di Carmen Autuori
L’ Antica Pizzeria Perrotta dal 1947 ad Eboli, nel cuore della Piana del Sele, è un luogo- non luogo, immutato nell’aspetto, ma soprattutto nell’atmosfera che vi si respira, la stessa dell’epoca della sua fondazione, il secondo Dopoguerra.
Ci sono tornata in una fredda serata nei giorni della merla, in via Paparone, la sede di sempre.
Un vicolo stretto e buio incastonato tra mura che delimitano antichi giardini coltivati ad aranceti e case basse sorte un po’alla rinfusa laddove prima dei bombardamenti del ‘43 c’era un popoloso quartiere identificato con il complesso conventuale della Santissima Trinità, detto di Sant’Antonio. La via completamente deserta un po’ per la pandemia che ancora ci limita nelle uscite, un po’ per il freddo inusuale per la nostra zona, ha contribuito ad accompagnarmi in quello che si è rivelato un viaggio a ritroso nel tempo, una sorta di proscenio che mi anticipa l’atmosfera che avrei trovato all’interno del locale. A destra l’ingresso della pizzeria, una semplice vetrata senza pretese come quei posti che non hanno bisogno d’insegne perché conosciuti da sempre, accanto un piccolo portoncino di ferro, semiaperto, che immette nella sala del grandissimo forno che può contenere fino a cento pizze. Scelgo, non a caso, di entrare da qui.
Ad attendermi Ninetta Perrotta, una piccola grande donna, camice lindo e perfettamente stirato e cuffietta con un che di civettuolo. E’ lei il genius loci della pizzeria e non solo, custode di un’arte bianca immutata (ed immutabile) da settanta e più anni.
Chi entra qui deve dimenticare le pizze gourmet, le lunghe lievitazioni, quelle con il cornicione a canotto, le farine speciali, la biga, il licoli e tanti altri aspetti che caratterizzano il mondo pizza negli ultimi anni. Qui esiste l’unità di misura “a occhio”, antica e preziosa perché frutto di una lunghissima esperienza.
Ninetta è un fiume in piena di parole, non vede l’ora di raccontarmi la sua storia che è quella della sua famiglia e del forno, perché lei accanto al forno ci è nata: “I Perrotta sono da sempre una famiglia di fornai. Mio nonno, aveva nella zona di San Nicola, accanto all’arco, uno dei primi forni costruiti qui ad Eboli – inizia così il suo racconto -. Poi mio padre Luigi, tornato dalla guerra decide di sposarsi e di aprire un’attività in proprio con mamma Carolina qui nella parte est del centro antico. Ma attenzione, il forno nasce “conto terzi”, nel senso che la maggior parte delle famiglie non possedevano un forno proprio, quindi venivano a cuocere il pane qui. Le infornate erano tre, iniziavano alle 6 e finivano alle 11 di mattina. Ricordo papà che annotava su un quaderno il nome della famiglia, che aveva provveduto a contrassegnare le sue pagnotte con dei segni, con accanto un simbolo che stava ad indicare la prima, la seconda o la terza infornata. C’era un via vai tutti i giorni che cominciava all’alba con la preparazione del forno e, prestissimo, mia madre assieme a mia zia si recava presso le varie abitazioni per aiutare le donne a portare le pagnotte crude adagiate sulle tavole di legno, quelle che vedi alle tue spalle”.
Sono così presa dal racconto di Ninetta che mi sembra di sentire le voci di ze’ Crescenza ‘a barbarossa, di Fuluccella ‘a seiducati, di Nunziatina ‘a lattar e tante altre che s’intrattenevano tra chiacchiere, confidenze e forse pure qualche litigio nel vano del forno, tra le tavole di legno, la farina, la madia che sta lì ancora oggi e viene utilizzata quotidianamente. Spesso queste donne erano munite di un contenitore in ferro, in genere una scatola di pelati vuota, con un fil di ferro a mo’ di manico, ‘o cannatiello, dove raccoglievano le braci che portavano a casa, assieme al pane, per riscaldarsi. La miseria era tanta e nulla si sprecava, nemmeno il fuoco.
