Domenica delle Palme nella magica irpinia per conoscere Poliphemo 2006 di Luigi Tecce, vino straordinario di cui vi parlerà Mauro Erro. Qui le foto della giornata fantastica, vissuta insieme a tanti amici tra cui Jenny e Antonio Pisaniello, Enzo Mercurio, al ristorante La Ripa di Rocca San Felice. C’è una Campania low cost ancora sconosciuta e ricca di valori positivi che ci piace raccontare. Ecco, attraverso le foto di Adele Chiagano e Monica Piscitelli, l’atmosfera vissuta da tutti noi illustrata dalle note di Monica.
“Parli sempre di vino” mi dicono. In alternativa: “parli sempre di cibo”. Ammetto che sia il primo che il secondo argomento sono ricorrenti nei miei discorsi, ma non sono che la forma sotto la quale si nasconde ben altra sostanza. Lo chiamo innamoramento per le storie e i luoghi in cerca di realizzazione. Trovo incredibilmente affascinante il vino, come la cucina, come esempi di genio applicato a manualità e tecnica invidiabili. Almeno quanto il saper disegnare o dipingere. Mi incantano le storie e le persone che sanno essere agenti, in contesti anche difficili, di lenti cambiamenti del territorio che li circonda. Combattere l’abbandono e l’inerzia semplicemente facendo quel che sanno meglio e più seriamente di altri. Una cantina o un locale dove c’è uno chef, magari giovane e pieno di talento, possono essere motivi di interesse sufficienti per il rilancio di una intera area. Ma che fatica crederci e perseverare in un progetto del genere! Qualcuno non ce la fa.Bene, in una domenica delle Palme calda e soleggiata come quella appena trascorsa, non ho resistito alla tentazione di percorrere 110 chilometri da sola per andare a vedere Rocca San Felice, paesino arroccato su un cocuzzolo e raccolto attorno ai resti di una fortificazione, del quale ho sentito dire un gran bene.
L’occasione è imperdibile: la presentazione del Taurasi Poliphemo 2006 di Luigi Tecce, viticoltore tra Paternopoli e Fontanarosa organizzata da Lucianopignataroblog e Divinoinvigna. Una volta arrivata, guardandomi attorno, sorrido ripensando a chi mi ripete “ma, in fondo, è solo vino”.
Per molti buoni motivi: la buona compagnia di gente che si interroga su cosa fare e come, di fronte alla paralisi delle amministrazioni, che discute di vendemmie e viticoltori andando a ritroso nel tempo di 15 – 20 anni (esercizio che ormai si compie solo per ricordare cose della propria ristretta quotidianità), che descrive con dovizia di particolari l’affumicatura di una soppressata che è costata giorni di lavoro e chili e chili di ciocchi di quercia in fumo; un viticoltore che, come facevano un tempo in cantina da Gaja (in tal senso consiglio a chi non lo ha mai letto Sorì San Lorenzo, nascita di un grande vino edito da Slow Food), usa come catena del freddo, durante la vinificazione, porte e finestre; uno chef e un ristoratore come quello del museo ristorante La Ripa che sono andati a cercare per l’occasione i rari e deliziosi broccoli di Paternopoli; un paesino delizioso che al centro della piazza vede far bella mostra di se’ un grande albero centenario e, finale a sorpresa, perfino un fenomeno naturale che Virgilio ebbe modo di descrivere nella Eneide: un laghetto ribollente di gas nei pressi del quale, ammazzati, poverini, dai gas sulfurei o forse dall’acqua alla quale si sono abbeverati, troviamo morti una famigliola di cinghiali.
In queste condizioni vale il viaggio l’anteprima di un Taurasi straordinario come quello di Luigi Tecce, perchè lui è un vero agricoltore colto, che della annata 2005 (elegantissima come i piu’ blasonati sorsi del mondo enologico) ha prodotto 2500 bottiglie e della 2006 (elegante ma anche piu’ ricca) solo 5200. “Ho fatto bene ad affrontare il viaggio ancora una volta” mi dico e me ne convinco anche di più quando guardando l’etichetta che appiccica sulla sua bottiglia, Tecce, leggo che spiega ai sui clienti se ci sono lieviti selezionati, enzimi, se fa uso di disacidificanti, chiarificanti, gomma arabica e così via.
Tutto questo non è “solo vino” ma un modo di vedere il mondo, se volete, di cambiarlo, e per me questo vale il viaggio. Torno a casa e in questa domenica mi sento in pace.
Qui il racconto sul blog di Monica
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