta fermi. Il conto? 25-30 euro.
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