Ci voleva proprio un Pizzalab prenatalizio. Con la “pizziata” di martedi’ alla Pizzeria Umberto di Napoli si è concluso il ciclo 2011 degli incontri da me organizzati in collaborazione con questo blog, in occasione del lancio della App della Guida alle Migliori Pizzerie di Napoli e della Campania, che in questi mesi ha attraversato pizzerie e prodotti tradizionali della regione Campania.
L’idea di base di questa sorta di convivio itinerante, varato a luglio con l’appuntamento dedicato alla verticale di Margherita con il pizzaiolo Enzo Coccia, era di riflettere sugli ingredienti confrontandosi con i migliori artigiani della regione in uno scambio ad armi pari nel quale coinvolgere colleghi, amici e appassionati. E’ andata bene e quindi si continuerà nel 2012.
Ad accoglierci da Umberto sono i fratelli Massimo, Lorella e Roberta Di Porzio, eredi della tradizione avviata intorno agli anni Venti dal nonno e proseguita dai loro genitori Giuseppe e Maria.
La Pizza dei Magnafoglie è stato il tema della mattinata dedicata alla grande tradizione orticola napoletana e campana con un focus dedicato al Pomodoro San Marzano dell’Agro Nocerino Sarnese Dop.
Con Luciano Pignataro e me, ancora una volta, si è ritrovato un gruppo davvero partecipe e divertito di professionisti composto da Francesco Aiello, Maurizio Cortese, Tommaso Esposito, Antonio e Donatella Mattozzi e Mario Stingone.
Protagonisti assoluti, oltre ad alcuni vini scelti da me per la sperimentazione di inediti abbinamenti, tre grandi ortaggi in foglia come Scarola, Friarelli e Torzella (quest’ultima proveniente dai 110 ettari dell’azienda agricola di Pietro Micillo, presente alla mattinata) e il Pomodoro San Marzano – pelato e secco – dell’azienda Danicoop che è intervenuta con Eduardo e Paolo Ruggiero.
Il gran finale è stato con il Panettone classico e con “Il Piccolo Mondo antico” (panettone frutto della creatività della pasticcera Anna Chiavazzo, che ha mostrato di coniugare, in perfetto equilibrio, cannella e cioccolato) del Giardino di Ginevra di Casapulla (Caserta).Davvero artigianale, con le sue 48 ore di lievitazione senza induzione della .
Perché la Pizza dei Mangiafoglie?
Quella di affibbiare epiteti più o meno coloriti ai popoli secondo le loro abitudini alimentari è un’abitudine antica. I napoletani, fino a che dal XVI secolo non toccò loro quello di “mangiamaccheroni”, erano chiamati “mangiafoglie” (o anche cacafoglie). Non molto meglio andava, bisogna dirlo, ai fiorentini cacafagioli, ai lombardi mangiarape e agli emiliani mangia marroni.
“Mangiafoglie” era riservato al popolo minuto per il suo regime alimentare fondato su cavoli e minestre miste a carne. Un mix di lunga vita di vitamine, fibre e proteine animali assicurato dall’ampia disponibilità di questi alimenti almeno finchè il governo vicereale non affamò la popolazione costringendola, appunto, a ricorrere alla pasta.
Il Pomodoro
Portato dal Nuovo Mondo dai conquistadores, il Pomodoro, a lungo considerato pianta ornamentale o velenosa, solo nel XVII secolo diventa ortaggio commestibile e solo alla fine del Settecento si comincia a coltivarlo intensamente per scopo alimentare in Francia ed in Italia meridionale.
A sancirne, nel Sud Italia, il successo definitivo, l’incontro con la pasta. A Napoli descritto nella seconda edizione della Cucina Teorico Pratica di Don Ippolito Cavalvanti. Mentre quello con la schiacciata di pasta ha sancito di fatto la nascita della Pizza napoletana.
La Dop Pomodoro San Marzano dell’Agro Nocerino Sarnese è riservata al solo pomodoro pelato ottenuto da piante dal’ecotipo San Marzano o a sue linee migliorate.
Dopo l’avvio, nei primi del Novecento, dello sfruttamento massivo da parte dell’industria conserviera l’utilizzo del Pomodoro San Marzano subisce una importante battuta d’arresto negli anni Ottanta per i sopraggiungere dell’utilizzo di altre varietà, più profittevoli in termini di costi di lavorazione.
L’area geografica della Dop, istituita nel 1996, comprende il territorio di 41 comuni appartenenti alle provincie di Salerno (qui l’agro nocerino sarnese), Napoli e Avellino.
La messa a dimora delle piantine avviene a maggio e la raccolta nel corso dell’estate, fino al 30 settembre e rigorosamente a mano.
Ed ecco lo Scarpariello, con Pomodoro San Marzano Dop, aglio e pepe nero
E ancora la Pizza Verace, cioè Margherita con Mozzarella di Bufala
E infine la Pizza ideata da Massimo Di Porzio per il nostro Pizzalab: con Pomodoro San Marzano pelato passato, ma anche secco, olio e aglio. Davvero strepitosa per augurare un rosso e felice Natale.
