di Virginia Di Falco
Berberè a Roma. Menu che cambia con le stagioni, impasto classico oppure senza lievito, sempre con farine semi integrali. Una scuola (e una squadra) alle spalle.
Forse la pizza meno individualista di Roma, se così si può dire. Avviata con mani e testa di un bravo chef, poi ha camminato – come le altre – sul solco del ‘Manifesto’ dei fratelli Aloe. Niente pizzaioli star, dunque. Nessun protagonismo. A funzionare deve essere la logica di gruppo, con costanza e coerenza.
Una rete ormai consolidata di distributori, l’occhio sempre attento a Slow Food e ai suoi presidi, studio sempre in progress di farine e lievitazioni.
In occasione di un nuovo assaggio, abbiamo trovato molto buona quella con mortadella e formaggio asiago, con un boccone ricco e morbido grazie a una base di patate all’olio davvero super. E’ piaciuta un po’ meno la margherita, che risulta più efficace nella versione di impasto classico.
Servizio sempre molto attento e informato e, bonus non da poco, durante la settimana da Berberè si pranza con 10 euro, vincendo uno slalom tra junk food davvero lodevole.
Ecco la nostra prima scheda, qualche mese dopo l’apertura nell’autunno 2017:
Berberè è una piccola catena (piccolissima, sono solo 6, non vi spaventate) di pizzerie nata 7 anni anni fa a Castel Maggiore in provincia di Bologna, da un’idea di due fratelli, Matteo e Salvatore Aloe. Un’idea, quella di sovvertire l’equazione cibo povero = bassa qualità, che li ha portati dal 2010 ad oggi a realizzare un grande progetto di successo.
Il loro manifesto continua a parlare di pizza come cibo popolare, ma in realtà la pizza di Berberè ha poco o nulla del disco di pasta al quale eravamo abituati prima della cosiddetta rivoluzione della pizza iniziata ormai quasi venti anni fa e consolidatasi negli anni Duemila.
A partire dalle farine e dagli impasti, per continuare con il processo di maturazione, fino alla stessa concezione del locale e del servizio, siamo infatti di fronte ad una pizza «nuova» e ad una pizzeria innovativa.
La sede di Roma, aperta in via Mantova, zona Salario, nel giugno 2017 ha un ampio locale suddiviso in più sale, con un’ottantina di coperti e un dehor per il servizio all’aperto. Ambiente studiato (e replicato, ricalca infatti stile e design delle altre sedi) nella sua essenzialità: non ci sono tovaglie, le sedie sono come quelle per i banchi di scuola, arredi molto scarni. L’insieme un po’ freddino è scaldato però da un servizio molto accorto, professionale ma allo stesso tempo partecipato.
Il menu delle pizze segue un ritmo stagionale ma, soprattutto, non improvvisato. Pensato e coordinato cioè da uno chef: Alessando Proietti Refrigeri, esperienze importanti in Italia e all’estero, dalla Pergola di Heinz Beck al Noma (noi lo avevamo conosciuto nelle cucine del Vallefredda Resort di Antonello Colonna) dal mese di settembre 2016 è il responsabile di tutte le sedi di Berberè.
Ma com’è la pizza di Berberè? Ovviamente per tipologia siete agli antipodi della pizza classica napoletana così come della romana: il forno è elettrico con base di pietra, che garantisce una cottura uniforme; la pizza ha una base non molto sottile, quasi biscottata sotto, più morbida in superficie; un cornicione ben cotto, ruvido e croccante, soprattutto leggerissimo. Pasta madre, ottima idratazione, lunga maturazione e farine diverse e diversamente combinate a seconda delle tipologie di pizza, dal tipo 1 all’enkir, dal farro al semi-integrale. Un lavoro di ricerca e sperimentazione che non si ferma alle farine ma continua con i prodotti selezionati tra i presidi Slow Food e le specialità regionali.
La presentazione è quella della degustazione: la pizza viene servita già tagliata a spicchi, per favorire l’assaggio e la condivisione a tavola. La carta, molto essenziale, presenta una quindicina di pizze e qualche ‘cicchetto’ come antipasto o aperitivo.
Più che soddisfacente la classica ‘fiordilatte, pomodoro e basilico’, profumata di pane, con un gradevole equilibrio di sapidità e sapore. Confortevole grazie ai colori e agli ingredienti squisitamente autunnali la pizza con zucca arrostita, funghi misti saltati, taleggio, prezzemolo e fiordilatte.
Meno efficace quella con salsiccia di mora romagnola, con olive taggiasche, rosmarino e limone: poco legata la carne (pur ottima) al resto della farcia e con il limone che non riesce a spezzare la monotonia dell’insieme.
I prezzi vanno dai 5,90 della ‘pomodoro, aglio e prezzemolo’ ai 13,50 alle farcite dai migliori salumi all’uscita dal forno. Da bere, una decina di birre artigianali e una decina di etichette di vino e bolle, servite tutte anche al bicchiere.
Per chiudere, una piccola selezione di dessert, che nella sede di Roma vengono preparati dalla pasticceria Cristalli di Zucchero, su ricetta della squadra di Berberè. Gradevole il semifreddo alla nocciola in salsa di caffè, più convincente la torta di cioccolato e albicocca.
In conclusione, anche se la formula della pizza da degustazione non è proprio originale neppure a Roma (ricordiamo l’antesignana In Fucina e, da ultimo, l’ottima pizza di Spiazzo) il format complessivo di sicuro è innovativo e la sua replicabilità garantisce un buon livello qualitativo senza cadere nella trappola dell’omologazione. C’è un bel lavoro di squadra dietro, e, soprattutto, la pizza è davvero buona, con un valido rapporto qualità prezzo, e dunque la segnaliamo con convinzione tra le pizzerie che vale la pena provare nella Capitale.
BERBERE’ – Roma
Via Mantova, 5
Tel +39 06 45654390
Aperto: tutti i giorni a pranzo e a cena.
www.berberepizza.it
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