Arriva sempre il momento in cui decidi di stappare “quella”vecchia bottiglia che per motivi misteriosi hai conservato per anni e anni. Ed è stato il caso del Taurasi Poliphemo 2005 Luigi Tecce, terza vendemmia del piccolo vignaiolo di Paternopoli in una bella serata fra amici dove era necessario concludere dopo una alluvione di vini bianchi con qualche tannino serio, di quelli che solo l’Aglianico riesce a darti dopo un bel po’ di tempo.
Era tempo che non si provava questo rosso, precisamente da un verticale storica di Luigi Tecce del 2013!
I rossi di Tecce sono sempre stati irrequieti e difficile da domare nei primi anni ed è buona regola farne passare almeno dieci per poter cominciare a vedere il punto di equilibrio, costituito il più delle volte dal un ridimensionamento del ruolo della freschezza e dei tannini. Ecco perché ci è sembrato che 13 anni potessero bastare per questa bottiglia. Un po’ avevamo ragione, ma anche no: il Taurasi infatti si è imposto subito con tutta la sua energia: una materia viva, ancora giovane, un naso di frutta e di rimandi di cenere, fumè, carruba mentre al palato l’acidità e i tannini erano appena levigati dallo scorrere del tempo. In poche parole, una bottiglia che è ancora lontana dal percorso emozionale a cui ogni rosso taurasino è destinato a regalare nei decenni, ma in ogni caso assolutamente efficace e ricco in modo da appagare il palato a fine cena dopo bianchi e piatti impegnativi. Un vino di 13 anni da paragonare ad un adolescente insomma, che sicuramente avrebbe potuto evolvere per moltissimo altro tempo. Questo ci servirà da lezioneper le prossime bottiglie, ma intanto possiamo dire che no nci siamo pentiti di avere aperto la 2005 trovandola in perfetto stato di forma. Luigi Tecce, con la sua manualità nel trattare le uve rivela sempre una particolare sensibilità che gli deriva dall’esperienza. E sicuramente i suoi vini sono qualcosa da non perdere nel ricco panorama irpino perché hanno una caratteristica sopra tutte le altre: l’assenza di banalità.
Scheda del 12 marzo 2009. C’è sempre comunque il vino che colpisce particolarmente e nel mio caso è senza ombra di dubbio il Taurasi Poliphemo di Luigi Tecce. La sua è un’azienda giovane, partita sicuramente con il piede giusto, sono più che certa che otterrà un grande successo in quando sa esprimere ed equilibrare al meglio le note morbide e quelle dure dell’aglianico, sfatando la comune idea che il Taurasi debba essere per natura un vino dal nerbo acido e tannico predominante ed invadente, specie in gioventù. Io sono in totale disaccordo con questo pensiero, se compero un vino lo faccio per berlo e non per aspettare quindici o venti anni prima di stappare la bottiglia, quindi anche un vino giovane deve avere un giusto equilibrio ed una certa armonia, nel momento in cui lo bevo deve invogliarmi a continuare, ma se è squilibrato sui toni della durezza certamente smetterò di bere al primo sorso. Chiacchierando con Luigi, mi rivela che si è deciso a diventare viticultore proprio per affrontare e vincere questa sfida, ovvero dimostrare che un vino prodotto da uve aglianico può esprimere sia morbidezza che freschezza e ruvidità dei tannini in modo equilibrato ed estremamente piacevole e senza distaccarsi dalle caratteristiche legate al territorio. I Tecce sono vignaioli da almeno quattro generazioni, producevano vino per uso proprio e per piccolo commercio. Ma, dopo il terremoto dell’80, come tutte le famiglie della zona, e poi in seguito alla crisi dello scandalo del vino al metanolo, smettono di commerciare in vino, e vendono le uve, in parte utilizzate per la vinificazione domestica. Luigi nel 2003 decide di diventare produttore e di mettere su un’azienda abbandonando la politica alla quale si era dedicato con passione per lungo tempo, in seguito a profonde delusioni. Ha l’idea ben precisa di vinificare seguendo integralmente gli insegnamenti dei nonni e soprattutto rinunciando alla collaborazione di un enologo, avendo un progetto ben preciso di produzione. I suoi vigneti, tra i più alti della Campania, sono coltivati nella microzona compresa tra Paternopoli e Castelfranci, esposti a sud a quota 550 metri. Il terreno è calcareo con presenza di sabbie compatte e argilla, con arricchimento di piroplastiti. Luigi dice che cura la vigna così come se stesso, usando il meno possibile i prodotti di sintesi, interviene sul suolo solo con vangature ed erpicature, severe sono le potature per equilibrare la parte vegetativa essendo l’aglianico un vitigno di buona vigoria.
L’annata 2005 ha avuto una resa per ettaro molto bassa, 30 quintali, a causa delle abbondanti piogge del mese di ottobre, la vendemmia ha avuto tempi lunghi: è cominciata infatti il 25 novembre per concludersi il 14 dicembre. Il vino fa macerazione e fermentazione in botti di castagno da 20 e 30 hl senza controllo della temperatura, utilizzando i lieviti indigeni spontanei, con follature manuali vigorose e lunghe nei primi giorni e diradanti nel tempo. Poi matura in barrique nuove per il 40% della massa, la restante parte in carati da 500 litri, per una durata complessiva di 12 mesi. Affinamento in acciaio per altri 12 mesi ed altrettanti in bottiglia. L’annata 2005 è il frutto dell’ultima vendemmia della vigna S. Andrea dove vi erano viti del 1930. Luigi ha scelto di chiamare questo vino Poliphemo essendo di buona vigoria con titolo alcolometrico di ben 15 gradi, ma anche per la storia che lega l’aglianico al mondo ellenico e quindi ad Ulisse che molto probabilmente ha stordito il Ciclope con questo vino che aveva imbarcato sulla sua zattera di ritorno da Troia.
Il vino è rosso rubino intenso e luminoso, si presenta al naso con un assetto di integrità ed espressione ampia con profumi fruttati di ciliegia fresca e note agrumate di arancia rossa, si accodano profumi speziati di rabarbaro, anice stellato e pepe, leggere note floreali di violetta, poi delicatamente balsamiche di eucalipto. In bocca è caldo, forte nel tannino maturo e per niente astringente, di buona spalla acida ma ben equilibrata dalla morbidezza della glicerina, sul finale emerge una sottile mineralità, ricco nel corpo, ma comunque fine e snello, lungo nella persistenza. Da provare con tipici fusilli taurasini con sugo di ammugliatielli (involtini di interiora di agnello), con salumi artigianali, ottimo con formaggi pecorini stagionati.
Sede a Paternopoli. Via Trinità, 6
Tel. 0827.71375
Email: ltecce@libero.it
Bottiglie prodotte: 5000
Ettari: 3,5 di proprietà
Vitigni: aglianico