Con gli anni il forno Perrotta diventa un punto di riferimento per tutta la comunità ebolitana, gli affari vanno bene, nel frattempo è cresciuta anche la famiglia. Dal felice matrimonio di Luigi e Carolina, oltre a Ninetta, sono nati due figli maschi, Vito e Giovanni e mamma Carolina, che ha il piglio imprenditoriale, forte anche dell’aumentata forza lavoro all’interno della famiglia, suggerisce di espandere l’attività con la produzione del pane e delle “fresole”, il pane biscottato che in estate condito con pomodoro e olio costituirà la cena, spesso anche il pranzo, di molte famiglie. Detto fatto, in poco tempo il pane di Perrotta viene distribuito nella maggior parte delle salumerie ebolitane. Ninetta, il braccio destro, guarda e impara l’arte d’impastare della mamma e quella della gestione del forno dal papà, cosa per niente facile date anche le grandi dimensioni.
Negli anni ’60 il panificio comincia produrre le prime pizze. L’impasto e la farcitura sono gli stessi ancora oggi, iconica la margherita e quella con l’insalata: “ Mamma decise di posizionare quattro tavoli nella stanza adiacente a quella del forno, gli stessi che d’estate venivano spostati in giardino – spiega – ricordo che la prima pizza costava sessanta lire.
Le pizze di Ninetta all’Antica Pizzeria Perrotta
La farina era quella del mulino Polito che all’epoca era ubicato a ridosso del Castello, i pomodori quelli della Piana che provvedevamo a conservare nelle bottiglie in estate, la mozzarella era quella ebolitana, e poi c’era l’insalata che è stato l’elemento caratterizzante delle nostre pizze. La ricetta è segreta, ti dico solo che la lattuga viene fatta macerare con sale, olio, olive e aglio”.
L’impasto di farina 00, lievito di birra e “criscito” viene, il più delle volte, impastato ancora a mano nella vecchia madia da Ninetta, tale operazione non richiede più di 15 minuti e fatto lievitare per 4 massimo 5 ore.
Una volta formati, i panetti si lasciano a riposare per ancora un’altra ora, poi vengono stesi e adagiati sulle famose tavole di legno su un letto di semola in attesa della farcitura che, per quelle rosse, è sempre a base di salsa cotta che inebria con il suo profumo tutto il vicolo. Nel menù il numero delle pizze è aumentato, ma la materia prima è sempre del territorio.
Le verdure sono acquistate al mercato rionale, la mozzarella proviene dai caseifici locali, l’olio dalla vicina Campagna, i salumi da San Gregorio Magno e paesi limitrofi, la zucca è conservata sott’olio da Ninetta in persona, così come le melanzane e le olive.
E poi grande è l’attenzione per la stagionalità. In questo periodo non è difficile trovare il tortano “cu ‘e sfrittule”, i cicoli di maiale, mentre a Pasqua, durante tutta la Settimana Santa, si sformano gli straordinari taralli con il finocchietto e pure quelli dolci, impastati con uova e farina e ricoperti da una glassa, ‘o naspro, spessa e profumata, altra ricetta segreta di mamma Carolina che Ninetta conserva gelosamente.
“Fino a due anni fa, prima del Covid, facevamo anche la pizza a mezzogiorno, in quel caso il forno veniva riscaldato con le fascine, a differenza di quello della sera acceso con i tronchi di legna. Ora non più- spiega Ninetta non senza nostalgia-. Le nostre pizze a pranzo erano molto richieste, soprattutto il sabato in molte famiglie ebolitane era un vero e proprio rito”.
Qui ogni gesto non è casuale, dalla pulizia del forno che viene effettuata con il “munnolo”, una sorta di scopa di felci raccolte in estate con la luna calante, all’impasto che va effettuato seguendo una precisa tecnica che solo Ninetta conosce (dimenticate le pieghe che mostrano i tutorial di youtube) e con le mani calde perché la pasta va accarezzata e intiepidita già in fase di lavorazione, mi spiega la piccola grande donna.
Stiamo per salutarci, ma Ninetta mi blocca, torna indietro per prendere una sorta di registro ed esordisce: “ Vedi questa frase sulla copertina? L’ho scritta io. Me la fai una foto?”. La frase è: “Chi lavora con le sue mani e la sua testa e il suo cuore è un artista”. Ninetta Perrotta è proprio questo, una sacerdotessa dell’arte bianca perché prima che con le mani ha lavorato con il cuore riuscendo, così,a consegnarci un patrimonio inestimabile: la memoria.
Pizzeria Perrotta Eboli
Via Paparone
Telefono 0828 367104
Chiuso il luned’, aperto solo la sera dalle 19
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