di Marco Lungo
Cari amici, vorrei fare con voi una riflessione che, personalmente, ogni tanto mi ritorna nei pensieri ma alla quale non riesco a dare una risposta esaustiva e definitiva.
Non che sia vitale, eh? Però, ogni tanto ci rifletto sopra.
Parliamo tanto di pizza, un po’ ovunque. Parliamo più spesso se è più buono uno stile di pizza piuttosto che un altro, però mai che ci si soffermi su chi fa la pizza, cioè il pizzaiolo, colui che fa la vera differenza.
Intanto, abbiamo una certezza: la partita si gioca solo fra Roma e Napoli. E’ così da tanto tempo, i nomi migliori lavorano o provengono principalmente da queste due città, per cui abbiamo giusto da capire quali sono le differenze di preparazione professionale che caratterizzano ognuna delle due figure.
La mia analisi, però, inizia dal prodotto, e da quello più complesso. La pizza in teglia. E’ un prodotto che ha, come sue sfide principali, non solo la digeribilità ma anche il fatto che, dovendo stare ore sul banco, non deve ossidarsi e raffermarsi presto, deve poter essere raffreddato e riscaldato tornando come appena sfornato, la scelta degli ingredienti ed il “montaggio” della pizza è molto curato, dovendo stare anche dieci minuti in forno, deve avere una struttura di alveoli pronunciata ed omogenea, quindi la stesa dell’impasto è proprio un’arte a sé… Insomma, tutta una serie di aspetti che rendono la pizza in teglia particolarmente difficile da realizzare al meglio.
La pizza tonda è quella più diffusa, al di là delle varianti della cosiddetta Romana o Napoletana. Una pizza che tende ad essere consumata in fretta, con una difficoltà di cottura in forno non da poco, sia per i tempi ristretti a disposizione, sia per la cottura degli ingredienti, necessita di una stesa molto veloce per non intasare il tavolo di comande inevase con i clienti che si spazientiscono, a Napoli da sempre sostituisce la pizza in teglia come pizza da mangiare a passeggio perché permette la piega a portafoglio, prova fondamentale per la Napoletana classica fatta a mestiere… Quindi, anche qui non è che siano proprio tutte rose e fiori, però, rispetto alla teglia, un pochino si può pure lasciare andare, tanto, in 20 minuti di tempo al massimo dalla sfornata, la tonda non c’è più.
Il pane è un discorso proprio a sé. Questo dei fornai è stato comunque un lavoro diffuso ovunque, però nelle pizzerie romane è spesso stato un complemento di lavoro abbastanza frequente, per cui vari pizzaioli romani hanno delle esperienze probanti e creative su questo prodotto, che richiede delle conoscenze specifiche di impasto e formatura piuttosto dissimili da quelle della pizza. Anche la cottura, a temperature in genere più basse rispetto a quelle della pizza di entrambe le tipologie, richiede una capacità di conoscenza e di conduzione del forno che non sono proprio alla portata di tutti.
A questo punto, analizzando cosa fanno i pizzaioli di una città e dell’altra, parlando di coloro i quali sono al vertice ed hanno una certa notorietà, penserei come voi che il pizzaiolo Romano sia più completo. Passa facilmente dalla teglia alla tonda, fa anche il pane, gestisce in qualche modo anche il forno, per cui apparentemente il discorso sembrerebbe chiuso qui.
Invece, per me no. Per me no perché ho elencato una serie di requisiti dei prodotti che, invece, mettono anche in risalto le qualità del pizzaiolo Napoletano. Ora, non è che se non sappia fare la teglia non ne sia capace. Non fa parte della sua cultura storica, non gli capita di cimentarsi con essa, per cui non ha neanche nelle corde le ricette degli impasti e le tecniche, che sono piuttosto diverse, per cui non c’è possibilità di fare un confronto che dia una risposta. Di contro, invece, sappiamo che un pizzaiolo Napoletano punta anche molto sulla specializzazione del suo team che lavora con lui, perché O’ Masto è aiutato almeno da un’altra figura fondamentale, il fornaio, cioè colui che governa il forno e le cotture, se non ce ne è una terza di aiuto in stesa e condimenti.
Il pizzaiolo Napoletano conosce il proprio impasto, lo cura perché va curato in maniera particolare, è velocissimo in stesa (ricordate i clienti spazientiti?) ed è un razzo nel condire. Ciò, a prescindere da quanto i singoli pizzaioli, Romano o Napoletano, siano poi bravi nello scegliere i migliori condimenti e le migliori farine per l’impasto. Questo è proprio un discorso a parte che li accomuna, non li divide e li classifica affatto, anzi.
Certo è che, con l’attuale crisi di figure di fornaio, una cosa veramente incredibile, il pizzaiolo Napoletano sta un po’ in sofferenza e si sta spostando anche lui ad essere una figura un po’ più poliedrica, se deve fare serata ogni giorno. La crisi della figura del fornaio ha molte origini, difficile dire quale sia la più importante. Secondo me, parere mio personale sul quale vorrei anche il vostro avviso, è che con l’attuale situazione i fornai vogliono sempre più spesso diventare pizzaioli, passando ad altra paga e ad altri possibili sviluppi di vita. Poi ci metterei la volontà dei proprietari di contrarre i costi, per cui la riduzione del personale è inevitabile, e qualcuno salta per forza, in sala come in cucina. Questo sta portando il pizzaiolo Napoletano a diventare anche una specie di macchina da guerra invincibile ed incredibile da vedere al lavoro, soprattutto con il pienone nel locale.
A questo punto, cari lettori, non so proprio più come valutare le due figure. Ci sono aspetti da considerare che siano più o meno importanti? C’è un elemento che dica, in assoluto, chi è il meglio? Avete la certezza di chi scegliere ora, adesso, per la vostra pizzeria di successo? Ripeto, non so.
Credo che,comunque, tutto questo discorso, sia sempre più di sostegno alla figura del Pizzaiolo Italiano che produca una Pizza Italiana, variamente declinata.
La superiorità del prodotto, tra Pizza Napoletana e Pizza Romana, per me è un discorso superato e che non porta a molto, al di là delle facili polemiche infinite e sterili a cui assistiamo da anni.
Parliamo di chi produce la pizza, quindi, e proviamo cercare qualche elemento di qualificazione di uno e dell’altro. Forse, qualcosa diventerà più chiaro e si potranno cercare dei fattori comuni di crescita e di eccellenza.
Perciò, adesso, scrivete il vostro pensiero al riguardo.
Può darsi che la risposta l’abbia già qualcuno di voi.
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