180g PIZZA ROMANA
Via Tor de’ Schiavi, 53
Tel. 06 6932 4986
Aperta tutte le sere
Chiusa: martedì
di Virginia Di Falco
Pizza Romana 180g a Centocelle. Lo abbiamo ripetuto forse fino alla noia. Ma quando si parla di pizza a Roma, facendo riferimento soprattutto agli ultimi dieci anni (che poi sono anche quelli della rivoluzione a Napoli, e poi in Campania, della pizza tradizionale) bisogna sottolineare tre punti:
- Pizza a Roma vuol dire innanzitutto pizza al taglio, venduta a peso. E’ in questa categoria – come abbiamo documentato con la nostra classifica su questo Blog – che si sono avuti i principali cambiamenti, spesso veri e propri stravolgimenti, dalla lievitazione ai prodotti utilizzati, alzando notevolmente il livello della qualità. Prima Angelo Iezzi e la sua scuola, poi la bravura indiscussa, unita alla mediaticità, di Gabriele Bonci hanno cambiato il volto di decine e decine di pizzerie al taglio della Capitale.
- La pizza tonda servita al tavolo, invece, si è diffusa nella categoria “all‘italiana” (per distinguerla da quella tradizionale napoletana e da quella romana) per una attenzione sempre maggiore agli impasti, ai tempi e modalità di lievitazione e all’utilizzo di prodotti di qualità superiore alla media, spesso ricercati, con farciture originali che hanno fatto parlare anche di «pizze gourmet». A Roma questo nuovo tipo di pizza si è affermato grazie al lavoro dell’antesignano Tonino Vespa (pizzeria al Grottino), di Giancarlo Casa (Gatta Mangiona), di Stefano Callegari (con Tonda, Sforno e Sbanco) di Edoardo Papa (In Fucina).
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- Poi c’è la pizza romana, sottile e scrocchiarella, cioè croccante, che delle tre tipologie è quella più in ritardo sul fronte dell’aggiornamento in tema di lievitazione, impasti, selezione dei prodotti. D’altro canto, baluardi del format romanesco come Baffetto, ai Marmi (detta comunemente «Obitorio») e da Remo a Testaccio sono pizzerie amatissime dai romani, sempre affollate e vanno alla grande. In questa terza categoria, dunque, la sterzata verso una nuova concezione di pizza (e di pizzeria) è stata molto più timida e lenta. Non a caso la prima vera novità in fatto di pizza romana è stata Emma di Francesco Roscino, soltanto quattro anni fa, con la consulenza su impasto e format dei fratelli Roscioli, fornai di grande tradizione; mentre una delle aperture più interessanti del 2017, Giulietta a Testaccio, ha addirittura sdoppiato l’offerta, dedicando alla pizza romana un forno e una squadra di pizzaioli ad hoc, separati da quelli napoletani.
A inizio 2018, invece, hanno aperto la loro pizzeria romana Mirko Rizzo e Jacopo Mercuro, non a caso due giovani protagonisti della new wave della pizza in teglia: il primo a Centocelle con Pommidoro, il secondo a Ostiense con Mani in Pasta, poi chiuso per dedicarsi completamente ai corsi per pizzaiolo. Una sfida, la loro, cominciata più di un anno fa, quando hanno iniziato a provare e riprovare farine e impasti con il sogno di realizzare una pizza romana perfetta. Una fase di gestazione condivisa anche sui social, dalle prime sperimentazioni alla conclusione dei lavori nel loro locale in via Tor de’ Schiavi.
Un ambiente semplice, quasi spartano, prevalenza di bianco e colori chiari, un paio di angolini dedicati ai prodotti utilizzati, alle pareti le lavagne con le proposte del giorno e poi, di fronte, la grande vetrata che affaccia su forno e cucina a vista. Mirko e Jacopo si dividono tra sala, cassa, e lavoro con la giovane squadra che hanno ingaggiato.
Servizio rapido e spigliato, cortese e attento, certo l’acustica è un po’ assordante, ma siamo in una pizzeria di quartiere, di domenica sera, e va bene così.
E la pizza? Senza tanti giri di parole è una delle migliori romane oggi in circolazione. A partire dalla margherita, sottile e scrocchiarella, senza però per questo somigliare ad un cracker al pomodoro. Cornicione appena accennato, croccantissimo, base con la giusta umidità.
La pizza del giorno speciale “numero 3” che abbiamo trovato speciale lo è per davvero: bufala artigianale di Amaseno ricca e sontuosa (come per gli altri formaggi e salumi il rifornimento si fa da ProLoco DOL di Vincenzo Mancino), con il lieve amarognolo della cicoria ripassata, il grasso buono della fantastica porchetta di Bernabei e – a completare – un olio della Tuscia notevole. Davvero una piccola grande goduria.
Più delicata, ma il suo bel caratterino, la fiori e alici.
Eseguita alla perfezione e profumata di pomodoro, parmigiano e basilico, la pizza fritta. Ma qui, per chi conosce Mirko e Jacopo, davvero nessuna sorpresa: i fritti sono tutti di buon livello, ottimi i classici supplì (ma anche quello con la pasta cacio e pepe non è niente male); forse meno convincenti le crocchette con speck e provola, dove il sapore delle patate si perde un po’ troppo.
Ovviamente, nell’olio bollente finiscono anche carciofi, filetti di baccalà, broccoli romaneschi e tutto quello che passano stagioni e mercato.
Insomma, un posto verace, messo su da due borgatari tosti e caparbi. Una pizza servita in un locale che riesce a mantenere la confortevole atmosfera di quartiere. Quanto poi a capire che pizza ‘borgatara’ non vuol dire naif, beh: questo tocca a voi.
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