Salvatore Grasso, presidente dell’Unione Pizzerie Storiche Napoletane “Le Centenarie”, si interroga sul futuro del mondo pizza, sull’attualità immortale dei locali che vantano tradizioni Centenarie. E ha voluto cogliere, con noi del Luciano Pignataro Wine Blog, il punto di vista di Alessandro Condurro, AD della Michele In The World che, partendo proprio dalla tradizione ha aperto 34 pizzerie nel mondo e si è appena aggiudicata la vittoria come miglior catena artigianale internazionale secondo la classifica di 50 top pizza.
Grazie ad Alessandro Condurro, in effetti, la pizza napoletana, aldilà delle polemiche attuali su disciplinari e Stg e delle posizioni di ognuno, fa già di suo cultura nel mondo. E per Salvatore Grasso comprendere la chiave del successo della tradizione napoletana nel mondo significa anche approfondire il valore dei locali storici presenti a Napoli.
Vi riportiamo questa intervista storica, una chiacchierata tra amici, con le domande di Salvatore Grasso e le risposte di Alessandro Condurro.
L’Unione pizzerie storiche “Le Centenarie” conta oggi 12 realtà. Qual è il valore dello stare insieme?
L’Unione Pizzerie Storiche “Le Centenarie” è nata proprio con lo spirito dello stare insieme, in un giorno di festa, in particolare nell’importante anniversario dei cento della Pizzeria Gorizia. L’Associazione è sorta proprio per rendere un’abitudine questo piacere di stare insieme.
Alessandro, secondo te, qual è il futuro delle pizzerie Centenarie?
Le pizzerie Centenarie sono un pezzo di storia e devono promuovere la cultura di Napoli. La pizza è cultura e le botteghe storiche servono proprio come risorsa per tramandare questa importantissima memoria. Il futuro che io vedo nelle Centenarie è nell’ambito di iniziative con grande valenza culturale e sociale.
Perché tra mille locali nuovi e innovativi con offerte intriganti un cliente deve scegliere un locale storico?
Se si va in Giappone, per mangiare i piatti tipici si scelgono i ristoranti più antichi. Un locale storico propone un’esperienza aggiuntiva, legata alla memoria che le sue mura raccontano: una pizzeria di oltre 100 anni ha un fascino difficile da riprodurre.
Perché, al di là delle associazioni e dell’Unione Pizzerie Storiche, dal punto di vista imprenditoriale, le imprese centenarie non fanno rete?
Questo è vero parzialmente, perché tutti stanno comprendendo che, da soli, non si arriva da nessuna parte. Le imprese centenarie stanno iniziando a fare rete e, più siamo, meglio è.
Margherita e Marinara What else?
Sono le pizze da cui parte tutto, la base della sede di Napoli, a Forcella, la tradizione, le due pizze riconosciute universalmente. Per noi sono un punto di partenza imprescindibile per una pizzeria napoletana, che si allarga ad altre tipologie nelle sedi fuori da Napoli.
Qual è il ricordo di famiglia a cui è maggiormente legato?
Sicuramente quando Diego Armando Maradona è venuto a mangiare la nostra pizza. Per l’occasione, abbiamo chiuso la pizzeria al pubblico. Io ero un ragazzino e guardai Maradona mangiare cinque pizze. Essere seduto al tavolo con lui fu un’emozione fortissima e, a questo, si aggiunge un episodio divertente legato a mio nonno che pretendeva che Maradona pagasse il conto, come tutti gli altri.
C’è differenza tra la pizza mangiata da Michele e le pizze mangiate nelle altre sedi estere?
La differenza è minima, ma c’è. Molto dipende dal gusto delle persone. A Tokyo, per esempio, non amano il pecorino e quindi, non usandolo, la pizza può risultare meno salata. Per questo le differenze sono quasi impercettibili.
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