di Tommaso Esposito
Per Via dei Tribunali o si sale o si scende, così come già avveniva quando segnava nella città antica il tracciato del Decumano Maggiore.
A monte c’è Piazza Bellini, a valle Castel Capuano.
Lungo il percorso è un susseguirsi di chiese e monumenti gotici, rinascimentali, barocchi.
C’è l’antro che introduce nei cunicoli sotterranei, tra le viscere di Napoli greco-romana.
Di Caravaggio si ammira il suo capolavoro al Pio Monte della Misericordia.
Poi ci sono le botteghe di oggi e qualche rigattiere: si vende un po’ di tutto dai pastori, ai Santi, a Pulcinella.
Ma il cibo trionfa.
E’ la gola che attira e fa girare il motore della vita che qui sembra ancora quotidiana kermesse.
I pesci, le verdure, la frutta, il pane si apprezzano per quello che sono, ma anche per quello che appaiono: capolavori della natura e del mastro artigiano.
Perciò se ne declamano ancora le grazie e le qualità.
Così doveva essere anche per le pizze: è qui che sono segnalate nei documenti municipali raccolti da Antonio Mattozzi le più antiche pizzerie di Napoli.
Al n. 35 di Via Tribunali nel 1822, ad esempio, c’era una certa Teresa Santella che tenne acceso il forno per oltre un ventennio.
Poi giunsero Gaetano Ottaiano, suo fratello Vincenzo, Domenico Esposito, Vitantonio Di Napoli, Giovanni Brandi, Pasquale Mercadante, Rosa De Chiara, Felice Del Mastro e Raffaele Auriemma che aprì anche una cantina taverna.
Vino alla minuta e pizze vendettero pure Filomena Ferrante e Francesco Pagano.
Cibo di strada era allora la pizza.
Da prendere al volo e mangiare piegata a’ libbretta.
Raramente ci si sedeva come invece accadeva in taverna.
A metà Ottocento Emmanuele Rocco ancora sconsigliava gli avventori di fermarsi dal Pizzajuolo: troppa baldoria e atmosfera godereccia da lasciare a studentelli e scapestrati.
Dall’inizio del Novecento le cose cambiarono e la pizza cominciò a imporsi come pietanza tutta napoletana.
Ce lo ricorda finanche Paolo Monelli nel suo diario di viaggio gastronomico, Il Ghiottone Errante, attraverso l’Italia fascista.
Anche Bill Clinton colse al volo una pizza direttamente dalle mani di Ernesto Cacialli, che allora lavorava dai Di Matteo, e la mangiò a mestiere sotto gli occhi delle telecamere di tutto il mondo.
Era il 1994.
Mentre a Palazzo Reale si svolgeva il G7 e si discuteva dei destini dei popoli, Via Tribunali veniva ufficialmente consacrata, grazie al Presidente degli Stati Uniti d’America, Pizza Street, la Strada della Pizza.
Da allora tante cose sono rimaste le stesse, ma molte cose sono cambiate.
Stili e modi di fare la pizza
Stili e modi diversi di intendere la pizzeria.
La tradizione, la ricerca, il futuro della pizza.
E a New York c’è persino una pizzeria che si chiama Via Tribunali
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1-Gino e Toto Sorbillo
E vicino c’è una delle sedi di Esterina Antica Pizza Fritta
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2-I Decumani
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3-Di Matteo
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4-Antonio e Gigi Sorbillo
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5-Vesi
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Trattoria da Carmine
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