Torna in video Alessandro Condurro dopo le interviste che hanno riempito l’estate 2016. Era l’annuncio di un progetto, Michele in The World che dopo il Giappone, Roma e Londra ha chiuso l’anno con Milano, Barcellona e ancora Londra.
Decisamente rilassato, Alessandro Condurro, l’uomo immagine di questo progetto, snocciola ad ntonio Savarese alcuni dati impresisonanti.
Primo, con 900 pizze al giornoDa Michele a Roma è di gran lunga la pizzeria più accorsata della Capitale. E’ davvero passato più di un secolo da quando Matilde Serao descrisse il fallimento della prima pizzeria napoletana a Roma. Altri tempi, allora era davvero un viaggio, non una fermatta di metro.
Secondo, anche a Londra Da Michele con 500 pizze al giorno, una cifra che va contro ogni previsione, è la prima pizzeria.
Terzo, per la gioia di Sabino Berardino, è annunciata l’apertura a Firenze a piazza Mercato.
Da Michele rappresenta l’irresistibilascesa dello stile napoletano duro e puro: solo margherita e marinara a ruota di carro, olio di semi e fiordilatte. Alè, non si può sbagliare.
I gastrofighetti impazziscono, gli adoratori della pizza a spicchi con caviale e prosciutto iberico, gli assatanati della scrocchiarella, gli integralisti dell’integrale e non riescono a spiegarsi questo successo. Non capiscono perchéla gente fa la fila e non si accettano prenotazioni o del perché la pizza deve essere più grande del piatto di portata.
Eppure è proprio in questi interrogativi il successo del modello.
1-Rimandendo fedele a se stesso Da Michele rappresenta un modo di mangiare la pizza, come Katz’s il pastrami a New York. Tutti sono uguali, ricchi e poveri, critici e clienti normali. E anche chi non fa mai una fila perché è importante prova il brivido della normalità, mentre chi è esercitato dalla burocrazia italiana la fa con piacere visto che dopo lo aspetta un pizza e non un impiegato che magari invece di risolvere il problema ne pone un altro ancora.
La fila è la livella di Totò, che fa tutti uguali i veri amanti della pizza.
2-Il secondo motivo è che Da Michele è un marchio collettivo identitario di una comunità. Lo dimostra il primo posto nelle classifiche sui grandi siti mondiali tra i locali italiani. Nessuno lo supera. Alessandro lo spiega: ci sono grandi giocatori, ma sono tutti del Real Madrid, noi siamo il Real Madrid della pizza dice Alessandro nell’intervista. Questo regala certezza di quello che si va a trovare. Gli altri stili di pizza in Italia non solo non superano i 30 anni di storia ma sono anche legati ai singoli artigiani. Da Michele invece è un marchio. Come la maggioranza dei consumatori magari non ricorda le maggiori marchi ma sa cosa significa la parola Champagne, lo stesso vale per la Pizza Napoletana di cui Da Michele è l’interprete più coerente in assoluto.
3- Nonostante le mille pippe e dibattiti mentali su lieviti e lievitazioni, farine e impasti, olio di semi o di oliva, Da Michele non ha ceduto a nessuna tendenza rimandendo fedele a se stesso. E se a Forcella trovi il clienti abituale come il turista australiano, così accade anche nelle altre sedi. E in un mondo dove tutti corrono spesso il modo migliore per andare più veloci è stare fermi, soprattutto quando si è raggiunta la classicità, ossia il perfetto, e dico perfetto, equilibrio tra impasto, pomodoro, latticino e olio. Questa classicità è replicabile solo a livello artigianale e non industriale ed è questo che fa impazzire i clienti. Pur nella sua identitià, ogni pizza è una storia a se, proprio come accade per il vino. La perfezione artigianale dell’imperfezione degli artigiani.
E dunque, tutte buone le pizze del mondo, tutti buoni gli stili napoletani. Ma quando la pizza Da Michele sono alla radice dell’albero dove poi sono nati tutti gli altri.
Semplice e complesso allo steso tempo.
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