La torzella
E’ indefinibile il sapore di questo ortaggio che alcune poche pizzerie napoletane, tra cui Umberto, propongono sulla Pizza dopo averlo sbollentato perchè perda la sua tipica vena coriacea. Lo definisco io tra quello dei Friarielli e quello del cavolo. Cio’ che è certo è che chi lo conosce gli si affeziona.
Ricco in glucosinolati, la Torzella (detta anche Cavolo greco o Torza riccia), come tutte le piante appartenenti alla famiglia delle Crucifere, dicono gli esperti, svolge un’azione protettiva contro il cancro.
Una volta ampiamente diffusa nell’agro acerrano nolano, è arrivata ai giorni nostri, dopo un lungo periodo di oblio passato negli anni Cinquanta, trasportata sulle ali della decantata e saporosa Minestra Maritata che univa (appunto, “maretava”) un ricco brodo di carni miste con “scarolelle, burraccelle, cicorielle, vrocculille, cappuccelle e torzelle”, così come riferiva il Tardacino nella sua Vaiasseide.
Ed eccola la pizza con la Torzella che, racconta Massimo Di Porzio suscita inizialmente curiosità tra i clienti ma che poi la richiedono insistentemente durante i mesi invernali.
I Friarielli
Con il loro sapore caratteristico – leggermente amarognolo e piccantino – i Friarielli sono uno dei cavalli di battaglia della cucina napoletana. Si tratta in pratica di cime di rapa, coltivate sui terreni a impronta vulcanica del napoletano, dei quali sono consumate le foglie, i “bottoni” fiorali e i fiori.
Son detti “Friarielli”, si dice, perché tradizionalmente fritti in padella con aglio olio e peperoncino. Provengono soprattutto dalla zona a nord-est di Napoli, in particolare i comuni di Acerra, Afragola, Caivano, Cardito e Casoria, da altre zone interne e dall’agro nocerino-sarnese tutto l’anno. Si rivela confortante la Pizza con Salsicce di Maiale Nero casertano e Friarielli. Ormai un classico.
La Pizza con Baccalà e Scarola, con il magnifico impasto messo a punto per il Pizzalab dai Di Porzio, verrà questi giorni inserita in carta.
In abbinamento alle pizze dei Di Porzio, 3 vini, oltre un aperitivo con il Fiano di Avellino 2009 di Masseria Murata di Castelfranci servito per il benvenuto. Goccio affidabile, equilibrato e di sicuro effetto che ho appena il tempo di annusare:
Il Bianco Vivace Vesuvio 2010 della Fondazione Lacryma Christi (86/100 punti), una Coda di Volpe in purezza fenomenale nella sua semplicità: sbarazzina con il suo lieve petillant, fresca da bere a tutto pasto e di buona struttura e polposità senza diventare troppo impegnativa.
Una bella trovata dell’avvocato Nello Tuorto Iossa, alla sua terza annata, realizzata in circa 6000 esemplari e proveniente dai terreni di famiglia a Somma Vesuviana. Un vino reperibile solo a La Stanza del Gusto di Mario Avallone, on line o al Circolo gastronomico Vesevo dove Tuorto promuove degustazioni e incontri culturali.
Il Pallagrello Bianco 2010 delle Vigne Chigi di Pontelatone (85/100 punti). Una bella interpretazione per un vitigno guardato da molti con prudenza, degustatori e enologi, perché tende all’esuberanza, alcolica e gusto olfattiva e finisce raramente per esprimersi in un vino a schiena diritta.
Quello dell’avvocato Giuseppe Chillemi, con i suoi 2,2 ettari a vigna sui terreni di famiglia (1,2 a Casavecchia, 0,65 a Pallagrello bianco e il restante a Pallagrello nero), ha convinto il popolo del Pizzalab per la sua pulizia e per un corredo di profumi e sapori di misura. Succoso, sapido e lungo.
Bene anche il Casavecchia (82/100 punti), il base con questo vitigno della nuova azienda alle sue prime vendemmie, decisamente molto convincente in bocca per l’esprimersi di un frutto integro e di una freschezza che raramente bacia in maniera così brillante i gocci di Pallagrello Nero. Pecca in tipicità il naso che risente di una vena vanigliata di troppo, dovuta al legno sul quale l’azienda sta già lavorando.
Questi gli assaggi, questi i volti e questi i vini. Al prossimo Pizzalab, nel 2012!
Pizzalab 1: la pizza margherita in sette versioni da Enzo Coccia
Pizzalab 2: La pizza margherita, i latticini e i formaggi da Ciro a Santa Brigida
Pizzalab 3: quale olio per la marinara? da Franco Pepe
Pizzalab 4: il ripieno al forno da Gino Sorbillo
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